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GUSTAVO FRI ZZO NI
essenzialmente a scrutare la costruzione dei muscoli, quali si presentano veduti singolarmente
sulla schiena, sulle braccia, sul dorso, mentre altre parti del corpo sono del tutto ommesse
o condotte affatto sommariamente, sì da non rivelare neppure alcun intento di riproduzione
dal vero. Vi si aggiunge tuttavia da sè uno studio ripetuto di una testa d’uomo, nella quale
l’espressione severa e grandiosa che emana dai tratti energici accenna all’artista dalla tempra
eccezionale.
Consiste il secondo in uno studio per un fantastico drago, dal larghissimo collo attor-
tigliato attorno a sè stesso, soggetto che come bene osserva il C. sarebbe stato per sè stesso
più consono al gusto e alle pratiche di Leonardo che a quelle del Buonarroti e che a questi
potrebbe forse essere stato ispirato da qualche analogo pensiero del suo compatriota.
Fig. 4 — Filippino Lippi : Storia di Giobbe
Già nella raccolta Flabich a Cassel
Di minor interesse sono i fogli seguenti, di alcuni suoi seguaci, atteggiantisi a conti-
nuatori della sua maniera sprezzante e grandiosa.
Tanto più merita di attirare l’attenzione degli studiosi il problema che segue, là dove
vengono presentati tre schizzi intimamente collegati fra loro e per via più o meno diretta
derivati dalla mano di Raffaello. Si riferiscono a due animate scene di combattimenti, col
motivo principale della cattura di un prigioniero, in composizioni a figure nude. Il nostro
autore rende il debito merito al dott. Giorgio Gronau di avere saputo ribattere l’antico pre-
giudizio, per cui si credette, che questi combattimenti fossero da considerare quali lavori
preparatorii di Raffaello per la pittura a fresco eseguita verso il 1517 da’ suoi allievi nella
sala detta dell’Incendio in Vaticano e rappresentante la Battaglia coi Saraceni ad Ostia.
Sta il fatto invece, che i disegni di che si ragiona si rannodano ad una serie di parecchi
altri, condotti in simile maniera e da riportarsi a tempo della sua dimora a Firenze oppure
ai primissimi del suo trasferimento a Roma nel 1508. E qui ci piace ricordare le osservazioni
giustissime che fa il C. là dove dice, che durante il soggiorno di Raffaello a Firenze, uno
GUSTAVO FRI ZZO NI
essenzialmente a scrutare la costruzione dei muscoli, quali si presentano veduti singolarmente
sulla schiena, sulle braccia, sul dorso, mentre altre parti del corpo sono del tutto ommesse
o condotte affatto sommariamente, sì da non rivelare neppure alcun intento di riproduzione
dal vero. Vi si aggiunge tuttavia da sè uno studio ripetuto di una testa d’uomo, nella quale
l’espressione severa e grandiosa che emana dai tratti energici accenna all’artista dalla tempra
eccezionale.
Consiste il secondo in uno studio per un fantastico drago, dal larghissimo collo attor-
tigliato attorno a sè stesso, soggetto che come bene osserva il C. sarebbe stato per sè stesso
più consono al gusto e alle pratiche di Leonardo che a quelle del Buonarroti e che a questi
potrebbe forse essere stato ispirato da qualche analogo pensiero del suo compatriota.
Fig. 4 — Filippino Lippi : Storia di Giobbe
Già nella raccolta Flabich a Cassel
Di minor interesse sono i fogli seguenti, di alcuni suoi seguaci, atteggiantisi a conti-
nuatori della sua maniera sprezzante e grandiosa.
Tanto più merita di attirare l’attenzione degli studiosi il problema che segue, là dove
vengono presentati tre schizzi intimamente collegati fra loro e per via più o meno diretta
derivati dalla mano di Raffaello. Si riferiscono a due animate scene di combattimenti, col
motivo principale della cattura di un prigioniero, in composizioni a figure nude. Il nostro
autore rende il debito merito al dott. Giorgio Gronau di avere saputo ribattere l’antico pre-
giudizio, per cui si credette, che questi combattimenti fossero da considerare quali lavori
preparatorii di Raffaello per la pittura a fresco eseguita verso il 1517 da’ suoi allievi nella
sala detta dell’Incendio in Vaticano e rappresentante la Battaglia coi Saraceni ad Ostia.
Sta il fatto invece, che i disegni di che si ragiona si rannodano ad una serie di parecchi
altri, condotti in simile maniera e da riportarsi a tempo della sua dimora a Firenze oppure
ai primissimi del suo trasferimento a Roma nel 1508. E qui ci piace ricordare le osservazioni
giustissime che fa il C. là dove dice, che durante il soggiorno di Raffaello a Firenze, uno