MISCELLANEA
269
e della tavola, nonché delle offerte e pertinenze di
quello; coll’obbligo ai consoli di deputare un custode
che vi stesse di giorno e di notte per accendere e
spengere le lampade e candele, e fare tutto ciò che-
fosse occorso.
E nel 1402, per una lite mossa alla detta Arte, fu
di nuovo ad essa concesso.
« Et fu il detto oratorio approvato et confermato
et data et conceduta licentia per messer lo vicario del
* * *
Rimpetto alla statua della Dovizia — scrisse il Ci-
nedi nelle Bellezze della città di Firenze — è fatto
d’architettura gotica un vago tabernacolo con colonne
di pietra alla gotica, sopra le quali posano alcuni bec-
catelli, che reggono un arco ; è fatto questo tabernacolo
dall’Arte de’medici e speziali, nel quale si celebra
ogni mattina la messa. In esso é dipinta l'immagine
di Maria Vergine, Regina del cielo, da Jacopo Lan-
11 palagio dal lato di Orsanmichele. Firenze
(Fotografia Alinari)
vescovo di Firenze di potervi fare l’altare et di po-
tervi fare celebrare i divini officij, et per esso messer
lo Vicario data fu licentia et conceduto a messer Ghi-
rigoro da Arezzo, priore di Sant’Andrea di Firenze,
nel qual popolo è sito il detto oratorio, di consentire
che i divini officij si potessono celebrare in esso ora-
torio, et esso messer lo priore, col’autorità di detto
messer lo Vicario, consenti e diè licentia che così si
potesse fare per la detta arte, con questo excepto che
nel dì di Sant’Andrea in esso oratorio non si potesse
nè si dovesse celebrare ».
dini di Casentino, pittore, per quei tempi, di onorata
nominanza, il quale, secondo vogliono alcuni, è della
medesima famiglia di Cristo fan o Landini, commenta-
tore di Dante. Sopra l’arco è dipinta l’Incoronazione
della Vergine Santissima, di mano del medesimo ».
Non senza significazione, dunque, è questo ripri-
stinamento del popolare tabernacolo dell’Arte dei me-
dici e speziali, alla quale fu pure ascritto il divino
poeta; e la Vergine gloriosa e gli angioli dipinti nella
fronte del tabernacolo, di cui rimangono appena le
traccie, e quelli scolpiti nei pennacchi del grande arco,
269
e della tavola, nonché delle offerte e pertinenze di
quello; coll’obbligo ai consoli di deputare un custode
che vi stesse di giorno e di notte per accendere e
spengere le lampade e candele, e fare tutto ciò che-
fosse occorso.
E nel 1402, per una lite mossa alla detta Arte, fu
di nuovo ad essa concesso.
« Et fu il detto oratorio approvato et confermato
et data et conceduta licentia per messer lo vicario del
* * *
Rimpetto alla statua della Dovizia — scrisse il Ci-
nedi nelle Bellezze della città di Firenze — è fatto
d’architettura gotica un vago tabernacolo con colonne
di pietra alla gotica, sopra le quali posano alcuni bec-
catelli, che reggono un arco ; è fatto questo tabernacolo
dall’Arte de’medici e speziali, nel quale si celebra
ogni mattina la messa. In esso é dipinta l'immagine
di Maria Vergine, Regina del cielo, da Jacopo Lan-
11 palagio dal lato di Orsanmichele. Firenze
(Fotografia Alinari)
vescovo di Firenze di potervi fare l’altare et di po-
tervi fare celebrare i divini officij, et per esso messer
lo Vicario data fu licentia et conceduto a messer Ghi-
rigoro da Arezzo, priore di Sant’Andrea di Firenze,
nel qual popolo è sito il detto oratorio, di consentire
che i divini officij si potessono celebrare in esso ora-
torio, et esso messer lo priore, col’autorità di detto
messer lo Vicario, consenti e diè licentia che così si
potesse fare per la detta arte, con questo excepto che
nel dì di Sant’Andrea in esso oratorio non si potesse
nè si dovesse celebrare ».
dini di Casentino, pittore, per quei tempi, di onorata
nominanza, il quale, secondo vogliono alcuni, è della
medesima famiglia di Cristo fan o Landini, commenta-
tore di Dante. Sopra l’arco è dipinta l’Incoronazione
della Vergine Santissima, di mano del medesimo ».
Non senza significazione, dunque, è questo ripri-
stinamento del popolare tabernacolo dell’Arte dei me-
dici e speziali, alla quale fu pure ascritto il divino
poeta; e la Vergine gloriosa e gli angioli dipinti nella
fronte del tabernacolo, di cui rimangono appena le
traccie, e quelli scolpiti nei pennacchi del grande arco,