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CORRIERI
di una stanza. Altri ritratti della medesima serie, e per
vero dire i migliori fra loro, si trovano nel Museo
Fig. 2 — Dal fregio del castello^di San Martino
Londra, Museo Vittoria ed Alberto
Vittoria ed Alberto al South Kensington, dei quali siamo
lieti di poter porgere due illustrazioni, come saggio di
quell’opera decorativa (vedi figg. 2 e 3). L’attribuzione
a Bramantino non è del tutto convincente; più ve-
rosimile è l’opinione di diversi critici e fra loro del
dott. Gronau, il quale assegna loro un’origine piut-
tosto veronese, opinione condivisa anche dal dott. Suida,
il più recente biografo del Bramantino.
Più ricca ed importante era la collezione Capei Cure,
raccolta verso la metà del secolo xix e principalmente
a Venezia da Mr. Edward Cheney, del quale divenne
erede la famiglia Capei Cure. Fra i 321 oggetti conte-
neva porcellane, bronzi, marmi, maioliche, mobili, vari
oggetti d’arte dei sec. xv, xvi e xvii, e 89 quadri, dei
quali 68 di scuola italiana. La dispersione di quella rac-
colta rinomata, attesa con interesse, si effettuò dal 4 al
6 maggio, ma il resultato non può dirsi soddisfacente.
Le attribuzioni del catalogo spesse volte non erano certo
giustificabili ; ma d’altra parte vi si trovavano alcuni
dipinti che non incontrano più un favore corrispon-
dente al loro valore reale. È d’uopo ammettere che le
pitture di scuola inglese ora tengono il campo, e che
le opere d’arte italiana, a meno che non siano di prima
qualità, sono poco ricercate. In quella vendita del
6 maggio il prezzo più alto raggiunto a stento da un
quadro italiano fu di 840 ghinee, incominciando con
5 ghinee, mentre un ritratto muliebre del Romney,
incominciando subito da 1000 ghinee, giunse presto
a 2800- e altre opere dello stesso pittore nella vendita
che succedeva all’asta Capei Cure, salirono rispettiva-
mente a 3400 e 4400 ghinee.
Fra le pitture di scuola italiana ci parvero di non
lieve interesse due tavole del Pordenone tanto per la loro
indubbia autenticità, quanto per la rarità delle opere
di questo autore fuori d’Italia, e se non sono da anno-
verarsi fra le sue migliori, portano però in ogni parte
l’impronta vigorosa e caratteristica, sebbene gros-
solana talvolta, di quel maestro. Dall’essere le tavole
in discorso state destinate alla decorazione di un soffitto,
si spiega il pennelleggiare largo e il fare trascurato di
certe particolarità. Esse vengono nominate da tutti gli
storici veneziani dei secoli xyii e xvm ; Boschini, nelle
Ricche Miniere, così ne parla :
«Scuola di San Francesco... ai Frari: il soffitto è
tutto dipinto dal Pordenone con molto amore e dili-
genza ed è in nove comparti; nel mezzo San Francesco
che riceve le stimmate, figura intera; intorno poi i
quattro Evangelisti, San Bonaventura, San Luigi, San
Bernardino e Sant’Antonio di Padova,1 mezze figure ;
torno a replicare, opere singolari». Nell’edizione del 1733
per cura dello Zanetti, si parla dei nove pezzi del soffitto
come «parte ottagoni e parte rotondi».
Ora i due santi della collezione Capei Cure ritratti
in mezza figura su tavola di forma ottagona (o piut-
tosto esagona) sono precisamente gli avanzi di quel-
li opera singolare». Il San Luigi di Tolosa nel tipo
del viso col modellato morbido dell’incarnato, nella
composizione, nel movimento e nel fare di ogni det-
taglio, si avvicina strettamente al medesimo santo posto
a sinistra di chi guarda nella gran tavola dell’altare
di Casa Renier a Santa Maria dell’Orto (ora all’Acca-
Londra, Museo Vittoria ed Alberto
demia di Venezia) 2 (vedi fig. 4), opera caratteristica
1 II Ridotti (I, 162) per isbaglio parla di quei santi francescani
come « Dottori della Chiesa », errore rettificato da Boschini ed altri
scrittori.
2 Non ci fu possibile ottenere fotografie dei due santi del sof-
fitto di San Francesco dei Frari: diamo dunque in riproduzione il
dettaglio dal San Luigi nell’altare di Venezia, in grazia delle sue
strette relazioni col San Luigi della collezione Capei Cure.
CORRIERI
di una stanza. Altri ritratti della medesima serie, e per
vero dire i migliori fra loro, si trovano nel Museo
Fig. 2 — Dal fregio del castello^di San Martino
Londra, Museo Vittoria ed Alberto
Vittoria ed Alberto al South Kensington, dei quali siamo
lieti di poter porgere due illustrazioni, come saggio di
quell’opera decorativa (vedi figg. 2 e 3). L’attribuzione
a Bramantino non è del tutto convincente; più ve-
rosimile è l’opinione di diversi critici e fra loro del
dott. Gronau, il quale assegna loro un’origine piut-
tosto veronese, opinione condivisa anche dal dott. Suida,
il più recente biografo del Bramantino.
Più ricca ed importante era la collezione Capei Cure,
raccolta verso la metà del secolo xix e principalmente
a Venezia da Mr. Edward Cheney, del quale divenne
erede la famiglia Capei Cure. Fra i 321 oggetti conte-
neva porcellane, bronzi, marmi, maioliche, mobili, vari
oggetti d’arte dei sec. xv, xvi e xvii, e 89 quadri, dei
quali 68 di scuola italiana. La dispersione di quella rac-
colta rinomata, attesa con interesse, si effettuò dal 4 al
6 maggio, ma il resultato non può dirsi soddisfacente.
Le attribuzioni del catalogo spesse volte non erano certo
giustificabili ; ma d’altra parte vi si trovavano alcuni
dipinti che non incontrano più un favore corrispon-
dente al loro valore reale. È d’uopo ammettere che le
pitture di scuola inglese ora tengono il campo, e che
le opere d’arte italiana, a meno che non siano di prima
qualità, sono poco ricercate. In quella vendita del
6 maggio il prezzo più alto raggiunto a stento da un
quadro italiano fu di 840 ghinee, incominciando con
5 ghinee, mentre un ritratto muliebre del Romney,
incominciando subito da 1000 ghinee, giunse presto
a 2800- e altre opere dello stesso pittore nella vendita
che succedeva all’asta Capei Cure, salirono rispettiva-
mente a 3400 e 4400 ghinee.
Fra le pitture di scuola italiana ci parvero di non
lieve interesse due tavole del Pordenone tanto per la loro
indubbia autenticità, quanto per la rarità delle opere
di questo autore fuori d’Italia, e se non sono da anno-
verarsi fra le sue migliori, portano però in ogni parte
l’impronta vigorosa e caratteristica, sebbene gros-
solana talvolta, di quel maestro. Dall’essere le tavole
in discorso state destinate alla decorazione di un soffitto,
si spiega il pennelleggiare largo e il fare trascurato di
certe particolarità. Esse vengono nominate da tutti gli
storici veneziani dei secoli xyii e xvm ; Boschini, nelle
Ricche Miniere, così ne parla :
«Scuola di San Francesco... ai Frari: il soffitto è
tutto dipinto dal Pordenone con molto amore e dili-
genza ed è in nove comparti; nel mezzo San Francesco
che riceve le stimmate, figura intera; intorno poi i
quattro Evangelisti, San Bonaventura, San Luigi, San
Bernardino e Sant’Antonio di Padova,1 mezze figure ;
torno a replicare, opere singolari». Nell’edizione del 1733
per cura dello Zanetti, si parla dei nove pezzi del soffitto
come «parte ottagoni e parte rotondi».
Ora i due santi della collezione Capei Cure ritratti
in mezza figura su tavola di forma ottagona (o piut-
tosto esagona) sono precisamente gli avanzi di quel-
li opera singolare». Il San Luigi di Tolosa nel tipo
del viso col modellato morbido dell’incarnato, nella
composizione, nel movimento e nel fare di ogni det-
taglio, si avvicina strettamente al medesimo santo posto
a sinistra di chi guarda nella gran tavola dell’altare
di Casa Renier a Santa Maria dell’Orto (ora all’Acca-
Londra, Museo Vittoria ed Alberto
demia di Venezia) 2 (vedi fig. 4), opera caratteristica
1 II Ridotti (I, 162) per isbaglio parla di quei santi francescani
come « Dottori della Chiesa », errore rettificato da Boschini ed altri
scrittori.
2 Non ci fu possibile ottenere fotografie dei due santi del sof-
fitto di San Francesco dei Frari: diamo dunque in riproduzione il
dettaglio dal San Luigi nell’altare di Venezia, in grazia delle sue
strette relazioni col San Luigi della collezione Capei Cure.