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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 8.1905

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Fasc. 4
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Corrieri
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https://doi.org/10.11588/diglit.24150#0348

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CORRIERI

297

che le stava seduto nel grembo. Dicesi che esso si
trovi presso un privato possessore di Chieti, il quale

10 dovrà restituire all’opera d’arte da cui fu barbara-
mente strappato. Riparare a tanta iattura è dovere di
buon abruzzese e di uomo civile.

La pittura non è quasi rappresentata alla mostra,
e la miniatura lo è solo con tre codici, appartenenti
all’Abruzzo, ma non di maestri di questa regione. Due
sono della Scuola dell’Attavante, principe de’ minia-
tori fiorentini: un messale, che fu eseguito per Guido
Arcimboldi, arcivescovo di Milano ; e un altro mi-
nore libro liturgico, proveniente da San Giovanni da
Capestrano, opera di un seguace dell’Attavante, ligio
nel disegno a Filippino Lippi. il terzo codice è più
antico, probabilmente di miniatore napoletano del 1360
circa.

L’Abruzzo poteva esporre molto di più, ma sono
tali e tante le difficoltà che si frappongono a un’espo-
sizione sistematica dell’antico, da dovere rallegrarci
di quanto fu raccolto con isforzi certo grandi e con
intenti nobilissimi da Cesare de Laurentiis e da’ suoi
cooperatori Tesorone, Piccirilli, Cappelletti, Cascella.

Ai degni figli dell’Abruzzo il plauso de L’Arte !

Adolfo Venturi.
Notizie di Sicilia.

La Chiesa di Santa Maria dell’Itria o della
Pinta. — In Palermo la principale strada è quella di
Cassaro,1 diritta per intiero, che unisce due parti opposte
della città e termina con la porta Nova (vedi fig. 1).
Chiamata Cassaro dalla voce araba Alcassar o Cas-
siron, secondo il Muratori ; ma Alcassar è equivalente
di castello o luogo fortificato, qual’è infatti il R. Pa-
lazzo, e, per essere detta strada sotto di esso, venne
chiamata Alcassar, e di poi corrottamente appellata
Cassaro. Nei diplomi dei re Normanni e negli stru-
menti degli antichi pubblici notai si chiamava via Mar-
morea, perchè lastricata tutta quanta di marmi. Venne
poscia chiamata via Toledo dal viceré di questo nome
che nel 1564 ne ordinò l’allargamento ed il prolun-
gamento da Sant’Antonio ove terminava sino alla
chiesa di Porto Salvo (vedi pianta) ; e dal medesimo
fu ultimato l’ultimo tratto della via del Cassaro che
conduceva diritto a porta Nova, e, per causa del
quale, fu in parte demolita la Chiesa detta della Pinta
che forma oggetto del presente studio.

E proprio sotto le mura del R. Palazzo, scrive il
Di Giovanni, 2 3 * sulla sinistra riva del fiume Hemonia,
fin dal 1132 era la chiesa di Sant’Andrea che portava

11 nome de viridario, sita precisamente di fronte al
giardino ove sorse di poi la chiesa di Santa Maria

1 Oggi Corso Vittorio Emanuele.

2 Topografia antica dì Palermo dal secolo X a IXV, volume I,
pag. 27.

dell' Uria, 1 confondendosi con l’altro della grotta e
chiesetta di Sant’Ermete o di Mercurio tuttora esi-
stente; e nelle cui adiacenze fu edificata nel 1620 la
nuova chiesa dell’Itria, dopo che fu distrutta l’antica,
e dopo che, tempo prima, era stata anche distrutta
la già citata chiesa di Sant’Andrea per dar luogo ai
baluardi del R. Palazzo 2.

L’antica chiesa di Santa Maria dell’Itria era sita
dunque nel piano del R. Palazzo, demolita in parte

Fig. 1 — Ubicazione di Santa Maria della Pinta.

Palermo.

nel 1648-1649 per dar luogo all’ultimo tratto della via
del Cassaro che conduceva diritto a porta Nova. 11
Fazello notò infatti che ai suoi tempi, quella « aedes
vetustissima > (chiesa di Sant’Andrea), unita alla chiesa
di Santa Maria dell’Itria, si vedeva rovinata (mine
ruinis afifecta) ; cosicché la chiesetta di Sant’Andrea
col suo viridarium scompariva fra il 1520, tempo in
cui scriveva il Fazello, e il 1620, allorquando cioè per
potersi aprire la porta di Castro, si dovette altresì
abbattere parte dell’antica chiesa dell’Itria. 5

Su questa vetustissima e venerabile chiesa ecco

1 Chiamata poscia della Pinta. Il Pirri scrive : “ Erat aedes
Sant’Andrea sacra ad Regium Palatium in quodam viridarium juxta
Santa Maria de Itria r.

2 II Pirri: “ solo adeguata est, ad amplificandum dictum Pala-
tium r.

3 II Senato Palermitano per atto 4 giugno 1620 “ si obbligò a

rifabricar la chiesa nel giardino di essa e darle tanto terreno del

giardino di San Mercurio quanto se ne pigliava per la strada r.

L’Arte. Vili, 38.
 
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