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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 8.1905

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Fasc. 4
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https://doi.org/10.11588/diglit.24150#0355

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304

BIBLIOGRAFIA

panile) come un’altra della chiesa fabbrica in comune
avendo costruito ; ossia : avendo Varchitetto della mede-
sima chiesa costrutto in conitene lo stesso (campanile)
come un’altra fabbrica della chiesa. Se avessero voluto
dire che l’architetto era non già l’architetto in carica
dell’Opera, ma sibbene l’architetto autore della rifab-
brica i canonici, che dimostrano in quei processi di
sapere il latino a sufficienza, avrebbero certamente
scritto: sicut eiusdem ecclesiae fabricam construxerit o
un’altra frase del genere. Il brano riportato dal Biscaro,
secondo me, in sostanza non vuol dire altro che: l’ar-
chitetto costruì a spese comuni il campanile, come
aveva già costrutto « altra fabbrica della chiesa» non
già tutta la chiesa. 1 Quale parte del tempio ? Per ora

10 ignoriamo completamente, come non comprendiamo
dall’avaro testo, se 1’ « altra fabbrica » era dentro, ade-
rente, fuori della chiesa o proprietà della stessa, usata
forse promiscuamente da preti e frati e perciò costrutta
a spese comuni. Non è da dimenticare che i processi
furono studiati dal Sorniani e dal Giulini diligentissimo,

11 quale si occupò pel primo della caduta della vòlta,
del .rifacimento di questa e di parte del tiburio di
Sant’Ambrogio con particolare amore, quindi non gli
sarebbe sfuggita l’importanza di quella frase, ove il
significato letterale di essa fosse veramente quello at-
tribuitole dal chiarissimo autore.

2. È possibile che l’architetto del campanile fosse
ancora VAdam magister che aveva nel 1098 iniziata e
durante un trentennio condotta innanzi la costruzione
della basilica».2 Finora nessun documento giustifica
la recisa affermazione che suscita dal nulla la data 1098
quale inizio della basilica, e crea di punto in bianco un
nuovo architetto medioevale, il quale avrebbe condotto
per un trentennio la costruzione del Sant’Ambrogio.
Adam magister troviamo inciso e capovolto in un fram-
mento di colonnetta nella porta maggiore della chiesa,
ma nessuno potrà mai provare che l’iscrizione, incisa
su quella pietra erratica, voglia dire che maestro Adamo,
probabilmente scalpellino, sia stato l’architetto del
Sant’Ambrogio, quantunque il mio venerato maestro
G. Mongeri tenesse quella opinione.3 Per comune con-
senso la porta maggiore rimaneggiata sarebbe, nell’in-
sieme decorativo, anteriore alla rifabbrica del tempio.
Fino a prova contraria credo prudente di ritenere
Adam magister autore soltanto di quella porzione di
colonna che porta il suo nome.

1 Del resto il Biscaro era quasi giunto alla traduzione letterale:
come l’altra fabbrica, mettendo però un articolo determinativo dove
ce ne voleva uno indeterminato, ma dopo una linea, la frase inno-
cente diventa un’affermazione della rifabbrica, mentre di questa non
è parola nel documento. Architectus poi in una scrittura del sec. xii
ci sembra più che sospetto, probabilmente nel documento originale
doveva leggersi Magister o F&ber. (« Feber qui facit tecta ». Joan
de Janua in Vita B. Torelli Papiensis, n. n).

2 Pag. 23.

3 G. Mongeri, L’Arte in Milano, 1872, pag. 27.

3. In una piccola lapide con la data 1098, e infissa
tuttora all’esterno dell’atrio di Sant’Ambrogio, si con-
cede l’immunità della curadia, o tassa di mercato, pro-
clamando nel medesimo tempo la tregua di Dio pat-
teggiata in favore degli accorrenti alla festa dei Santi
Gervasio e Protasio. Avevano cooperato ad ottenere
il beneficio Adam et Pagano ricordati nella lapide. Il
Biscaro crede di riconoscere 1 neW’Adam dell’epigrafe
VAdam magister della porta maggiore, e quest’ultimo

10 vorrebbe poi identificare in un Adamo fu Alberto
qui dicitur Melanense de loco Comabbìo 2 il quale a sua
volta sarebbe tutt’uno con Adam magister, de Sancto
Sepulcro che nel 1094 acquistava un pezzo di terra nello
stesso territorio di Comabbio. Ora se a chi non si preoc-
cupa troppo del carattere frammentario della porta del
Sant’Ambrogio può sembrare verisimile che VAdam
magister di quella, e l’Adam magister de Sancto Se-
pulcro siano una medesima persona, e, meglio ancora,
se ammetterà volentieri che l’Adam fu Alberto e l’Adam
de Sancto Sepulcro possono essere un solo individuo,
credo che non gli potrà sembrare altrettanto proba-
bile che un Magister de Comabbio, forestiero in Milano
e forse scalpellino, potesse, in un atto così solenne,
intervenire alla pari insieme all’arcivescovo e a Pa-
gano, giudice illustre, messo, avvocato della metro-
politana, ecc. Non ci sembra dunque di essere impru-
denti negando qualsiasi legame fra l’Adamo della lapide
e la ricostruzione della basilica; negando pure che pos-
sano esistere rapporti diretti fra la data della lapide (1098)
e quella possibile o probabile della rifabbrica rappre-
sentando esse dei termini assolutamente indipendenti;
fra VAdam magister e l’Adam della lapide.

Il Biscaro nella pag. 12, ricca di bella e nuova eru-
dizione, non ricordò l’Adamo nominato dal Corio, da
Tristano Calco, dal Giulini, 3 e il di cui figlio Arnolfo
sottoscrisse nel 1119 il diploma in favore dei monaci
di Pontida. Essendo il diploma firmato « dai più nobili
cittadini di Milano»4 ne dedurrei essere il padre di
Arnolfo, l’Adamo residente in Milano ricercato inu-
tilmente 5 dal Biscaro e che doveva essere persona in-
fluente senza dubbio se anche il figlio, pochi anni dopo,
contava fra gli uomini più eletti della, città. Qualora
si osservi che i firmatari del diploma quando non sono
nativi di Milano lo dichiarano indicando il luogo di
origine, mentre Arnolfo non lo fa, sorgerà spontaneo

11 pensiero che molto probabilmente Arnolfo e Adamo
erano milanesi e che Adamo <' per dignità di ufficio o
per il grado e la potenza del casato doveva essere
costituito in una posizione così eminente» da legitti-
mare l’introduzione del suo nome nella lapide. Non
si dimentichi infine che nella piccola epigrafe non si

1 Pag. 9.

2 Pag. 12.

3 Giulini, Memorie, ecc., di Milano, 1857, voi. Ili, pag. 84.

4 lei., loc. cit.

5 Biscaro, loc. cit., pag. 11.
 
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