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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 8.1905

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Fasc. 5
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https://doi.org/10.11588/diglit.24150#0446

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BIBLIOGRAFIA

393

In compenso il lettore troverà una descrizione dei
dipinti notevoli, riuniti negli appartamenti riservati di
parecchi palazzi, liberi dai legami fidec' mmissari, che
non si possono vedere quindi se non con ispeciali per-
messi e raccomandazioni.1

Ragionando della galleria Barberini ci sorprende
che abbiano potuto affermare per opera del Palma la
cosi detta Schiava, nella quale in verità non si sa-
prebbe riconoscere se non una fattura ben posteriore,
badando al modo come è dipinta.

Nè sapremmo consentire nel ravvisare la mano
propria di Raffaello nella Fornarina, in onta alla se-
gnatura in lettere d’oro sul braccialetto, che, in modo
affatto insolito e con gusto assai discutibile, cinge la
parte superiore del braccio sinistro. Fra le varie ci-
tazioni di autori in proposito è abbastanza amena la
seguente :

« Que ceux qui prétendent que Raphael n’a pas
possedè l’art du coloris viennent examiner ce tableau
et qu’ils disent si le Titien et le Guide ont jamais
fait rien de plus mcelleux, de plus fini, ont jamais traité
les étoffes de soie d’une manière plus brillante.

«...Quoique régulièrement belle, je n’aurais pas
la folie de me tuer au Service de cette dame maro-
quine, ainsi que fit le malavisé Raphael » (Président
de Brosses, Lettres famìlières, II, 63).

Uno dei quadri più celebri della galleria è quello
della Morte di Germanico, di Nicolò Poussin. Non
c’ è da stupirsi che i Francesi più di altri sappiano
apprezzarlo e che i nostri autori si compiacciano farsi
eco delle espressioni ammirative ad esso dedicate da
Charles Blanc nella sua Histoire des peintres:

«C’est un tableau dont on se souvient toute la vie
pour l’avoir vu une seule fois, tant il y a d’unité dans
la composition et accent dans la pantomime. L’in-
térèt, l’attention, la lumière, tout est concentré sur
Germanicus, dont la tète est belle, jeune, delicate et
noble. La douce figure trahit moins le regret de la
vie que la douleur de mourir empoisonné sans avoir
jamais tenté ni mérité la haitie. La piume de Tacite
avait dessiné le tableau. Au chevet du mourant, le
Poussin, à l’exemple du peintre grec, qui avait repré-
senté Agamemnon, la tète voilée, au sacrifice d’Iphi-
génie, peignit Agrippine se cachant la tète dans ses
mains ; et s’il renouvéla ce trait, dont il n’existait
plus que la traditimi, ce ne fut pas tant pour renoncer
a l’expression d’une douleur inexprimable que pour
ne pas troubler l’unité de la scène aux dépens du
personnage essentiel, car l’unité est le secret des
chef-d’ceuvres ».

In presenza delle due preziose tavole a piccole
figure, sotto l’intestazione, l’una G\ Nascita della Ma-
donna, l’altra di Presentazione al tempio, tavole che

1 Per questa parte gli autori fanno capo assai spesso alla nota,
splendida pubblicazione del Venturi, dei Tesori d’arte inediti di
Roma, pubblicati da Domenico Anderson nel 1896.

si trovano negli appartamenti privati e che il Venturi
credette di poter designare quali opere di Fra Carne-
vale, allievo di Pier della Francesca, non possiamo se
non esprimere anco una volta la nostra incredulità ad
ammetterli per tali, non trovando concludenti i suoi
argomenti a sostegno della sua opinione per un verso,
e per l’altro non potendo riscontrare nei dipinti alcun
che da richiamare lo stile del maestro da Borgo San
Sepolcro. Per quanto dunque i nostri autori accettino
senza discussione nè peritanza l’attribuzione del Ven-
turi, noi crediamo che, in attesa ci si riveli qualche
opera autentica di Fra Carnevale, si débba sospendere
ogni giudizio determinato in proposito e ritenere quindi
insoluto tuttora il quesito intorno al vero autore dei
due enimmatici quadri.

Venendo alla galleria Colonna, se una nostra esor-
tazione potesse trovare grazia presso il nobile proprie-
tario, vorremmo richiamare la sua attenzione sopra
un quadro, Una santa conversazione — come si so-
gliono chiamare simili soggetti (n. 116) — collocato
nella IV sala sopra una porta, e, per questa circo-
stanza forse, meno in vista che il maggior numero degli
altri. N’è autore il focoso coloritore dell’età d’oro
della pittura veneta, Paris Bordone. È citato nel
Cicerone dal Burckhardt, come della migliore maniera
dell’artista. I nostri illustratori adducono pure il giu-
dizio del Morelli: « Una delle opere più fine del mae-
stro, tutto che guasta da ristami». E quest’ultima
circostanza pur troppo è sensibile a segno da richie-
dere uno sforzo speciale per riescire ad avvertire la
magìa del dipinto di sotto il generale nerume che lo
ricopre. O non sarebbe da tentarsi quindi una rigene-
razione di un simile capolavoro, ove ci fosse l’uomo
cui bastasse l’animo di assumersi l’impegno, certa-
mente non facile, di liberare il dipinto dal pessimo
ristauro che lo deturpa? 1

Più in là abbiamo voluto vedere quale giudizio
venga enunciato, se non altro, da parte d’altri scrit-
tori intorno al saporito ritratto di profilo, del giovi-
netto Guidobaldo d’Urbino, esposto nell’ultima sala.
Abbiamo trovato che le citazioni che gli si riferiscono
mantengono il nome di Giov. Santi per quello del-
l’autore. Ora, per quanto anche questo dipinto sia
parzialmente compromesso da incaute puliture e da in-
fausti ritocchi, a noi pare scorgervi tutt’ora quanto
basta per farci pensare ad un autore più imponente
del timido padre di Raffaello. Nella maniera sem-
plice e severa con cui è rappresentato quel pro-
filo vi è una certa grandezza epica, staremmo per
dire, da richiamare alla mente quello che si prova alla

1 Con buona pace del signor ruscus, il quale, nell’Empori-uni
del mese di luglio (pag. 75), dopo giudicata codesta opera tra le
più significative del maestro, la dà per irreparabilmente rovinata,
lo scrivente persiste a ritenere che vive tra noi tale artista il quale
saprebbe tuttora fare qualche cosa per richiamare in vita l’insigne
dipinto.

ILArte. Vili, 50.
 
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