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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 8.1905

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Fasc. 6
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24150#0501

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446

MISCELLANEA

ed il rosso spento contribuiscono all’effetto suggestivo
di quella scena devotamente raccolta e misticamente
pensosa.

L’unico scrittore il quale sinora abbia tenuto parola
del nostro altare è Giambattista Verci, lo storico della
Marca Trivigiana, il quale pretenderebbe assegnare il
dipinto ai fratelli Francesco e Bartolomeo Nasocchi di
Bassano. 1 Laddove chiunque confronti anche super-
ficialmente la pala di Cartigliano con le due di Gallio
e di Primolano che sono contrassegnate con la firma
di quei mediocri pittori della prima metà del Cinque-
cento, riscontra tale una differenza fra i due generi
di pittura, da restar meravigliato come mai il Verci,
senza l’appoggio di valide ragioni, abbia potuto espri-
mere simile giudizio, che si manifesta affatto destituito
di fondamento.

Assai più ragionevole può sembrare l’attribuzione
del dipinto al pittore Francesco da Ponte il vecchio,
padre del celebre Jacopo. Ed infatti a chi ben osservi
quel quadro, non può sfuggire la composizione ed il
colorito del tutto simili alle pitture del primo da Ponte,
ed il sintomatico ripetersi di particolari che si riscon-
trano negli altri quadri di costui; quali la veste do-
rata e la speciale calzatura della Vergine, che è tipica
di tutte le tele di Francesco; il trono, che ricorre con
molte analogie nel suo capolavoro al Museo di Bas-
sano e più ancora nella pala di Olierò ; la posa dei
piedi di San Simone, da confrontarsi con quelle di
San Pietro al Museo di Bassano, e di San Giovanni
ad Asiago; e persino quei fiori e quei frutti sparsi a
pie’ del trono, che ritornano nell’altare di San Donato
a Bassano ed in quello di Foza. Dopo tutto però dal
confronto stesso risalta tale una superiorità del dipinto
di Cartigliano per la maggior correttezza del disegno,
per la più naturale morbidezza e plasticità delle carni
e delle forme, e soprattutto per l’effetto incompara-
bilmente superiore della nobile ed eletta venustà dei
volti, che da Francesco da Ponte siamo costretti a ri-
salire al suo diretto ispiratore, Bartolomeo Montagna:
nel mentre facile ci viene il supporre che le analogie
di concezione e di motivi fra il nostro quadro e quelli
del vecchio da Ponte, da questo appunto derivino che
l’altare di Cartigliano, per la vicinanza di tal paese a
Bassano, più comoda opportunità offerse a Francesco
di attingervi ispirazione di scena e imitazione di colo-
ritura, di forme e di dettagli.

E i riscontri infatti fra l’altare di Cartigliano e le
altre opere del Montagna sono senza numero. Per la
disposizione generale delle figure ci basta ricordare la
pala alla certosa di Pavia con la stessa Madonna in
trono, lo stesso Bambino nudo ritto, lo stesso San Gio-
vanni da una parte, lo stesso santo barbuto in atto di

1 G. B. Verci, Notizie intorno alla vita e alle opere de' pit-
tori, scultori e intagliatori della città di Bassano, Venezia, 1775, „
Pag. 30.

leggere dall’altra. Per la figura della Madonna cite-
remo le due al Museo di Vicenza, vestite del pari in
broccato d’oro e pure adorne di un monile di perle
cucite intorno al collo (come quella nella collezione
Lochis a Bergamo); nonché la Vergine all’Accademia
di Venezia che presenta invece eguale il drappeggia-
mento. Per il San Giovanni, oltre che con quello della
parrocchiale di Sarmego, che tanto perii colorito quanto
per la linea sta nella più stretta ed evidente relazione
col nostro, vale il raffronto con quello di Pavia e coi
due al Museo di Vicenza, identici pur essi talvolta
nella movenza come nelle vesti; laddove per il tipo è
da raffrontarsi anche il San Sigismondo nella pala di
Brera. Per il San Simone finalmente basta l’avvicina-
mento da un lato col Sant’Onofrio di Pavia, dall’altro
col San Gerolamo della collezione Poldi Pezzoli. E così
dettagli del trono ritornano nelle pale di Brera e di
Santa Corona in Vicenza; particolari del paesaggio nel
capolavoro a Monte Berico e nella tavola di palazzo
Caregiani a Venezia. Mentre la speciale intonazione
delle tinte e le caratteristiche particolarità della tecnica
valgono a conferma delle analogie riscontrate nel di-
segno.

Chè se irrefutabili testimonianze stanno a provare
come il Montagna già nel 1487 lavorasse per il comune
di Bassano,1 troppo naturale torna l’ammettere che
anche in epoca più tarda della vita sua fossero a lui
affidate commissioni da un paese il quale, come Car-
tigliano, distava soltanto poche miglia da quella Vi-
cenza che del geniale pittore fu la sede ordinaria.

Giuseppe Gerola.

Stele copte nel Museo Egizio Vaticano. — Alla
numerosa raccolta di stele copte del Museo del Cairo
pubblicata dal Crum 2, sono da aggiungersene altre
moltissime dei musei d’ Europa, che pur non avendo
di per se stesse grande importanza, servono bene a
completare la serie di tali monumenti così caratteri-
stici per la loro ornamentazione, e intorno ai quali
sarebbe bene fare un tentativo di classificazione cro-
nologica.

Senza affrontare qui questo lungo e diffìcile com-
pito, crediamo opportuno di pubblicare cinque stele
che si conservano nel Museo Egizio Vaticano e che
non sono senza valore per i motivi ornamentali che
offrono. Due tra esse furono già illustrate dal profes-
sor Marucchi, al quale dobbiamo il gentile permesso
di riprodurre le stele; le altre tre sono inedite.

La più antica (fig. 1) di forma rettangolare offre

1 A. Magrini, Elogio di B. Montagna, 1863, pag. 44. (Cfr. pure
Bollettino del Museo civico di Bassano. anno II, pag. 4, ove è pa-
rola di altre opere attribuite a Bartolomeo Montagna, già esistenti
a Bassano). — Di possedimenti del Montagna a Cittadella, non
lungi da Cartigliano, parla il Magrini stesso (pag. 35).

2 W. E. Crum, Coptic Monuments. Catalogne gènèi’al des
antìquitès ègyptiennes du Musèe du Caire. Le Caire, 1902.
 
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