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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 8.1905

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Fasc. 6
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Corrieri
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https://doi.org/10.11588/diglit.24150#0525

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468

CORRIERI

a spese di molti milioni tutti in una volta; svanireb-
bero le artificiose coalizioni; non verrebbero presen-
tate domande se non per oggetti che veramente si
vogliono o si possono vendere. Gli ordini del giorno
Valenti sono stati spediti al Ministero, e appariranno
negli atti di prossima pubblicazione, per i quali il
Valenti sta ora raccogliendo qualche nuovo dato di
fatto per essere, se occorresse, sempre più convincente.

Con lo stesso intento ha parlato Fiorilli facendo
voti per un accordo internazionale affinchè sieno rico-
nosciuti i diritti della scienza e quelli patriottici.

Come si vede l’attenzione del congresso è stata
molto rivolta alla conservazione dell’opere d’arte an-
tica; e questa preoccupazione, lo speriamo veramente,
potrà portare efficaci risultati.

Per la conoscenza dell’arte antica è stata accettata
ad unanimità la proposta Venturi circa un trattamento
reciproco tra le nazioni per il buon esito delle espo-
sizioni d’arte retrospettiva. La relazione, in assenza
del Venturi, è stata letta da D. Angeli. E non è man-
cata la questione circa l’insegnamento della storia
dell’arte nelle scuole secondarie, promossa da S. Ricci
e P. Barbèra: ora che in alcuni licei quell’insegna-
mento è un fatto compiuto, spetta alla buona volontà
dei professori e degli studenti perchè esso venga molto
e bene diffuso.

Molto più numerose, ed era naturale per l’indole
del congresso, sono state le questioni relative all’arte
moderna; e in esse oserei notare due tendenze degli
artisti che vogliono fare i modernissimi e con le loro
nozioni tecniche credono di risolvere tutti i problemi
artistici presenti e futuri, e degli altri, e sono ancora
i meno, e forse sono i moderni, che fanno buon viso
agli ammaestramenti dell’arte antica e dell’esperienza
critica per giungere alle riforme con maggior logica
e minor empirismo, senza cioè camminare a tentoni.
Così si è avuto Marco Calderini che avrebbe di buon
grado inghiottito tutti i critici della terra per rimanere
solo in compagnia degli artisti e divorarsi poi a vi-
cenda più liberamente. E si è avuta invece la pro-
posta Angeli per il riconoscimento della nessuna dif-
ferenza di grado tra arte pura e arte applicata. La
bellezza è una sola, e il grande artista non deve di-
sprezzare i minori lavori di cornici, di arredamenti, ecc.

senza i quali la sua opera maggiore non vivrà nel-
l’armonia completa in cui le cose antiche vivevano.
Nonostante le obbiezioni del Fournier, dopo una
riconferma dell’Apolloni, le idee dell’Angeli sono state
approvate. E sono stati approvati gli ordini del giorno
Ricci perchè nelle piazze che hanno un carattere ar-
chitettonico speciale che forma la loro bellezza non
si pongano monumenti moderni, nè si cambi il nome
alle strade senza tener conto del valore storico del
nome antico ; e in special modo veda Bergamo di
togliere dalla sua piazza il monumento di Garibaldi.

Per una riforma decorativa delle case borghesi ha
parlato con grande acume e illuminate idee il pro-
fessore Olbrich di Darmstadt. Una delle peggiori vol-
garità della vita moderna è rappresentata da quel-
l’ammasso di cianfrusaglie pretenziose ingombranti i
salotti delle case moderne, poste senza una ragione
al mondo, e semplicemente per una scimmiottesca
imitazione delle case signorili, ove almeno anche i
ninnoli rappresentano un’opera di pregio, e qualche
vo'ta anche d’arte. Verità, semplicità, sobrietà vuole
invece l’Olbrich: sieno pochi i mobili e sieno di quercia,
ma i necessari; e abbiano accuratezza di fattura e di
conservazione. Vi sia la libertà di motivi, ma non
una vuota bizzaria. Come si vede così si rinasce a
quegli stessi concetti che rendevano amabili le antiche
camere modeste, di cui la tradizione s’è perduta per
l’azione del tumultuoso settecento.

Per finire, accenneremo alla proposta che a noi del
gran secolo xx può sembrare di un semplicista, ma
che dovrebbe essere invece esaminata e studiata sul
serio. È di Ponziano Poverini, insegnante nell’Acca-
demia Carrara di Bergamo, che dichiara di non essere
— ed è la sua fortuna! — nè oratore nè letterato.
Vorrebbe che « l’insegnamento nelle scuole di pittura
si svolgesse ad immagine di quanto si costumava
nelle botteghe degli antichi pittori». È possibile? In
mezzo a tanti e complicati problemi che sembrano
urgenti, è possibile che abbia ragione lui? Non è qui
il luogo per discutere; né ha discusso il congresso
per assenza del Poverini proponente. Ma insomma
continui in queste idee, e se riusciranno buoni effetti...
saremo noi molto contenti di applaudire.

I’. E
 
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