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Bullettino di archeologia cristiana — 5.1867

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Nr. 2 (Marzo e Aprile 1867)
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Scavi nel cemetero di Balbina
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https://doi.org/10.11588/diglit.17354#0034

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— 31 —

» tante tegole insigni pel santissimo nome di Cristo
» impressovi con tal maestria, che non fu lavoro dei
» bassi secoli certamente ; il che provano anche le
» lettere di buona forma incavate sempre, non ri-
» levate. Il Mamachi [De antiq. episc. Civ. Castell.
» p. 112) le giudicò lavoro del quarto secolo. Per
» me non precede per certo i tempi del gran Costan-
» tino etc. » Essendo adunque le figuline della for-
nace Claudiana, secondo ogni probabilità, lavori del
secolo quarto , bellissima è la concordia tra questa
data e la storia del cemelero di Balbina e quella
degli altri cemeteri. Le figuline claudiane più nel sot-
terraneo sepolcreto costituito in parrocchiale dal papa
Marco, che negli altri furono adoperale, e perciò quivi
più facilmente le ritroviamo ; perchè i grandi lavori
di questo furono contemporanei appunto all' attività
delle predette fornaci; mentre nei rimanenti cemeteri
il lavoro di giorno in giorno si rallentava, diminuiva

e volgeva al suo termine. Infatti i mattoni claudiani,
che il Marini dice sì ovvii nei musei, sogliono tor-
nare in luce da edifici e da luoghi, che nulla hanno
di comune colle catacombe romane. Si ha memoria
del loro trovamento fuori di Roma in Narni , come
ho già detto, in Bomarzo (1), forse anche in Bologna (2);
presso Roma nella villa Sciarra-Colonna (3) ; dentro
Roma suir Aventino a s. Balbina (4). E si noti che
appunto il titolo urbano di s. Balbina ci dà alcun
campione di quei mattoni medesimi, che tanto rari
e degni di esame mi sono sembrati nel cemelero su-
burbano di queir istesso nome. E basti il detto fin
qui intorno a sì minuto argomento.

Una grande lastra marmorea, che sembra essere
stata la mensa d'uno degli arcosolii della scala, tro-
vata tra il piano secondo ed il terzo , cioè verso la
sua maggiore profondità, ha la nota consolare del-
l'anno 376 ovvero 378 :

LEO SE V1BVS FEGIT SIBI Kl\conjugi suae.......

MA RCELL1NAE QVAE VlUù annos.......

i

DEC . XVII . KAL . DEC . VALENTE .. \et Valentiniano . . . conss.
__i

Valente fu console per la quinta volta nel 376, per
la sesta nel 378 avendo a collega Valentiniano nei
primi due consolali. Se questa data è quella non solo
del sepolcro , ma altresì della inferiore parte della
scala, essa c'insegnerà che ai giorni del papa Damaso
quel descenso fu profondato fino al livello del terzo
piano. Comunque ciò sia, poiché non è probabile che
una grande distanza di tempo separi gli arcosolii dalla
escavazione della scala, ecco un nuovo indizio da ag-
giungere agli altri per attribuire cotesto lavoro alla
metà in circa del secolo quarto.

Il terzo piano però , al quale doveva imboccare
quella profonda gradinata, quivi non fu scavato. Ca-
gione del mutato pensiero e dell'impresa abbandonata
fu l'acqua, che ristagna a quel livello, come nel me-
desimo terzo piano nella settentrionale jregione sopra
da me accennata è stato parimente osservato e spie-
gato nell'analisi geologica del mio fratello (Roma sott.
T. I, Analisi cit. pag. 64). Nel piano secondo a de-
stra la scala dà accesso soltanto ad un breve cuni-
colo, che mette in una stanza non mai adoperata; e
nelle cui pareti si veggono i primi colpi del piccone
per intagliare nel tufa gli arcosolii. Quivi adunque
il lavoro fu repentinamente sospeso, nè tornò giam-
mai il fossore a compirlo. Tra la terra accumulata
nella parte superiore della scala giaceva una lucer-
nina di terra cotta coll'impronta della croce mono-
grammatica. Circa quel livello medesimo ho notato
un frammento col nome di Arcadio Augusto console;
uno colla voce M1RAE, principio della formola pro-
pria dei tempi costantiniani e del mezzo secolo quarto:

mirae sanctitatis, bonitatis etc. (o); e tra altri fran-
tumi del medesimo tempo, che però non vorrei de-
cidere se spettino ai loculi della scala od al sepol-
creto posto all' aperto cielo, il seguente mezzo epi-
taffio spettante senza dubbio ad uno di quei loculi.

i-

TIVE ANASTASIA
>M v DVP UH* ID-IVY

Il supplemento della prima linea sembra difficile; ma
una formola , della quale nello scorso anno ho ra-
gionalo, lo renderà agevole. Il doppio cognome, che
ha tanta importanza nella interpretazione dei monu-
menti e della storia di questi tempi, soleva essere in-
dicato colla formola qui et, quae et; a cagion d'esem-
pio Symmachus qui et Nonnus (6). In luogo di qui et,
quae et talora si scriveva sive (7). Qui adunque si

(1) Vittori, Memorie ardieologico-sloriche sulla città di Poljmarzio
oggi Bolliamo, p. 27.

(2) Muratori, Thes. inscr. p. 501, 6. Cf. Zaccaria, De rebus ad
hist. eccl. pertinent. T. 1 p. 82.

(3) Novelle lett. di Firenze a. 1763 p. 743.

(4) V. Bull, dell' is-L di corrisp. ardi. 1859 p. 16.

(5) V. Inscr. christ. T. I p. GXII.
(6, V. Bull. 18G6 pag. 69.

[1] V. Ordii n. 2771-73; Borghesi, Oeuvres compléles T. Ili p. 502.
 
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