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Pompei: rivista ill. di archeologia popolare e industriale e d'arte — 1.1881/​82

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Lops, G.: Esposizione di Milano, [1]: impressioni e appunti
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I nostri disegni
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https://doi.org/10.11588/diglit.5959#0051

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— i5 -

Da quanto ho detto si rileva di leggieri che s" ingannerebbe di S
gran lunga chi volesse cercarvi un concetto complessivo dell'arte i
italiana, e affermare che cosa essa si rappresenti, quali nuovi passi ì
abbia dato, ed a qual punto sia giunta; ma d'altra parte non si <
può disconoscere che in Milano si vedono confermate certe len- j
denze speciali e locali, che già si erano manifestate altrove, e che *;
1' arte in Italia è tuttavia in un periodo di trasformazione , di ri-
cerca e di travaglio, dal quale non pare accenni ancora ad uscire, j
e ch'essa è ancora ben lontana da quella grandezza e nobiltà cui c
ora gì' italiani avrebbero diritto di vederla elevata.

L'arte infatti sorta nel più fulgido giorno della storia italiana, <

combattette rivoluzionaria essa pure la sua guerra d'indipendenza <

contro 1' oppressione e la schiavitù del convenzionalismo di un'e- <
poca compassata ed anemica, e si gettò fidente nella ricerca del

vero e di una nuova via che lo rendesse; ma oggi dopo tanto essa ;

non è ancora che la più splendida delle promesse e nuli'altro , e >

non manifesta che i raggi forieri di una luce fulgidissima che ben ì
presto speriamo di veder risplendere per incarnare e illustrare la

nuova vita italiana. Ed è perciò che pur meravigliando di certe ì

bellissime qualità pittoriche che scorgiamo in valentissimi giovani, j

noi non troviamo nessuno di cui 1' animo nostro si accontenti in- <

teramente; e che vediamo gli artisti sbandati, senza norma, senza <

bandiera , attraversare sovente, come luce meteorica l'atmosfera \

delle esposizioni, nessuno poter tenere il campo per due mostre s
consecutive con uguale stima ed entusiasmo: e invece li vediamo
indecisi seguire ora questo ora quello cui la fortuna e i critici
hanno più arriso, o ripiegandosi in loro stessi, quando le loro opere

hanno incontrato il gusto del pubblico o di qualche mecenate, !

esagerarsi nelle loro qualità più lodate , e quasi come quelli che f
digiuni per molto tempo finiscono per rodere il proprio stomaco,
sciuparsi ed esaurirsi.

E tutte queste cose — ed è con grandissimo dolore che le dico— !

ci mettono sovente il dubbio e il timore nell' animo, che quando 5

l'Italia dimandi a questi giovani e valenti artisti una parola effi- i

cace e determinata per le sue grandi opere, essi non siano allo j

stato di dirgliela, e debba invece rivolgersi ed accontentarsi di !

una tanto meno valida, ma forse più completa e corretta di vecchi <

artisti, che pur non possono comprendere del tutto e rendere ef- <

ficacemente il nostro pensiero, e dargli la forma che gli è ap- ;
propriata.

* * |

J

Ho accennato più su ad un' arte che si vuole chiamare com- i
merciale, e che va sempre più invadendo le nostre esposizioni,

quantunque i critici tutti uniscano le loro voci nel biasimarla e ;

nel volerla bandita, ed ora vorrei discorrerne lungamente, per- ;

che mi sembra che ci dovremmo intendere sul significato di
queste parole. Dicendo infatti arte commerciale non mi pare che
si debba intendere, come sovente si fa, in regola generale, quel-
l'arte che rappresenta i bambini o che si tiene in dimensioni
piccole, perchè certo nessuno darebbe il piccolo Narciso del Mu-
seo di Napoli neanche per intere collezioni di grandi statue; quel-
F arte piccina che per altro non può neanche dirsi tale perchè ac-
cessibile ed alla portata di molti, poiché trovo sovente che per
lavori di tal genere si richiedono e si pagano altissimi prezzi. Tolta
dunque l'arte piccina, che può essere di grandissimo metro, e
messa da parte l'idea del modico prezzo, non resta che ricordarsi
di una quantità di lavori che d' arte non hanno che la materia,
di cui l'arte si serve ; ma appunto perchè esse meritano il nome
di commerciali, non mi pare siano arte , ma meglio appartengano
all' industria decorativa.

Quest' arte infatti abbonda e doveva abbondare più che mai
in un' esposizione che facea parte di un' altra industriale, e doveva
prima che altrove in Italia svilupparsi in Milano, nella città nostra
più civile, ove anzi i bisogni di un vivere finamente civile sono
più che mai sentiti, e l'arte pare non debba rispondere solo ad un
concetto ed un bisogno estetico e puramente artistico, ma ad un
benessere ed un confort ad un tempo. Ed è in Milano, nella città
più industriosa intelligentemente, e più italianamente industriosa,
che l'industria dovea invadere il campo dell' arte; ed è in Milano
appunto che dovea infine sorgere quella scuola, che dovrebbe pur
tanto moderarsi, e che sciupa blocchi di marmo bellissimi da fare
invidia a più d' una delle antiche statue , per rendere concettiti i
puerili e meschini.

I monumenti e i palazzi milanesi infatti sono i più decorati e
ricchi che sorgano al giorno d'oggi, e lì si è al punto di non
contentarsi più del semplice benessere, ma di sentire il bisogno
di qual cosa altro di un ordine superiore; e se oggi non vi sono
più gli antichi ed artistici ma pur tanto incomodi palazzi magna-
tizi, vi sono nelle città molto progredite , villini ed eleganti case
borghesi, i cui proprietari se non dimandano una grande statua o
un quadro da porre in una galleria che non hanno, sentono il biso-
gno di un busto, o di una statuina che adorni e metta il sorriso
dell'arte nella scala, nel vestibolo, nel giardino o nella veranda della
loro casa o villino. Guardata quindi sotto questo punto di vista,
a me pare che quest'arte anziché biasimata vada lodata, e solo
bisogna che trovi il vero posto ove debba essere esposta, e il vero
nome col quale indicarla: e l'essersi essa sviluppata cosi forte-
mente in Milano ove la decorazione è cosi richiesta, più che dire
un male dell'arte in quella città, mi sembra c'indichi l'alto grado
di civiltà cui essa è giunta, e forse accenna anche al risorgere di
un gusto artistico ed estetico generale e popolare.

(continua)

Gr. Lops

I NOSTRI DISEGNI

Incominciamo, come abbiamo promesso, la pubblica-
zione dei quadri esposti a Milano, con quello di Fran-
cesco Mancini, il Mercato di Popoli.

Di questo lavoro che ha già ottenuto colà un successo

pari al suo merito, riparleremo a suo tempo nella Ri-
vista dell' Esposizione.

NAPOLI_STABILIMENTO TIPOGRAFICO COMMEND. G. NOBILE

DI DOMENICO DE FALCO E FIGLIO.
 
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