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Pompei: rivista ill. di archeologia popolare e industriale e d'arte — 1.1881/​82

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Minervini, Giulio: Di un programma gladiatorio in Pompei
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Salazaro, Demetrio: Sull' architettura classica e quella del medi Evo, [2]
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https://doi.org/10.11588/diglit.5959#0056

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— 4 —

tra loro o cogli stessi gladiatori: spettacolo crudele che
eccitava tanto vivamente gli antichi sino alla frenesia,
che svanì ne' più civili tempi moderni, sebbene riman-
gano alcune tracce di simili crudeltà nella caccia dei
tori e nella pugna de' galli, che fanno il divertimento
di molti presso alcune delle più colte nazioni. Talvolta
facevansi regali al popolo che accorreva agli spettacoli
anfiteatrali, che si chiamavano sparsiones perchè si spar-
gevano gettandosi in mezzo alla gente. Ma i due nostri
Lucrezii non giunsero a tanta munificenza.

E notabile l'epiteto di legitima dato alla caccia; che
per noi non vuol dire altro che vera caccia, bella caccia,
degna veramente di quel nome. Cosi troviamo appellato
munus gladiatorium legitimum, un vero spettacolo gla-
diatorio ( Svet. Claud. 2 1 ), e legitimi gladiatores in Pe-
tronio Arbitro (117) per indicare veri gladiatori, bene
esercitati e valenti.

Dirò da ultimo che nel nostro annunzio si avverte
che lo scrisse un certo Celere. Neppure è nuovo leggere
il nome di chi segnava qualcuno di questi programmi:
anche talvolta i programmi elettorali in Pompei ci of-
frono questa particolarità. Ricordiamo lo scrijpsit Issus,
ed un altro ove si dice scripsit forse Cesius de. alba-

tore Onesimo sul quale si vegga l'Avellino ( Opuscoli
voi. 2 pag. 225 ); ed in un programma gladiatorio
scripsit Secnndiis, de albante Victor e: ne'qualidue esempi
si notano pure i nomi di coloro che avevano imbian-
cata la parete per farvi scrivere quegli annunzii.

Celere è additato da una parola dimezzata sing. la
quale non può altro significare che un ufficio; e mi ri-
corda l'ufficio di scriptor singularius, che trovasi ram-
mentato nel codice giustinianeo (I, 27, 1); e ben si adatta
ad un uomo, che faceva la professione di scrittore, un
titolo proprio di quella classe. Si dicevano poi scriptores
singidarii coloro che sapevano scrivere a segni abbre-
viativi, che noi diremmo stenografi.

Il nostro Celere non fu contento di notare una sola
volta eh' egli era stato Io scrittore, e nel ripeterlo, av-
verte che scrisse ad Innam a lume di luna : singolarità che
la prima volta comparisce in questi cartelli pompeiani.

Diamo il facsimile di questo singolare programma
nel quale non si veggono gli apici che sono ora affatto
svaniti, ne si veggono le parole sa: — Aemilius, perché
quando fu fatta la riproduzione fotografica, più non
comparivano sulla parete.

G-iulio JJLirierviTbi

SULL'ARCHITETTURA CLASSICA

E QUELLA DEL MEDIO EVO

ARTICOLO SECONDO

Pertanto non é a lodare molto la sbrigliata im- <
maginazione degl'indiani; perciocché dirado è
stato acconsentito all' artista d' accordare nel-
1' opera sua queir armonia nelle forme da renderla no-
bile ed elevata all'occhio del critico.

Neil' architettura religiosa , gì' indiani preferivano le
grotte.

L'interno non era chiuso, come si vede generalmente
nei monumenti di questa natura, ma aperto al paro di \
quelle grotte tagliate nel masso dai persiani. E cotesti
ritrovi religiosi non erano privi di decorazioni, ed avea- \

no colonne e capitelli ben disposti ; similmente, come
nell'ordine corintio, i pilastri scannellati s'operavano con
fogliami nei capitelli.

Altri tempii aveano gl'indiani all'esterno a cui si volle
dare da recenti scrittori il nome di Pagode, contorcen-
dosi il vocabolo Bhagavoti che vuol dire casa santa.

In uno di questi tempi si osservano ampii portici de-
corati da numerose colonne, con altre località per le
acque lustrali attenenti al culto.

Come nel medio evo, fra i cristiani v' erano presso il
tempio indiano gli alberghi per alloggiare i pellegrini,

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