Leonardo da Vinci: Leda. Weimar. Collezione Granducale
poter interamente nè affermare, nè negare. Quel che
è certo si è che vi si ha da ravvisare una semplice
traccia condotta dal disegnatore, per sè solo, da una
fantasia più che da un pensiero, passatogli fugace-
mente per la testa.
Vieppiù ridotto ai minimi termini apparisce il se-
gno visibile sul rovescio, interpretato per un’allegoria
della Fama e dell’ Invidia, accompagnata dalla sen-
tenza: Prima fi a il corpo san za l’ombra che la virtù
Notevole quivi nel suo testo il passaggio, dove accen-
nando a un bastone di canna che mette in mano alla
figura rappresentante il piacere, soggiunge che simili
canne sono velenose e mettonsi in Toscana a sos/e-
gnjo dei letti, a significhare, che quivi si fanno i vani
sogni e quivi si chonsuina gran parte de la vita, quivi
si gitta dì molto utile tempo, cioè quel de la mal lina,
che la mente è soblia e riposata e chosì il corpo alto a
ripigliare nove fatiche ancora lì si pigliano molli vani
B TP LIO GRAFIA
boleggianti le virtù della Giustizia e della Prudenza,
circondate da parecchi accessori, messi insieme assai
animatamente. Se vi si debba ravvisare un’allusione
adulatrice a Lodovico il Moro, come verrebbe indi-
cata nella spiegazione fatta d’accordo con un’inter-
pretazione suggerita dallo studioso gentiluomo Don
Gerolamo Galvi, che già da anni dedica il meglio del
suo tempo allo studio del misterioso enciclopedico
Leonardo, è cosa che lo scrivente non si sente di
sanza invidia. Quindi di nuovo ci si presentano ripro-
dotti separatamente il diritto e il rovescio di un foglio
dedicato ad altre allegorie, trattate in doppio linguag-
gio, cioè in quello grafico delle figure e in quello della
scrittura, il quale commenta particolareggiatamente il
primo. Il pensiero dell’inventore è rivolto sopra una
facciata a tutti gl’indizi coi quali vuoisi qualificare
l’Invidia, sull’altra a raffigurare i mah pensieri e il
piacere e il dispiacere con le imagini più stravaganti.
L'Arte. VITI, 9.
poter interamente nè affermare, nè negare. Quel che
è certo si è che vi si ha da ravvisare una semplice
traccia condotta dal disegnatore, per sè solo, da una
fantasia più che da un pensiero, passatogli fugace-
mente per la testa.
Vieppiù ridotto ai minimi termini apparisce il se-
gno visibile sul rovescio, interpretato per un’allegoria
della Fama e dell’ Invidia, accompagnata dalla sen-
tenza: Prima fi a il corpo san za l’ombra che la virtù
Notevole quivi nel suo testo il passaggio, dove accen-
nando a un bastone di canna che mette in mano alla
figura rappresentante il piacere, soggiunge che simili
canne sono velenose e mettonsi in Toscana a sos/e-
gnjo dei letti, a significhare, che quivi si fanno i vani
sogni e quivi si chonsuina gran parte de la vita, quivi
si gitta dì molto utile tempo, cioè quel de la mal lina,
che la mente è soblia e riposata e chosì il corpo alto a
ripigliare nove fatiche ancora lì si pigliano molli vani
B TP LIO GRAFIA
boleggianti le virtù della Giustizia e della Prudenza,
circondate da parecchi accessori, messi insieme assai
animatamente. Se vi si debba ravvisare un’allusione
adulatrice a Lodovico il Moro, come verrebbe indi-
cata nella spiegazione fatta d’accordo con un’inter-
pretazione suggerita dallo studioso gentiluomo Don
Gerolamo Galvi, che già da anni dedica il meglio del
suo tempo allo studio del misterioso enciclopedico
Leonardo, è cosa che lo scrivente non si sente di
sanza invidia. Quindi di nuovo ci si presentano ripro-
dotti separatamente il diritto e il rovescio di un foglio
dedicato ad altre allegorie, trattate in doppio linguag-
gio, cioè in quello grafico delle figure e in quello della
scrittura, il quale commenta particolareggiatamente il
primo. Il pensiero dell’inventore è rivolto sopra una
facciata a tutti gl’indizi coi quali vuoisi qualificare
l’Invidia, sull’altra a raffigurare i mah pensieri e il
piacere e il dispiacere con le imagini più stravaganti.
L'Arte. VITI, 9.