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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 8.1905

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Fasc. 2
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24150#0172

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MISCELLANEA

127

Roma ne’ Santissimi Giovanni e Paolo, anche in una
riproduzione del Seicento a Budapest, collocata pro-
prio appresso la bella Madonna di Nino Pisano.

A. Venturi.

Un’opera giovanile di Piero della Francesca.

Il quadro di proprietà Villamarina qui presso pubbli-
cato, dopo un breve e impreciso cenno del Caval-
casene, era sfuggito alle ricerche degli studiosi poste-
riori, anche a quelle del più recente biografo di Piero
della Francesca. E risuscitato qui agli occhi degli stu-
diosi apparirà, credo, di tanta bellezza e importanza
da far rimpiangere non sia stato prima studiato per la
ricostruzione della giovinezza di Piero.

È una chiarità luminosa che colpisce chi guarda la
delicata Madonna, una chiarità che si mantiene nono-
stante ripetuti e rovinosi restauri nelle carni come ane-
miche. Il cielo più si perde in basso s’illumina ; risaltano
chiari gli sbuffi della tunica sporgenti dalle maniche;
i broccati sfavillano d’oro ; un raggio illumina lo spi-
golo dello scanno marmoreo che è il tono più scuro
del quadro.

La foggia della pettinatura e della veste è quella
comune all’Italia media verso la metà circa del Quat-
trocento. I capelli d’un biondo chiarissimo, leggermente
accennati sulla parte anteriore del capo si raccolgono
abbondanti dietro la nuca sotto un leggerissimo velo,
legati da una reticella di fettucce bianche. La veste di
broccato è in gran parte ricoperta d’un camice bianco-
verdastro ; e su una spalla è irregolarmente gettato un
manto, dalle pieghe grosse che cascano a caso, come
altra volta ha usato Piero in una delle donne al se-
guito della Regina Saba durante il ritrovamento della
Croce, negli affreschi famosi d'Arezzo.

Ma più che le pieghe grosse e pesanti e la lumi-
nosità generale della deliziosa Madonna, è la forma
del viso che non può lasciar dubbi sull’autore. Il capo
col cranio sviluppato e terminante a punta nel mento
sfuggente, la fronte bombata e larga, le sopracciglia
leggermente segnate, sporgente l’osso occipitale, grossi
gli occhi e perciò come gonfie le palpebre quasi chiuse,
il naso diritto con le larghe narici, la bocca breve con
il labbro superiore leggermente elevato, le mani grosse
con le dita aperte senza movimento come legnose,
l’alto bello slanciato collo ignudo sono tutte caratte-
ristiche che, paragonate con molte tra le donne di
Piero, trovano identità assoluta. Così la già accennata
ancella di Saba, così la Madonna della Misericordia
nella chiesa dell'Ospedale di Borgo Sàn Sepolcro e la
Madonna di Oxford, così perfino il ritratto della du-
chessa d’Urbino agli Uffizi, se si tolgono le diversità
indispensabili tra un viso di maniera e un ritratto.

Ma nella Madonna Villamarina è una caratteristica
che la differenzia dalle altre donne di Piero; ed è un
minor contrasto di scuri e di chiari, d’ombre e di luci,
da cui deriva un minore stacco del viso dal fondo. E

ciò è un difetto e una qualità assieme come è facile
immaginare, perchè mentre la vigoria della figura è
minore di altre, la delicatezza di lineamenti è maggiore,
come pure è piacevole la minore crudezza di stacco
tra l’ombra e la luce che fa la figura e le sue parti
meno ritagliate e meno materiali. E ciò che di de-
licato e primitivo è nella Madonna Villamarina vie più
ci fa rimontare nel tempo e avvicinare il nostro pit-
tore al maestro suo Domenico Veneziano.

Chi ha osservato la testa di Santa Lucia nella pala
di Domenico agli Uffizi ha sempre veduto le grandi
affinità tra il tipo di Domenico e quello di Piero, e
ne ha dedotto l’influsso grande incancellabile che il
maraviglioso quanto poco noto maestro ha impresso
sul famoso discepolo. Ma con nessuna figura di Piero la
Santa Lucia ha tante relazioni di forme e colori come
con la Madonna Villamarina. Basterebbe il bel collo
per pensare che Piero l’abbia imitato dal maestro quando
lavorava nella sua bottega a Firenze nel 1439. Più tardi
i colli di Piero diverranno più grossi e forti, ma un
po’ legnosi. E questo senza pensare alla dolcezza dei
passaggi di luce, di cui Domenico fu insuperato maestro,
e che, come già si è notato, è maggiore in quest’opera
che non nelle altre di Piero. E che essa non sia opera
di Domenico ci rassicura ciò che di studiato e crudo
vediamo ne’ colori e ne’ lineamenti, i quali non hanno
la spontaneità primitiva e semplice del Veneziano ; ci
rassicura soprattutto il Bambino che non s’è ancora
esaminato.

Egli sta ritto sul ginocchio materno, di fronte. Le
carni del suo corpo sono state purtroppo martoriate
dal restauro. La sua figura è di una simmetria forzata
che rende le membra senza movimento, legnose. Già
fin da giovane, come si vede, Piero cercava d’adattare
ogni sua figura ad una legge di simmetria ; e per im-
perizia questa volta la regola matematica ha ucciso
ogni forza vitale. Il viso è discreto; ma il cranio ad
arco sopraelevato e un arricciamento del naso lo ren-
dono poco piacevole. Del resto Piero non ha mai sa-
puto creare un bel volto di bimbo, se si eccettua quello
di Oxford che molto si rassomiglia a questo, ma ha
meno simmetria di lineamenti.

Ci si è fermati a lungo sui caratteri stilistici del-
l’opera, perchè per una determinazione di questa im-
portanza nessun documento ci può sussidiare.

La storia del quadretto Villamarina non risale prima
della metà del secolo xix, tempo in cui si trovava
nella collezione dei marchesi d’Azeglio, che l’esposero
nel 1865 nel British Institut di Londra, e poi lo ripor-
tarono a Saluzzo. Alla morte dell’ultimo dei d’Azeglio
passò nella proprietà dei marchesi di Villamarina, cui
appartiene tuttora, e precisamente al marchese Sal-
vatore Pes di Villamarina. 1 Nell’esposizione londinese

1 Ora il quadro si trova qui a Roma nel palazzo Margherita.
Ivi l’abbiamo potuto studiare e riprodurre, per la gentilezza della
marchesa di Villamarina, cui porgiamo le più vive grazie.
 
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