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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 8.1905

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Fasc. 3
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24150#0252

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MISCELLANEA

di sentimento plastico, modella fortemente la figura,
ama di più il chiaroscuro e dà maggiore rilievo alla
decorazione delle eleganti candeliere; il secondo è in-
certo nei contorni, gentile, per quanto scorretto, nel
disegno e fiacco nel modellato. Ma nè l’uno nè l’altro,
a nostro avviso, possono identificarsi con l’artista che
eseguì la mirabile statua di San Sebastiano nudo. Co-
stui, sia il Marini o altri, non ha forse l’efficacia rea-
listica dello scultore del sarcofago e della figura di
Agostino Mafifei, ma nella tecnica, nel disegno e nel
modellato si rivela subito molto superiore a quello del
bassorilievo della Vergine col Putto. E, per persuader-
sene, basterà esaminare il rozzo disegno delle mani della
Madonna e confrontare le estremità inferiori del Bambino
con quelle del San Sebastiano, il modellato della base
del collo di Maria con quello del santo martire; basterà
por mente al modo tutto diverso di trattare i capelli
e di drappeggiare le pieghe, alla differente concezione
delle proporzioni del corpo umano.

Le forme del San Sebastiano sono esili e un poco
rotondeggianti, le braccia sottili, il piede stretto, esa-
geratamente lungo. Il Burckhardt nella elegante statua
già vide, e non a torto, come un riflesso dell’arte del
Perugino. 1 QuestQcaratteri noi ritroviamo nei basso-
rilievi del fregio che adorna ora il camino della sala
del Consiglio superiore della pubblica istruzione, e os-
serviamo ancora che l’atteggiamento^del San Seba-
stiano è molto simile a quello del Cristo legato alla
colonna nella scena della Flagellazione. Questa figura,
come l’altra del santo innanzi al tribuno, ha inoltre
comune con la statua della cappella Mafifei quel sen-
timento delle proporzioni, in cui la personalità di ogni
artista meglio s’impronta e si rivela, 2 e, se a questi

1 Cicerone, Auflage II, pag. 472.

2 A questo proposito ci siamo domandati se quel rapporto fra
le varie membra, che un occhio esercitato nel San Sebastiano della
Minerva e nel fregio in questione rileva specialmente caratteristico
nella lunghezza soverchia delle braccia e dei piedi, non rispondesse
ad una costante matematica da potersi tradurre in una forinola pro-
porzionale. In poche parole abbiamo considerato se non fosse il caso
di inaugurare negli studi della storia dell’arte medioevale e mo-
derna, come elemento di confronto del tutto accessorio e con le do-
vute modificazioni suggerite dall’esperienza, quei sistemi di misu-
razione che già sono in onore nell’archeologia (Kalkmann, Die.
Pioportionen des Gesichls in der griechischen Kunst, Berlin, Rei-
mer, 1903). Mentre ci riserviamo di tornare sull’argomento, per di-
mostrare con numerose prove come il particolare modo che ogni
artista ha di considerare le proporzioni si possa, in molti casi, ri-
durre ad un rapporto costante, determinabile e traducibile in numeri,
non possiamo tacere che questo calcolo, applicato alla statua di
San Sebastiano_e al fregio del Ministero della pubblica istruzione,
ci ha dato risultati oltremodo soddisfacenti. Premesso che nella
statua della cappella Mafifei il braccio, dalla testa dell’omero al
gomito, misura mm. 290 e la lunghezza dell’avambraccio è di
mm. 245, il rapporto tra le dimensioni dei due arti sarà espresso

245

da la frazione — = 0,845.

290

L’analogo rapporto nel bassorilievo della Pietà, essendo la lun-
ghezza del braccio di Cristo di mm 38 e quella dell’avambtaccio



di mm. 30, viene indicato dalla frazione ^ = 0,800.

Allo stesso modo il rapporto tra la tibia (mm. 410) e il piede

205

riscontri noi aggiungeremo le indiscutibili affinità della
tecnica e dello stile e la considerazione della provenienza
comune, non avremo più ragione di dubitare che la
statua della Minerva e il fregio del Ministero della pub-
blica istruzione siano opera di uno stesso artista.

Invero non è eccessivo affermare che anche il fregio
con i tre bassorilievi debba provenire dalla vicina chiesa
di Santa Maria sopra Minerva. Nelle molteplici e suc-
cessive trasformazioni del bel santuario domenicano,
molte opere d’arte furono scomposte e disperse : un
monumento, che forse gli scolari di Verrocchio lavo-
rarono insieme con i due putti collocati a destra e a
sinistra dell’arco della cappella Carafa, fu smembrato
e alcuni pezzi se ne trovano in un locale dipendente
dalla sacrestia della stessa chiesa, altri hanno cercato
rifugio a Parigi, nella collezione di madame André;
allo stesso modo il bassorilievo del Marini deve essere
stato tolto dal suo luogo originario e deve essere an-
dato a finire in qualche stanza del convento, fino a
che se ne trasse partito per la decorazione di un camino.

Meno certo è che esso sia stato unito con la statua
di San Sebastiano, alla quale avrebbe potuto servire
da predella. Lo stemma scolpito alle sue estremità
esclude che esso abbia mai fatto parte della cappella
Mafifei, 1 sebbene non ci sia stato possibile rintracciare
a quale famiglia esso appartenga. 2 Dobbiamo pertanto
ritenere che, se una volta il San Sebastiano e il bas-
sorilievo costituirono una sola entità artistica—come
lascerebbero supporre l’identità delle forme e uno dei
soggetti scolpiti nel fregio — la statua non fu eseguita
per la cappella Maffei, eretta negli ultimi anni del se-
colo xv,3 ma vi entrò solo più tardi, quando l’elegante
predella, dimenticata dai frati, uscì dalla chiesa, e, spe-
riamo, non per sempre.

Arduino Colasanti.

Un quadro di Bartolomeo Vivarini. — A Sassari,
sparsa disordinatamente nei vari uffici del palazzo co-
munale, l’antico palazzo ducale degli Asinara, è con-
servata una collezione di quadri che ancora aspetta
la cura sapiente e provvida di un ordinatore. Solo al-
cune opere di questa raccolta sono veramente interes-
santi e fra queste è una piccola tavola (85 X 60) di

(mm. 200) della statua =-— = 2,050; e quello tra la tibia (mm. 46)
200

e il piede (mm. 23) del Redentore, nella scena della Flagella-
zione, = — = 2,000. Da cui risulta che tra i valori suddetti inter-
26

cede una differenza minima e assolutamente trascurabile.

1 Lo stemma dei Maffei si blasona nel modo seguente: Spaccato:
ìlei primo d'azzurro al cervo l'ampante, sorgente dalla troncatura;
nel secondo bandaio d’oro e d’azzurro, di otto pezzi.

2 Non è inutile notare che lo scudo interzato incappato è raris-
simo nell’araldica italiana.

3 Benedetto Mafifei morìnel >494, come è dichiarato nell’iscrizione
latina del suo sepolcro. Agostino Maffei uscì di vita nell’anno 1496)
riportato da Jacovacci, Cod. Vat. Ottobon, 2552, M. 75. Confron-
tisi Steinmann, art. cit., pag. 148-149.
 
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