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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 8.1905

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Fasc. 5
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Toesca, Pietro: Michelino da Besozzo e Giovannino de'Grassi
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MICHELI NO DA BESOZZO E GIOVANNINO DE' GB ASSI

337

mente diffusa nell’ultima fioritura dello stile gotico) e nella ricerca del carattere ricordano
in qualche modo l’arte di Gentile da Fabriano.

L’influenza nordica appare ben più distinta, anzi dovuta ad una determinata scuola, nella
opera di Michelino.

Negli ultimi decenni del Trecento la città di Colonia sul Reno aveva avuto non soltanto
il misterioso scultore delle cui opere Lorenzo Ghiberti teneva i getti nella propria bottega — e
le trovava di greca fattura 1 — ma una splendida scuola pittorica, iniziata dal forse leggen-
dario maestro Guglielmo. Le opere attribuite a questo pittore (quali il trittico rappresentante
la Madonna col Bambino fra due sante, nel Museo di Colonia) 1 2 ed agli altri antichi artisti
renani hanno una tale stretta parentela con la tavoletta di Michelino da Besozzo da dover
ammettere una loro diretta azione sull’arte del maestro lombardo : è non soltanto una simile
maniera di sfumare il colore, ma anche, nelle figure, un medesimo tipo etnografico, con la
fronte alta e lunata, le guancie tondeggianti, le movenze leziose e le lunghe mani dinocco-
late. Dalla parte della Germania più che dalla Francia ritroviamo adunque una penetrazione
dell’arte settentrionale in Italia, e ciò per mezzo della immigrazione di artisti,3 che a Milano
accorrevano numerosi ai lavori del Duomo, e certamente anche di opere.

Nè meno di Milano la città di Verona era in contatto col Nord: l’alta valle dell’Adige
era una via aperta a scambi continui fra l’arte d’Italia e quella di Germania. 4 Furono i
modelli comuni, la somiglianza degli ambienti, che diedero in diverso luogo, a Milano ed a
Verona, un uguale portato e cagionarono le affinità che abbiamo notate fra l’opera di Mi-
chelino da Besozzo e la tavola nel Museo Civico di Verona attribuita a Stefano da Zevio
ed anch’essa così vicina ad opere dell’antica scuola di Colonia, soprattutto alla Madonna del
Giardino conservata nel Museo di Francoforte.

La scuola pittorica fiorita a Milano ed a Verona sulla fine del Trecento e nel prin
cipio del Quattrocento non è isolata : essa non tiene che una piccola parte del vasto ter-
reno sul quale allora si estendeva uno stile che in tutte le sue varietà locali presentava
pur sempre un’intima omogeneità. Non sono ancora chiare le prime origini di questo
stile, che si può dire internazionale, nel quale il sentimento pittorico ed ornamentale pre-
valse esageratamente sul senso e sulla espressione plastica delle forme, ma di esso pos-
siamo indicare fra noi alcuni dei numerosi documenti, di vario tempo: per l’Italia supe-
riore, le opere della scuola veronese, gli affreschi della cappella Torriani nel Sant’ Eu-
storgio di Milano,5 gli affreschi di Casa Borromeo, i dipinti degli Zavattari nel Duomo di
Monza, le decorazioni del castello della Manta presso Saluzzo,6 le opere di Antonio da
Ferrara, gli affreschi della cappella Bolognini nel San Petronio di Bologna, quelli delle
cappelle della .Sagra di Carpi, 7 che in gran parte ancora domandano di essere studiati e
classificati; per l’Italia centrale, le opere di Gentile da Fabriano, gli affreschi dei fratelli
Jacopo e Lorenzo da Sanseverino, gli affreschi di una cappella nel San Francesco di Terni,

1 Pericins, Ghiberti et son école, pag. 125.

2 Cfr. Janitschek, Geschichte d. deutschen Malerei,
Berlin, 1890, 208 e seg.

5 Non voglio trascurare di richiamar l’attenzione
sopra un’opera, fin qui inosservata, di artista tedesco
che lavorò in Italia sul principio del Quattrocento, una
piccola Natività della Pinacoteca di Forlì, segnata ita-
lianamente: « Fhederigo tedesco me pense in 1420 a
dì 26 di dicembre », la quale presenta essa pure ca-
ratteri assai affini a quelli della scuola veronese.

4 Cfr. G. Frizzoni, Ricordi di un viaggio artistico

oltralpe ne L’Arte, 1901, pag. 222 e seg.; R. Stiassny,

Die Pacher-Schule (Rep. J. Kvv., 1903); e specialmente

L. Courajod, Legons, II, 270 e segg. Paris, 1901.

5 II de Tauzia ( Vittore Pisano ne L’Art, 1882, I,
221 e seg.) attribuisce questi affreschi, dei quali si
ritrovano due disegni nella collezione Vallardi del
Louvre, al Pisanello. Il pessimo stato degli affreschi
non lascia bene giudicare della giustezza dell’attribu-
zione, assai dubbia.

6 Cfr. P. D’Ancona, Gli affreschi del Castello di
Manta nel Saluzzese ne L’Arte, 1905, pag. 95 e seg.

7 Abbiamo potuto stabilire che la seconda cappella
a sinistra dell’abside, nella Sagra di Carpi, fu affre-
scata prima del 1431, poiché il più antico dei molti
graffiti che si ritrovano sulle pareti reca tale data.

8 Questi dipinti, che mi propongo di studiare più
tardi, recano la data del 1350, evidentemente alterata

L’Arte. Vili, 43.
 
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