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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 8.1905

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Fasc. 5
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Brunelli, Enrico: La tomba di Taddeo Pepoli nella chiesa di San Domenico a Bologna
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https://doi.org/10.11588/diglit.24150#0413

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ENRICO BRUNELLI

360

Leandro scrisse ; 1 ed è pertanto chiarissimo che il suo silenzio non può significar da parte
sua che dimenticanza. E la dimenticanza non deve far meraviglia alcuna, poiché anche su
altri significantissimi monumenti bolognesi l’Alberti serba il più assoluto silenzio. Anche per
esso si aggiunga. che quando la tomba fosse sorta verso il 1540, la avrebbe veduta erigere e
ne avrebbe avuto, scrivendo, fresco il ricordo : e se pertanto si vuole attribuire un valore al
silenzio di lui, bolognese e, ciò che più importa, frate del convento stesso di San Domenico,
non è questo silenzio indizio che al tempo dell’Alberti il monumento esisteva da secoli e
non da anni?

Altri argomenti vennero tratti dalla mancanza dello stemma di Taddeo e dalla modernità
delle lapidi che rammentano l’elezione (1337) e la morte (1347) di lui. 2 * A dir vero, nella
tomba le armi dei Pepoli fanno tutt’altro che difetto: parecchi piccoli stemmi, con la scac-
chiera pepolesca, si notano nei bassorilievi ; la scacchiera stessa è prodigata nel basamento ;
e sui lati corti del sarcofago figura lo stemma caratteristico della signoria dei Pepoli, quello
ove nello scudo avito è immessa la croce comunale. Questi stemmi laterali appaiono però
moderni, o almeno rifatti sugli antichi; e perle scacchiere marmoree del basamento potrà
convenirsi che esse (così come servono di elemento decorativo i fregi a scacchi bianchi e neri
ricorrenti nell’arco d’ uno fra i portali dell’antico palazzo Pepoli) non abbiano valore araldico
ma rappresentino un semplice motivo ornamentale. Per tal ragione sarebbe lecito pensare
che esse sfuggissero agli ordini severissimi che, cessato il dominio dei Pepoli (e cessò poco
dopo la morte di Taddeo), imposero la distruzione delle armi degli antichi signori e vieta-
rono persino ai cittadini di conservarne nelle proprie case. ! Questi stessi bandi, più volte
ripetuti, e la disposizione dello spirito pubblico bolognese, contraria affatto ai Pepoli, dopo
che gli eredi di Taddeo vendettero ignominiosamente la città ai Visconti, potrebbero spie-
gare (ammessa la modernità degli stemmi scolpiti lateralmente nell’urna) la mancanza, nelle
parti più appariscenti della tomba, di quello stemma crucigero, che era espressione del dominio,
e che ognuno si attenderebbe a trovare là dove riposa colui che contemporanei e posteri
definirono «magnifico e prudente signore*.4

Che le epìgrafi siano di moderna fattura, credo non vorrà negarlo alcuno ; ma la spari-
zione delle antiche può semplicemente attribuirsi al restauro del monumento : restauro che è
indiscutibile e radicale e grave, pur non togliendo affatto alla tomba il suo carattere di opera
del l'recento. Si ebbe, a mio avviso, in epoca non facilmente determinabile con precisione,
un rabberciamento mal fatto del monumento antico: e potè anche avvenire in epoca prossima
a quella che si pretese essere l’età di origine del mausoleo (1540), sebbene io inclini a cre-
dere che abbia avuto luogo alcuni anni prima. Ma l’ipotesi d’un restauro venne esclusa affatto
(salvo che per l’urna) da chi negò l’antichità della tomba; e ben si comprende la ragione
dell’esclusione. Invero, ammettendosi un restauro sensibile del monumento antico, in un

1 La Deca prima delle hi stori e di Bologna, in cui
è una descrizione interessante della chiesa di San Do-
menico, senza che effettivamente vi si faccia cenno
del monumento di Taddeo Pepoli, fu pubblicata nel
1543. Nella Descrittione di lulia VItalia è cenno di
quasi tutti gli illustri uomini che riposano in San Do-
menico; si tace di Taddeo, che pure è ricordato poco
prima nel testo come « magnifico e prudente signore».
Ora la Descrittione contiene notizie fino al 1549-1550.

2 MARTINOZZf, op. cit., pag. 6-7.

5 Rodolico , Saggio sul governo di Taddeo Pepoli in

Bologna, Bologna, Zanichelli, 1898, pag. 13-14. È da av-
vertire che questa proibizione rimonta almeno al tempo
di Bernardo Anguissola, podestà in Bologna sotto i
Visconti negli anni 1352-53.

4 Questa spiegazione potrà, credo, apparir suffi-
ciente, ma forse non necessaria. Poiché se è vero che
le scacchiere marmoree valgono nella tomba pura-
mente di elemento decorativo, è difficile negare valore
araldico agli scudetti che figurano tuttora nei basso-
rilievi, e proprio in quei bassorilievi che anche il Mar-
tinozzi ha ammesso come opera del secolo xiv. Data
la presenza di questi scudetti (e degli stemmi laterali
con la croce, che potrebbero esser semplicemente ri-
fatti sugli antichi), l’ossequio alla santità del luogo
basta a spiegar la conservazione delle armi pepolesche
esistenti; mentre poi è lecito pensare che nel ristauro
del monumento (del quale è detto più oltre nel testo)
siano spariti altri stemmi crucigeri che forse figura-
vano nelle parti più visibili della tomba.
 
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