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CLELIA LA FERLA
chetati che l'idon come fiori aperti in prati. El-
l'ha le bianche mani delicate, le dita lunghe ed
affilate ».
In una enumerazione delle bellezze della donna,
scritta nel Trecento » si vedono catalogate fra
le cose bianche i capelli (tanto devono essere
biondi), fra le nere gli occhi, fra le corte i piedi, fra
le lunghe la persona e le mani, fra le sottili le dita
e la bocca. E lo stesso, quasi con identiche pa-
role, ripetono molti altri scrittori. TI Petrarca,
quando parla della bellezza di Laura, sembracom?
abbagliato dal fulgore dei biondi capelli di lei:
raramente accenna alla bellezza degli occhi, che
non sia fascino spirituale, ma pure, quando ne
parla, dice che gli occhi di (.aura sono neri.
E nere vogliono le ciglia tulli glie feti del tempo;
il che dimostra chiaramente che l'artificio otte-
neva ci" che Natura non avea voluto concedere:
l'Anonimo può cantare questa lode perla sua donna
« che i capelli di lei paioli fila d'oro e che sono belli
per natura, non fatti già per forza oper lavoro»: e
Francesco da Barberino nana che (Unendo una
figlia della Regina di Francia andare sposa al re
d'Inghilterra e dicendo egli di non volere regina
se non avesse « biondi i caveili ». la madre ordinò
« un'acqua affare i capelli biondi, sian di che co-
lore vogliono»; ma il re strepitava ancora che non
« volea regina chanuta », perchè la povera fan-
te ciulla avea un neo nel capo che ten a una buona
parte di capelli chanuti », ed ecco la buona donna,
che non conosceva limiti nella pazienza, ordinare
« un'acqua affare i capelli chanuti in sul colore degli
altri, osse tutti tossono chanuti a farli biondi ».2
E Franco Sacchetti, nella Canzone contro la
portatura delle donne,* proclama che:
...per farlo biondo (il crine)
al sol si stanno quand'egli arde il mondo »
Nè la donna del Trecento si sottraeva, in alcun
modo, ad alcun giogo, anche gravoso, se esso va-
leva ad accrescere in modo mirabile il fascino che
emanava da lei: si tratta in verità di un precetto
stranissimo: del modo migliore di pavoneggiarsi
per una donna e i leggiadri ammiratori gareg-
giano nelle lodi della propria « pavoncella », per
non usare un epiteto più moderno: la donna di
Fazio degli liberti:
< Soave va a guisa di pavone
Diritta sopra sè rome una grue »4;
1 Renier, p. 120. Op ci:..
2 Reggimento e costume delle tinnii?, Kdi/.. Bandi di V cr.nic.
Bologna, 1875, p. 38.
3 Carducci, Raccolta di rime, p. 543.
4 Renifr, Fazio degli liberti, p 35
quella «li Antonio Pucci, per non istaurarsi troppo,
solamente:
« quando vegga l'altre per la via,
piglia l'andar soave
e come grue va sopra sè e pine
\a pellegrinamente ch'un falcone».1
Eroine ignote, si assiepavano dietro la graziosa
I' insegna > dell'ambizione e affrontavano, pei il
loro meschino ideale, le torture più atroci: a mez-
zogiorno, quando i raggi solari scendevano, sulle
loro case, a perfetto perpendicolo e ardevano
il mondo, come dice il Sacchetti, esse sgattaiola
vano Sul tetto della casa e sciorinavano al sole,
perchè venisse ultimata l'opera di decolorazione,
i capelli g'à lavati in un bagno di lisciva calda.
Si può immaginare in quale stato le poverette
tornassero alle loro stanze, dopo che, per ore ed
ore, erano state sotto i raggi cocenti, a capo chino!
Sudate, affrante, cadevano a volte in deliquio:
insolazioni, raffreddori, malanni gravi sopraggiun-
gevano spesso alle disgraziate prima che l'aureo
fulgore ai loro capelli, se si deve prestar fede alle
invettive feroci che, come sempre, al danno ag-
giungevano la beffa; i congiunti, i moralisti se la
dovevano ridere di cuore e non vi era certamente
traccia di compianto nel loro feroce cuore, se il
Sacchetti, con sottile ironia, senza nessun accenno
pietoso, ma quasi con intimo compiacimento, dà
in questa sincera escandescenza: ■ Tutto il dì su
per li tetti chi l'increspa, chi l'appiana e chi l'im-
bianca, tanto che spesso di catarro si muoiono ».2
Del resto la donna si ispira anche questa volta
all'arte, a quell'ideale tipo biondo, che si ritrova
sempre nella pittura del secolo e specialmente
nella pittura di scuola senese: io non ricordo in
fatti di aver visto, in alcun dipinto di questa scuola,
una madonna, una santa, una donna qualsiasi,
che non avesse morbidi capelli d'oro.
O dolce Oriente lontano! o lunghi occhi languidi
e sognanti, quale maliosa vis one vi effa cina?
Forse non sognate gran cosa e vi soffermate
su quei tesori che d'oltremare ha recato il fervido
traffico della vostra gente: stoffe preziose, broc-
cati, damaschi, gemme, perle, diamanti: infinita
ricchezza che vi si offre da sperperare come merce
di valore comune!
Bei principi e graziose principesse lontane,
vengono sino a voi e si inchinano, si sot ridono, si
avanzano pesanti e fulgidi sui lembi delle vostre
vesti: ne mancano Tristano e la bionda Isotta, i
1 Antonio l'ucci, Belletta che vuole, avere una donna-
Carducci, Op. cit. p. 445-50.
- F, Sacchetti, Novella CI.XXVI II.
3 Raj.na, Romani», xm-186.
CLELIA LA FERLA
chetati che l'idon come fiori aperti in prati. El-
l'ha le bianche mani delicate, le dita lunghe ed
affilate ».
In una enumerazione delle bellezze della donna,
scritta nel Trecento » si vedono catalogate fra
le cose bianche i capelli (tanto devono essere
biondi), fra le nere gli occhi, fra le corte i piedi, fra
le lunghe la persona e le mani, fra le sottili le dita
e la bocca. E lo stesso, quasi con identiche pa-
role, ripetono molti altri scrittori. TI Petrarca,
quando parla della bellezza di Laura, sembracom?
abbagliato dal fulgore dei biondi capelli di lei:
raramente accenna alla bellezza degli occhi, che
non sia fascino spirituale, ma pure, quando ne
parla, dice che gli occhi di (.aura sono neri.
E nere vogliono le ciglia tulli glie feti del tempo;
il che dimostra chiaramente che l'artificio otte-
neva ci" che Natura non avea voluto concedere:
l'Anonimo può cantare questa lode perla sua donna
« che i capelli di lei paioli fila d'oro e che sono belli
per natura, non fatti già per forza oper lavoro»: e
Francesco da Barberino nana che (Unendo una
figlia della Regina di Francia andare sposa al re
d'Inghilterra e dicendo egli di non volere regina
se non avesse « biondi i caveili ». la madre ordinò
« un'acqua affare i capelli biondi, sian di che co-
lore vogliono»; ma il re strepitava ancora che non
« volea regina chanuta », perchè la povera fan-
te ciulla avea un neo nel capo che ten a una buona
parte di capelli chanuti », ed ecco la buona donna,
che non conosceva limiti nella pazienza, ordinare
« un'acqua affare i capelli chanuti in sul colore degli
altri, osse tutti tossono chanuti a farli biondi ».2
E Franco Sacchetti, nella Canzone contro la
portatura delle donne,* proclama che:
...per farlo biondo (il crine)
al sol si stanno quand'egli arde il mondo »
Nè la donna del Trecento si sottraeva, in alcun
modo, ad alcun giogo, anche gravoso, se esso va-
leva ad accrescere in modo mirabile il fascino che
emanava da lei: si tratta in verità di un precetto
stranissimo: del modo migliore di pavoneggiarsi
per una donna e i leggiadri ammiratori gareg-
giano nelle lodi della propria « pavoncella », per
non usare un epiteto più moderno: la donna di
Fazio degli liberti:
< Soave va a guisa di pavone
Diritta sopra sè rome una grue »4;
1 Renier, p. 120. Op ci:..
2 Reggimento e costume delle tinnii?, Kdi/.. Bandi di V cr.nic.
Bologna, 1875, p. 38.
3 Carducci, Raccolta di rime, p. 543.
4 Renifr, Fazio degli liberti, p 35
quella «li Antonio Pucci, per non istaurarsi troppo,
solamente:
« quando vegga l'altre per la via,
piglia l'andar soave
e come grue va sopra sè e pine
\a pellegrinamente ch'un falcone».1
Eroine ignote, si assiepavano dietro la graziosa
I' insegna > dell'ambizione e affrontavano, pei il
loro meschino ideale, le torture più atroci: a mez-
zogiorno, quando i raggi solari scendevano, sulle
loro case, a perfetto perpendicolo e ardevano
il mondo, come dice il Sacchetti, esse sgattaiola
vano Sul tetto della casa e sciorinavano al sole,
perchè venisse ultimata l'opera di decolorazione,
i capelli g'à lavati in un bagno di lisciva calda.
Si può immaginare in quale stato le poverette
tornassero alle loro stanze, dopo che, per ore ed
ore, erano state sotto i raggi cocenti, a capo chino!
Sudate, affrante, cadevano a volte in deliquio:
insolazioni, raffreddori, malanni gravi sopraggiun-
gevano spesso alle disgraziate prima che l'aureo
fulgore ai loro capelli, se si deve prestar fede alle
invettive feroci che, come sempre, al danno ag-
giungevano la beffa; i congiunti, i moralisti se la
dovevano ridere di cuore e non vi era certamente
traccia di compianto nel loro feroce cuore, se il
Sacchetti, con sottile ironia, senza nessun accenno
pietoso, ma quasi con intimo compiacimento, dà
in questa sincera escandescenza: ■ Tutto il dì su
per li tetti chi l'increspa, chi l'appiana e chi l'im-
bianca, tanto che spesso di catarro si muoiono ».2
Del resto la donna si ispira anche questa volta
all'arte, a quell'ideale tipo biondo, che si ritrova
sempre nella pittura del secolo e specialmente
nella pittura di scuola senese: io non ricordo in
fatti di aver visto, in alcun dipinto di questa scuola,
una madonna, una santa, una donna qualsiasi,
che non avesse morbidi capelli d'oro.
O dolce Oriente lontano! o lunghi occhi languidi
e sognanti, quale maliosa vis one vi effa cina?
Forse non sognate gran cosa e vi soffermate
su quei tesori che d'oltremare ha recato il fervido
traffico della vostra gente: stoffe preziose, broc-
cati, damaschi, gemme, perle, diamanti: infinita
ricchezza che vi si offre da sperperare come merce
di valore comune!
Bei principi e graziose principesse lontane,
vengono sino a voi e si inchinano, si sot ridono, si
avanzano pesanti e fulgidi sui lembi delle vostre
vesti: ne mancano Tristano e la bionda Isotta, i
1 Antonio l'ucci, Belletta che vuole, avere una donna-
Carducci, Op. cit. p. 445-50.
- F, Sacchetti, Novella CI.XXVI II.
3 Raj.na, Romani», xm-186.