So
LUCIA LOPRESTI
folgoranti pennellate rapprese, degne di un vero
disperato della pittura.
E tuttavia quali prelibate dolcezze veneziane
gioiellano ancora la Strage degli innocenti (fig. 13)
a Palazzo Spada! Il colorista non si è del tutto
obliato se ha reso con tanta grazia la madreper-
lacea iride del gradino marmoreo; se lo ha mac-
chiato di così dolce sangue insieme alla spada
veloce del manigoldo. (11 Mola suggeriva lo scor-
cio piatto tra spalla, capo e braccio, già sperimcn-
ritorti. Ora la scena mitologica passando sotto
il pennello, perde ogni carattere di stile .Testa,
incitando vieppiù al movimento i suoi pigri stagni
cromatici, par quasi giungere alla caricatura degli
esempi coitoneschi. I guerrieri digrignano i denti,
i panni e le chiome degli elmi; il sacerdote si ar-
rovella come un gattono lungamente seviziato;
Diana infine, impastricciatasi alla lesta di bel-
letto, per correre a salvare Ifigenia, cerca col suo
atteggiamento ortopedico di far lampeggiare le
Fig. 16 — P, Testa: Allegoria. Lincei.
tato nell'Angelo liberatore di S. Pietro alla Bor-
ghese?). Perfino le solite violenze di luce artefatta
trovano una formula felice posando sui ghiacci di
questo cuspidato panno azzurro o scompigliando
l'ineffabile ronzio del paesaggio temporalesco,
a metà quadro.
Ma il lacerante dissidio tra colore e movimento
si accentua nel Sacrificio di Ifigenia (fig. 14) ri-
petuto in istampa alla Corsini. Nell'incisione
(fig. 15) i corpi e le fronde prendono un sottile
andamento flammeo: i panneggi si frammentano
in mille triturate pieghe cartacee. Le nubi cre-
pitano fra i contorni tesi, sopra le galee greche
dalle elastiche prore arricciolate, mentre il fusi-
forme gruppo dei due eroi lontani si aggomitola
elegantissimo tra gli apprestati drappi, mille volte
pieghe delle sua vesticciola; destando nei riguar-
danti, alquanta compassione.
Eppure anche qui, certi pezzetti di colore, certe
trepide ricercatezze tonali, spengono il riso. Il
fanciullo assistente, volto a mirare, in ginocchio
l'apparizione della dea, ha un camicetto diaccio
in cui il pennello creò deliziosi specchi di chiarità
argentea; e il manto roseo del guerriero, voltato
di schiena nell'angolo destro della tela, avrebbe
la trama di una seta veneta, se una forzata tra-
sformazione luministica non ne annullasse il si-
gnificato pittorico, uccidendone i valori d'ombra.
È così che il Lucchese amante del bel colore,
fremente di capacità lineari, accecato forse da
qualche personale manipolazione teorica, recita,
per conto proprio, la tragedia del '600 veneziano.
LUCIA LOPRESTI
folgoranti pennellate rapprese, degne di un vero
disperato della pittura.
E tuttavia quali prelibate dolcezze veneziane
gioiellano ancora la Strage degli innocenti (fig. 13)
a Palazzo Spada! Il colorista non si è del tutto
obliato se ha reso con tanta grazia la madreper-
lacea iride del gradino marmoreo; se lo ha mac-
chiato di così dolce sangue insieme alla spada
veloce del manigoldo. (11 Mola suggeriva lo scor-
cio piatto tra spalla, capo e braccio, già sperimcn-
ritorti. Ora la scena mitologica passando sotto
il pennello, perde ogni carattere di stile .Testa,
incitando vieppiù al movimento i suoi pigri stagni
cromatici, par quasi giungere alla caricatura degli
esempi coitoneschi. I guerrieri digrignano i denti,
i panni e le chiome degli elmi; il sacerdote si ar-
rovella come un gattono lungamente seviziato;
Diana infine, impastricciatasi alla lesta di bel-
letto, per correre a salvare Ifigenia, cerca col suo
atteggiamento ortopedico di far lampeggiare le
Fig. 16 — P, Testa: Allegoria. Lincei.
tato nell'Angelo liberatore di S. Pietro alla Bor-
ghese?). Perfino le solite violenze di luce artefatta
trovano una formula felice posando sui ghiacci di
questo cuspidato panno azzurro o scompigliando
l'ineffabile ronzio del paesaggio temporalesco,
a metà quadro.
Ma il lacerante dissidio tra colore e movimento
si accentua nel Sacrificio di Ifigenia (fig. 14) ri-
petuto in istampa alla Corsini. Nell'incisione
(fig. 15) i corpi e le fronde prendono un sottile
andamento flammeo: i panneggi si frammentano
in mille triturate pieghe cartacee. Le nubi cre-
pitano fra i contorni tesi, sopra le galee greche
dalle elastiche prore arricciolate, mentre il fusi-
forme gruppo dei due eroi lontani si aggomitola
elegantissimo tra gli apprestati drappi, mille volte
pieghe delle sua vesticciola; destando nei riguar-
danti, alquanta compassione.
Eppure anche qui, certi pezzetti di colore, certe
trepide ricercatezze tonali, spengono il riso. Il
fanciullo assistente, volto a mirare, in ginocchio
l'apparizione della dea, ha un camicetto diaccio
in cui il pennello creò deliziosi specchi di chiarità
argentea; e il manto roseo del guerriero, voltato
di schiena nell'angolo destro della tela, avrebbe
la trama di una seta veneta, se una forzata tra-
sformazione luministica non ne annullasse il si-
gnificato pittorico, uccidendone i valori d'ombra.
È così che il Lucchese amante del bel colore,
fremente di capacità lineari, accecato forse da
qualche personale manipolazione teorica, recita,
per conto proprio, la tragedia del '600 veneziano.