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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 24.1921

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Fasc. 3
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Salmi, Mario: Note sulla Galleria di Perugia
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https://doi.org/10.11588/diglit.17341#0189

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NOTE SULLA GALLERIA DI PERUGIA

appoggiato alla spalla sinistra della madre, nel
putto del suo trittico alla Cattedrale. E che questa
opera è posteriore al grande polittico della Pi-
nacoteca, dimostra il più disinvolto disporsi dei
piccoli angeli a mezza figura nei pennacchi dei
pannelli, un po' rigidi nel polittico, dolcemente
piegati invece nel trittico, verso il gruppo divino
e i santi laterali. D'altra parte nella tavola della
Galleria (n. 30) la Vergine somiglia tanto a
quella del Duomo, che le deve essere molto vicina
per tempo; ed il Bambino che carezza la madre
trova il suo modello del putto del quadro di Si-
mone Martini eseguito intorno al 1321 per Orvieto
ed ora nella Collezione Gardner a Boston.1 Lo
stesso motivo gentile, Meo conferva nel Tutto di
una tavola danneggiatissima per le eccessive pu-
liture (n. 8) e mantiene quel gaio carattere infan-
tile così caro ai senesi, anche al Bambino del pen-
tittico (n. 13) già in S. Domenico (fig. 9), estrema

Fig. 9 — Meo da Siena: Polittico.
Perugia, Galleria — (Fot. Ministero 1'. I.).

e declinante espressione dell'arte del Maestro. 2
Movendo dalla monumentatiti del primo polit-
tico, le forme perdono gradualmente di impo-
nenza nella Madonna n. 30 e nel trittico del
Duomo, sino a che non appariscono nel nostro
polittico come rattrappite. Vi rimane solo un
riflesso superficiale e lontano di Pietro Lo-
renzetti, nelle vesti fiorite e nella bordura che
lo contorna, imitate dalla Madonna dell'affresco
nella cappella del Battista in S. Francesco di
Assisi.

Le lievi differenze notate nell'arte di Meo,
che lo mostrano sempre dipendente da una delle
maggiori personalità senesi operanti in Umbria,

1 Riprodotto da R. Van Marle, Simone Martini et
les peintres de son école, Strasbourg, 1920, tav. VII.

2 II Bombe, op. cit., 36, sembra disposto a credere come
ultima manifestazione dell'arte di Meo il trittico del Duomo,
mentre suppone anche anteriore al grande polittico, il
pentittico citato, nel quale (come già prima la Yavassour
Elder, loc. cit., 67) vede solo la Vergine col Bimbo fra il
Battista e un santo vescovo, dimenticando le mezze figure
di S. Giacomo e di S. Giovanni Evangelista.

IÓI

la monotonia dei suoi tipi e certe particolarità (i
nimbi a graffito delle sue Madonne, sono, sempre
uguali, a racemi) lo rivelano pittore secondario e
provinciale. Ma egli fu il più imitato dei maestri
forestieri a Perugia e senza uscire dalla Pinacoteca,
abbiamo l'immediata sensazione di quanto in-
fluisse sugli artefici locali. Due pannelli tricuspidati
provenienti dalla Confraternita di S. Francesco,
opere della seconda metà del sec. xiv, accusano
l'arte mediocre di un fedele seguace, nelle forme
allungate, nel coloro lividissimo e nel carette e de-
corativo delle vesti (fig. 10). Uno (n. 81) raffi-
gura nell'ordine inferiore VAdorazione dei Magi,
nel superiore l'arcangelo Gabriele a tutta figura
e a mezzo busto S. Pietro Martire e S. Francesco:
l'altro (n. 76) rispettivamente la Presentazione al
Tempio, l'Annunciata, S. Ludovico e S. Domenico.
Il solo motivo estraneo a Meo ci è offerto dalla
decorazione delle architetture alla cosmatesca.1
Una predella (n. 33) con le immagini di S. Emi-
liano, della Maddalena, di S. Caterina e di S. Be-
nedetto a mezza figura, sotto arcatine ribassate e
dipinte, appartiene ad un altro imitatore che copia
dal maestro anche il graffito delle aureole ed ap-
pare sordo nei carnati pallidi. Ad un terzo seguace
spetta una croce (n. 6) che proviene, insieme
alla predella, da Monte l'Abate. I bracci di essa
terminano con quadrilobi nei quali si veggono
intorno al Crocefisso l'Eterno, la Vergine e Gio-
vanni a mezzo busto, e a figura intera, genuflessi
ai piedi, la Maddalena ed un monaco committente.
Artefici ancora più tardi operanti verso la fine del
secolo, copiarono il pittore senese, come l'anonimo
quanto caratteristico autore di due lunghe tavole
rettangolari e prolungate in una cuspide mediana
che stavano a Pacciano. Figurano, l'una (n. 65)
in parte danneggiata, cinque scene della Passione:
la Cattura di Cristo, la Salita al Calvario, la Cro-
cefissione, la Deposizione e il Rimpianto presso il
sepolcro; l'altra (n. 61) la Vergine col Bimbo in
trono fra due angeli, il donatore e un santo fran-
cescano, fiancheggiata da S. Pietro, S. Francesco,
S. Chiara e S. Michele, S. Paolo, S. Ludovico,
S. Antonio e la Maddalena, dritti, rigidi entro
tonde arcatelle trilobe. Le due tempere scialbe
e rozze, valgono sopra a tutto come documenti
storici. Ma quel gusto di allineare i santi sotto

1 Analogia di tipi e somiglianza nelle architetture, ci
mostrano le miniature dei primissimi del Quattrocento,
nella matricola dei Notari, alla Biblioteca Comunale di
Perugia, pubblicate da A. Serafini, in L'Arte, a. XV
(1912), 55, che \i nota generici influssi senesi. L'analogia
dipende dall'appartenenza dei dipinti e dei minii alla stessa
corrente stilistica di Meo la quale dunque, anche sull'iirte
minore lascia tracce evidenti sino nel sec. xv.

L'Arte. XXIV, 21.
 
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