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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 25.1922

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RECENSIONI

The Life, Correspondence of Collections of Thomas
Howard Ilari of Animici <• Fsthet' of Yertu In lì ur-
lami ■> Mary F. S. Hervky. Cambridge at the
University Press, 1921.

Mary Frederica Sophia Hervey, autrice del libro Holbein's
Atttbassadors, ha chiuso la sua nobile vita dì ricerche e di
studi con quest'opera, che Catherine Mary Phillimore ha
completata, dopo la morte dell'autrice, con (di ultimi due ca-
pitoli. È uno studio storico denso di documenti, di ricer-
che assidue, dalle quali emerge di quando in quando il
celebre amatore d'arte Nel 1609 egli raccoglie pitture e
disegni della Casa I.umley a Tower Hill; nel 1610 si educa
all'arte insieme con Enrico principe di Wales, sotto la co-
mune guida di Inigo Jones, pittore e architetto; visita il
Belgio, l'Olanda, la Germania, e anche, tra il 1610 e il 1614,
due volte l'Italia. Nel 1616-17 acquista le pitture raccolte
da Nys per Somerset, riceve da Sir Dudley Carlenton una
testa di Giove, da Lord Roos tutte le sue statue, dal Re
le pitture del Conte di Somerset. La galleria di Lord Arundel
prende già nel 1617-1618 una particolare fisionomia, ricca
com'era di opere di Holbein, di Rubens e Van Dijck, e cre-
sce presto di magnificenza, per le opere, indicate dal San
drart in Teutschc Academic, di Raffaello, Leonardo, Tiziano,
lintoretto e Paolo Veronese. S'aggiunsero marmi acquistati
a Roma, per l'esportazione dei quali s'interessò il potente
Cardinale Francesco Barberini; e quindi la collezione di
Daniele Nys, ed altro ed altro.

A questo racconto tessuto su di una fitta trama, in cui fatti
politici, religiosi, sociali s'annodano con gli artistici, seguono
i due capitoli tracciati dalla compianta autrice, compiuti
con riguardosa cura da Gataerina Phillimore, che ci rappre-
senta per ultimo Lord Arundel nei Paesi Bassi, e infine a
Padova, ove pone la sua residenza, dà a John Evelyn le
sue Kemembyanccs d'Italia, e muore il 24 settembre 1646.

Il catalogo della raccolta del Conte di Arundel, ritrovato
da Mary L. Cox e già edito da Lionel Cust in The Bttrlington
Maaazinc (XIX, lOXl), è pubblicato nell'appendice V del
libro .un qualche scarsa nota, che potrebbe dai luogo a
molte contestazioni. L'inventario, copia dell'originale che
si suppone perduto, si attribuisce al 1654, cioè al tempo
immediatamente successivo alla morte della Contessa
.\lethe,1 di Arundel in Amsterdam. Oliando nel 1641 il
Conte e la Contessa lasciarono l'Inghilterra, la raccolta
già era in Olanda, e. alla morte della Contessa, veniva inven-
tariata, per esservi contrasti di eredità tra Lord Stafford,
unico figlio superstite, e i suoi nipoti. Fatto è che nel

« Public Record Office », dove Mary L. Cox scopri la
copia dell'inventario, si legge prima la rupia di una let-
tera di Cromwell ai magistrati di Amsterdam, per richieder
loro il giuramento di Lord Stafford sulla verità di un in-
ventario dei beni della Contessa d'Arundel. Tale inventario
è datato 10 aprile 1655, la copia 25 giugno 1655, ed essa
immediatamente precede la lista degli oggetti d'arte. E
stato notato che la mancanza d'indicazione di opere d'arte,
conosciute come di proprietà di Tommaso, conte di Arun-
del, mostri l'elenco incompleto; ma noi possi.imo spiegarne
l'incompiutezza. Xel 1645, il Conte di Arundel visitò Mo-
dena e Parma, ove s'incontrò con un pittore, che era il
consigliere per gli artistici acquisti di Francesco I d'Este
duca di Modena: Gabriele Balestrieri. Della visita non e
ricordo nell'ultimo capitolo del volume; ma il Balestrieri,
con una lettera diretta a Francesco I, riempie la lacuna.
Scrive il pittore che il Conte d'Arundel d'Inghilterra, « il
primo Signor, per quanto intendo, di quel regno», fu a Par
ma « alli giorni passati » e non « mi volle mai lasciare per
tutto il tempo che si trattenne in Parma, egli è molto ama-
tore della pittura, e ne ha ancor conoscenza parlando però
delle maniere, ha in gran considerazione quel ritratto del
l'Olbien (Holbein), che donò il Signor Conte Massimiliano
(Mmitecuccoli) a V. A. S., me lo seppe ancor descrivere
minutamente, ma il povero Signore era tutto doglioso

per essergli stato abbruciato per più di 40O mila

scudi di pitture, e l'istesso è ancor stato affermato da
un Ambasciatore pur Inglese, che, per quanto ho inteso,
passò alli giorni passati, non essendo io in Parma». Ecco
spiegata, per bocca del Conte d'Arundel stesso, la lacuna
di tante opere importanti nel catalogo del 1654; molte
di e se erano state preda del fuoco. Dove? Come? I ricerca-
tori inglesi potranno indagare ancora oltre, e chiarire questa
improvvisa notizia. Per la gloria dell'amatore e conoscitore
d'arte, il giudizio di Gabriele Balestrieri può essere tenuto
in gran conto: « egli è », scrisse, « molto amatore della pittura,
e ne ha ancor conoscenza parlando però delle maniere ». Il
pittore voleva dire ch'egli sapeva distinguere il tare proprio
dei diversi maestri. Faceva questa lode a denti stretti,
perchè nel visitare la collezione estense, il Conte d'Arundel
aveva detto al Duca che una certa Madonna non era di
Andrea del Sarto. « Intendo », soggiunse, « che disse ancor
non so che altro, e forse con ragione, ma forse ancor conforme
al suo capriccio, non essendo altro la pittura che un bersa-
glio di diverse opinioni». Evidentemente Gabriele Balestrieri
stava sulle difese, e, per timore che i giudizi del Conte di
 
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