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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 30.1927

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Venturi, Adolfo: Predella di Alessio Baldovinetti: in Casa Buonarroti a Firenze
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https://doi.org/10.11588/diglit.55192#0076

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PREDELLA DI ALESSIO BALDOVINETTI
IN CASA BUONARROTI A FIRENZE

Traversate le sale che dai marmi giovanili ai disegni della cappella medicea raccolgono
la prodigiosa attività di Michelangelo, si giunge, ancor assorti nella visione di quella gran-
dezza eroica, a una piccola sala della Casa Buonarroti, e a una predellina del Quattro-
cento, tutta fragrante di primaverile freschezza. Mentre risuona ancora ai nostri orecchi
il tuono della parola di Michelangelo, noi cominciamo ad ascoltare il timbro argentino che
squilla dalle linee incise, dalle forme sottili, dall’armonia dei luminosi colori. Il Quadro,
o meglio la predellina, porta ancora il nome di Francesco Pesello, e da me, nella Storia
dell’Arte, fu attribuita a Giuliano. Ma del secondo non conosciamo opera certa che sia
riscontro a questo gioiello del Quattrocento; del primo, non vediamo qui le forme arrroton-
date, aggraziate, tornite, il velluto delle superfici. Il segno è inciso nei contorni con vigore
e fermezza, come da fil di ferro; le forme s’improntano a uno squadro geometrico, spia-
nandosi; i volti si profilano sui fondi con raffinata sottigliezza di rilievo. Il maestro che
ha dipinta quest’opera, ancor tutta gioiosa delle note cromatiche del Beato Angelico e di
Domenico Veneziano, nei rossi vermigli, nei verdi ulivigni, nei rosei imbionditi da luce,
ha inteso la riforma prospettica iniziata in Firenze da Paolo Uccello e compiuta dal grande
Maestro di Borgosansepolcro: Piero della Francesca. E poco a poco, il problema trova
la soluzione, la predellina un nome sicuro: Alessio Baldo vinetti. Allora, la muraglia bionda
che nel fondo della Resurrezione dei tre giovani mostra le commessure tra i conci riem-
pite dalla luce come da calce viva, gli alberi con ampie foglie ricercate insistentemente nei
solchi delle nervature, l’esiguità delicata dei profili, rievocano le forme a noi familiari del
Presepe nel chiostro dell’Annunciata.
Il primo scomparto (fig. i) figura la casa del gentiluomo, immersa nella desolazione dalla
povertà: il vecchio padre, abbandonato in un sedile, poggiata una mano sul ginocchio,
poggiato sull’altra il viso, errante lo sguardo velato da tristezza; una fanciulla presso il
letto, come illanguidita da spossatezza nel sonno; un’altra seduta a terra, con la testa sulla
mano, come il padre, afflitta e pensierosa; la terza in piedi presso il vecchio, in atto di
consolarlo o consigliarsi con lui. Il quadretto è fresco e vivo, nella sua ingenuità; il pit-
tore ha messo tutto l’impegno a dirci lo sconforto degli esseri e la tristezza dell’ambiente.
Ma in quella tristezza risuona gaia la nota della coltre rossa, del pavimento rosso e rosa,
sulle altre note delicate, svanite, di grigio olivo, di biondo, di viola. Di fuori, dal piano
lastricato e lindo, s’affaccia alla finestrella tonda un elegante giovane fiorentino, San
Nicola, e prende lo slancio per buttare le palle d’oro, le palle della fortuna, nell’interno
desolato. Torna a fiorire il rosso gioioso della coltre nel manto del giovane, sulla veste del
diafano rosa di Domenico Veneziano. Dietro il parapetto, si stende un paese, una val-
lata verde grigio fra scure montagne, e riconosciamo in quella vallata i nastrini delle
strade che si dilungano nel vasto piano del Presepe, come sul tronco brunito dell’albero
rivediamo le tacche argentine.
La seconda scena (fig. 2) si svolge in un cortile, sulla porta dell’osteria. Avanza il Santo
da sinistra con un ossequioso seguito di gentiluomini; a destra pregano i tre giovani risorti,
uno ancora con un piede nella botte, mentre l’oste volge alle vittime lo sguardo torbido e
inquieto. Anche qui si riconoscono chiaramente i tipi del Baldovinetti primitivo, quali
 
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