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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 30.1927

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Pittaluga, Mary: [Rezension von: A. Reichel, Die Clair-Obscur-Schnitte des XVI, XVII, XVIII Jahrhunderts]
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https://doi.org/10.11588/diglit.55192#0081

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RECENSIONI

A. Reichel, Die Clair - Obscur - Schnitte des XVI,
XVII, XVIII Jahrhunderts. Amalthea Verlag.
Zurig-Leipzig-Wien.
È uscita una pubblicazione sulle stampe a « chiaroscuro »;
una pubblicazione, anzi, in veste suntuosa.
Consta di cento belli fac-simili di esemplari nell’Albertina:
una vasta introduzione precede ed orienta sulle vicende di
quest’arte; all’introduzione segue un catalogo, che, aggiornato
secondo gli ultimi spostamenti attributivi e sussidiato della
bibliografia singola per ogni stampa riprodotta, illumina su
i più importanti problemi storici, suggeriti dal fiore della
raccolta austriaca.
La quale, delle grandi raccolte europee, appare, in fatto di
chiaroscuri, fra le meglio fornite, specialmente perciò che è
produzione primitiva oltremontana; del Cranach ha infatti
esemplari rarissimi; così del Burgkmair, del Pilgrim, del Bloe-
maert. Moltissimi —■ circa seicento — sono gli esemplari
italiani; e moltissime, spesso stanche, le prove di quest’arte
nel Settecento (Le Sueur, Zanetti, Skippe, Jackson).
Poiché, attraverso la collezione albertina, il Reichel ha
considerato ed ha riprodotto il meglio che, dagli inizi del
sec. xvi alla fine del xvm, in questo campo è stato creato, il
suo volume rappresenta un ottimo sussidio allo studio ne-
gletto dei chiaroscuri; sussidio cui dànno intrinseco valore
la bellezza delle tavole, la diligenza delle classificazioni, la
chiara sinteticità del testo.
II desiderio di presentare risolti problemi di carattere
storico è quello che informa l’indagine del Reichel, che, in-
vece, non mi pare mostri speciale interesse per questioni
di valutazione estetica. Ma, nel campo dei chiaroscuri,
sono tante le incognite d’identificazione, di cronologia e di
attribuzione, che, astrarre dal significato effettivo dell’opera
d’arte, a proposito d’una forma, di cui — come arte — nes-
suno ha parlato, merita attenuanti.
Come si sa, le stampe italiane a chiaroscuro, quasi sempre
identificate con i « camaieux », imitano i disegni acquerellati:
le tinte differenti seno ottenute con altrettante tavole
sovrapposte, di cui una è incisa a piatto, ossia scavata nella
parte che non deve essere tinteggiata; le altre, sovrapponen-
dosi, hanno il compito di rialzare, e porre in evidenza, le
varie tonalità; gli sprazzi della carta, che restano scoperti,
segnano i « lumi », e biancheggiano come tocchi di biacca.
Già nel Settecento il Papillon aveva pensato che l’in-
venzione fosse stata suggerita dalla tecnica con cui si erano
ottenute, nel sec. xv, le majuscole a tre colori del Salterio
di Pietro Schoeffer (1457). E in tale ipotesi, appunto era im-

plicito l’equivoco, cui si collega il travaglioso quesito, che,
dal Cinquecento all’ottocento, ha appassionato tutti gli
studiosi di xilografia: quale sia stato, cioè, il paese che, primo,
vide nascere le stampe a chiaroscuro.
M’è concesso, per amore di verità stoiica, impostare ancora
una volta il problema, onde prender di fronte ad esso
— come si dice — posizione?
* * *
Nel 1516 Ugo da Carpi comunicava al Senato veneziano
di aver scoperto una tecnica nuova, per la quale chiedeva
protezione. Qualche decennio appresso, il Vasari celebrava
in Ugo colui, cui «bastò l’animo di far colle stampe di legno
carte che pajon fatte col pennello ».
Simile vanto gli riconobbero, senza riserve, il Baldinucci,
il Lanzi, lo Zanetti, il Gori Gandellini, il quale sistema-
ticamente impostò la questione del primato, del da Carpi
nella scoperta del chiaroscuro, confutando lo Huber e
10 Heinecken, che, altrettanto sistematicamente, avevano
sostenuto essere il Pilgrim, il Cranach, il Burgmair i pre-
cursori germanici di Ugo.
Gli scrittori italiani non desistono: e, non trovando argo-
menti assolutamente decisivi da opporre alle date delle
stampe tedesche a due legni, anteriori al 1516, mettono in-
nanzi —■ senza peraltro dimostrarla — la differenza che
esiste fra tecnica d’italiani e di Tedeschi. « Forse ciò sarà
vero [che il Pilgrim e il Burgmair abbiano preceduto in
detta attività Ugo], ma non già che essi abbiano inventato
11 macchinismo dell’inventore italiano ». Così il Ticozzi.
Così, con altre parole, il De Boni, lo Zani, il Baseggio, il
Gualandi.
Il Bartsch, finalmente, tenta di fissarla, tale distinzione:
ma identifica il « camaieu » con il « chiaroscuro »; non è chiaro,
e non conclude. È necessario — egli insiste —■ per risol-
vere la questione della precedenza, tener separate le due
qualità di chiaroscuri; la precedenza spetta, per l’invenzione
delle stampe a tre o più legni, ad Ugo, e per quella delle
stampe a due legni, ai Tedeschi (non si conoscevano allora
stampe a più legni, anteriori al 1518, del quale anno appunto
sono la Morte di Anania e VAnchise ed Enea, di Ugo da
Carpi). Di stampe a due legni, invece, il Bartsch varie ne
cita del 1509, 1511, 1512, 1516. È vero — egli ammette
— che di quelle non datate a due legni, di Ugo, alcuna
potrebbe essere anteriore al 1509: ma, reciprocamente, anche
per parte tedesca, potrebbero esservene anteriori a.. quel-
l’anno; per esempio, alcuna tra quelle del Pilgrim, che abbia
caratteri più arcaici.
 
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