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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 30.1927

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Bollettino bibliografico
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BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

II. - Arte europea fino al XIII secolo.
Walter Biehl, Toskanische Plastik des frùhen und
hohen Mittelalters. Lipsia, Seemann, 1926.
L’ultimo volume delle Italienische Forschungen dell’isti-
tuto di Storia dell’Arte di Firenze ci presenta in 168 tavole
un copioso materiale illustrativo della scultura romanica
in Toscana, in gran parte inedito e raccolto dall’A. stesso
negli anni 1912-14, materiale del quale io pure ebbi a gio-
varmi, per cortesia del predetto Istituto, per un volume
preparato da tempo e che confido abbia già veduto la luce
all’apparire di queste righe. Un testo di una novantina di
pagine, abbondantissime note e una esuberante biblio-
grafia precedono le tavole; e, poiché il commento critico
verte intorno a un argomento di cui — come ho detto —
ho avuto occasione di occuparmi, credo utile seguirlo,
specie nei punti più importanti nei quali il mio apprezza-
mento cronologico 0 stilistico, o l’uno e l’altro insieme,
non coincide con quello dell’A.
Cominciare invero, come egli fa, dal ricordare la teoria
di Carlo e Giorgio Rohault de Fleury su di uno stile antico
tardo — provinciale commisto ad influssi bizantini ed arabi
che si sarebbe svolto in Toscana nel primo Medioevo, — non
mi sembra cosa troppo opportuna. La teoria, sorpassata
ormai attraverso gli studi di critici italiani e stranieri,
specialmente tedeschi, era da tempo dimenticata. Parimenti
non mi sembra indovinato il titolo del primo capitolo dedi-
cato alla « Plastica toscana del periodo stilistico longobardo »
che dimostra nell’A. il preconcetto, nel quale insistono in-
vero altri studiosi, di far dipendere da una tradizione lon-
gobarda la scultura avanti il Mille. Perchè quella operosità
puramente ornamentale, che si vale di intrecci e di altri
vari motivi, anche barbarici e anche derivati dall’oriente,
al quale un gruppo di critici vuol farla risalire, può essere
chiamata più obbiettivamente « preromanica », corrispon-
dendo essa ad una maniera diffusa, con accenti simili, in
tutta l’Europa occidentale, dove si svilupperà la scultura
romanica. Il contributo della Toscana, in questo campo,
non è originale; ma nel seguire la produzione della regione,
(il ciborio di Santa Maria a So vana è, per FA., del sec. vm
mentre il gusto e la larghezza degli ornati lo farebbero
credere del ix; e il frammento di pluteo nel Museo di Fi-
renze antica attribuito al ix secolo corrisponde ad altre
cose dell’vm, fra le quali una lastra d’altare del Museo di
Orvieto che il B. a pag. 19 assegna appunto a questo secolo)
l’A. dimentica un gruppo importante di sculture nel Museo
Fabbricotti a Carrara, provenienti da Luni. D’altra parte

sappiamo come e la pratica scultoria appiattita e i motivi
che furono in voga nel periodo preromanico abbiano perdu-
rato non solo fino al sec. xn, come suppone l’A., ma fino an-
che al Dugento, secondo affermano monumenti datati, onde
io credo romaniche alcune cose che per il B. precedono il
Mille. Ricordo il fonte battesimale di Rigoli di un carattere
così elegante nella distribuzione dei singoli elementi deco-
rativi che sembra pensato solo nel sec. xi, quando gli arte-
fici — prima in Toscana assai incolti — imparavano a ca-
pire cosa significasse comporre. Accenno anche ad un pluteo
del Museo di Volterra con foglie, trecce e ruote giranti
che non è certo da porre in rapporto con una lastra d’altare
puramente sagomata ed iscritta col nome di Alachis gastaldo
(sec. vii) ma con gli archetti del Museo volterrano prove-
nienti da San Giusto, e con quelli di Santa Maria a Coneo
(sec. xn). Da ultimo non comprendo come si possa credere
preromanica l’acquasantiera della pieve di Vicopisano, in
cui sono scomparsi anche gli elementi della decorazione pre-
romanica; perchè i suoi rosoni e il palmizio centrale, tor-
mentati da colpi di trapano, hanno una plasticità da ravvi-
cinarsi a quella dell’architrave di San Pietro in Vincoli a
Pisa, chiesa consacrata nel 1119. Alla scultura di Vicopi-
sano conviene dunque il sec. xn. E bastino questi brevi
cenni chè un’ulteriore disamina — del resto sproporzio-
nata al valore della produzione scultoria — ci condurrebbe
troppo lontano.
Un secondo capitolo dedicato al « Passaggio allo stile
lombardo e all’influsso francese meridionale » si riferisce
quasi esclusivamente alla scultura del Senese e dell’Aretino,
sebbene non vi manchi prima un cenno ad opere di altri
territori come l’acquasantiera lombardeggiante di maestro
Raito nella pieve di Brancoli in Lucchesia, che l’A. ben
colloca, insieme con tre capitelli del Museo di Lucca attri-
buiti allo stesso scultore, alla fine del sec. xn, mentre altri
l’attribuiva al 1099. Nei rilievi entro gli archetti un tempo
a San Giusto di Volterra — città connessa alla scultura deco-
rativa senese anziché a quella pisana — il B. vede un influsso
borgognone; ma, invero, piuttosto, che precise relazioni —
sempre difficili a determinarsi — mi sembra di scorgervi
una generica ispirazione al linearismo della miniatura che
dominerà nella decorazione scultoria del territorio di Siena.
Nei capitelli e negli altri elementi ornamentali di Sant’An-
timo (sec. xn), sulla scorta del Canestrelli e dell’Enlart,
vede il B. rapporti con le scuole di Tolosa e di Provenza,
oltre che con la Lombardia. Ma l’influsso lombardo, affer-
matosi fin dal sec. xi, nella badia del Monte Amiata, finisce
col prevalere nel Senese ed altrove dando luogo ad uno

L'ArU, XXX, 35
 
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