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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 30.1927

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Ghidiglia Quintavalle, Augusta: Di alcune opere romane di Giovanni da Udine
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https://doi.org/10.11588/diglit.55192#0212

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AUGUSTA GUIDIGLI A

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per di qui a tutto agosto». Il Nostro dunque, non solo eseguì il disegno per la statua rappre-
sentante la testa di un elefante che getta acqua per il « niffolo » ed è circondato da marmorei
festoni di frutta,1 ma fece anche i mosaici della volta. Questi rappresentano, in tre quadretti,
ai lati due teste di donna arcaicizzanti, al centro la rifrazione dei raggi solari col motto
« candor illesus » uno dei simboli medicei. La cornice di ogni quadretto è formata da « pesci
et nicchi et livree et altre cose belle» che armonizzano mirabilmente con la limpida linfa
che scorre tuttora, in un mormorio lene, tra enormi foglie di verdi ninfee.
* * *
Quel piccolo Udinese, ch’era giunto a Roma nei primi anni del '500, recava in sè una
potenzialità di arte che, a contatto del genio di Raffaello, così affine al suo sentimento e,
sopratutto al contatto dell’arte classica della grottesca da lui genialmente rinnovata e in-
terpretata, si rivelò a poco a poco in tutto il suo splendore. Dalla Stufetta del Bibbiena, prima
gloriosa prova della sua tempra d’artista, agli orli per gli arazzi vaticani, alla sala di Psiche
ed alle Logge del primo e secondo piano, è un susseguirsi ed un fiorire di cose mirabili. L’ar-
tista, che nella Stufetta aveva destato ammirazione per la esatta riproduzione dell’arte
antica, si va liberando via via, nelle opere successive, dalla servitù dei canoni classici, ed ai
cupi sfondi, tradizionali nello stile pompeiano, sostituisce le mille sfumature, i colori tenui
delicati sfumati come l’arcobaleno, derivatigli dalla sua educazione veneta; al disegno molto
spesso trascurato dei pittori antichi, la linea elegante e armoniosa, di cui trovava magnifici
esempi nell’arte del Maestro. E se nell’ansia dell’ispirazione egli accumula motivi su motivi
più confusi e molteplici ancora di quelli classici, che così severamente notava Vitruvio, non
vorremmo far nostra la critica dell’ erudito romano. Questo affollamento, questa assenza
di ogni limite nella mescolanza del sacro e del profano, del gaio e del triste, è prima di tutto
nell’abitudine della sua età, e poi, se è forse un difetto, ne deriva pure un proprio fascino
Nella loggia di Villa Madama, l’ultima grande opera sicura del Nostro a Roma, se il
pittore ci si rivela alquanto inferiore a sè stesso nel colorito e nel disegno, lo stuccatore invece
vi raggiunge una perfezione dianzi non mai toccata.
Quel che in lui decade è forse per malefico influsso delle altre scuole? È forse per un
primo momento di smarrimento e di dubbio dopo la morte del Maestro, che gli era stato
sempre anche da lontano « dolce guida e cara »? Non so: Giovanni ad ogni modo non fu cer-
tamente un gretto e timido scolaro: seppe egli stesso crearsi una realtà artistica; e se « Ri-
nascimento » vuol significare la rinascita dell’ arte classica nelle sue forme più svariate,
all’umile Udinese si compete bene la gloria di essere un figlio del suo tempo; perchè al suo
genio molteplice e pieno di grazia dobbiamo la vera rinascita della grottesca in stucco e
pittura.
Dopo di lui questa decorazione, nella quale aveva trasfuso tutta la sua anima di artista
e una vita vera ed intensa, cadrà nelle mani di poveri imitatori, che copriranno di decora-
zioni informi e stereotipate logge, gallerie ed interi palazzi: ripetendo fino alla sazietà i mo-
tivi ideati dal Nostro, ma sostituendo ai dolci colori, al meraviglioso sfumato, ed alla linea
armoniosa di Giovanni, rozzi disegni e colori stridenti.
In mezzo a tanta rovina e ad un pervertimento così grave del gusto il nome di Giovanni
da Udine resta per noi come il simbolo più puro del Rinascimento di quell’arte decorativa
degli antichi, che ebbe ai suoi tempi ed ancora conserva il nome di grottesca.
Augusta Ghidiglia.

1 Nella Galleria degli Uffizi è un disegno per l’elefante attribuito a Giovanni, n. 7129.
 
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