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Trombetta, Paolo
Donatello — Roma [u.a.]: Loescher, 1887

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https://doi.org/10.11588/diglit.66195#0351

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— 273 —

Dopo di che, nessuno c’ impedirà d’ammirare anche noi,
senza vedervi opere d’arte vere e proprie, la bella Resurrezione
e la bellissima Ascensione che condusse Luca in Santa Maria
del Fiore — le quali per essere di smalto bianco molto pre-
feriamo alle terre cotte colorate, in cui la Policromia artifi-
ciale, dapprima timida si dimostra con poche tinte, poi a poco
a poco divenuta più ardita, fa pompa dei più smaglianti
colori.
Vasari ci dice che dallo studio di Luca, mutato in officina,
uscivan di codeste opere in grandissimo numero ch’ei mandava
non solo per tutta Italia, ma fino in Francia e in Ispagna;
onde molto più guadagnava, che con lo scarpello fin allora
non avesse fatto. E coi tanti guadagni, gli entrò in casa, ospite
sempre accetta la gloria. Bene sta.
A noi più preme un’altra notizia che ci dà il Vasari, ter-
minando i pochi cenni intorno ad Andrea della Lobbia con
queste parole: « Io essendo ancor fanciullo, parlando con esso
lui, gli udii dire, anzi gloriarsi, d’essersi trovato a portar Do-
nato alla sepoltura ; e mi ricordo che quel buon vecchio di ciò
ragionando n’avea vanagloria. »

IV.
Jacopo Dalla Quercia.
L’abbiamo già conosciuto — se ne ricorderà il lettore —
a Firenze, in occasione del Concorso per le Porte del Batti-
stero. Ed esaminando allora col Vasari il saggio da lui pre-
sentato, lo trovammo il migliore, dopo quelli di Ghiberti e di
Brunelleschi ; pregevole per disegno e diligenza d’esecuzione,
con figure ben condotte, malgrado non fossero a perfezione
finite.

Donatello

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