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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 20.1917

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Fasc. 3
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Venturi, Adolfo: L' ambiente artistico urbinate nella seconda metà del Quattrocento
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https://doi.org/10.11588/diglit.17337#0293

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L'AMBIENTE ARTISTICO URBINATE

NELLA SECONDA METÀ DEL QUATTROCENTO

NEL decennio avanti la nascita di Raffaello, Ui-
bino era divenuta, auspice Federico da, Monte-
feltro, una reggia dell'arte: Piero della Francesca,
Luciano l.aurana, Francesco Laurana, Melozzo,
Giusto di Ganci, Luca Signorelli vi intessevano
corone di gloria, insieme con la schiera dei piccoli
urbinati Fra' Carnevale, Giovanni Santi, Evan-
gelista di Piandimeleto, a cui s'aggiunge per ul-
timo, reduce dallo studio del Francia, Timoteo
della Vite.

Di Giovanni Santi nulla, può dirsi, rimane
nell'opera di Raffaello: al più, qualche squadio
di testa, qualche legnosità di forma, qualche
lontana reminiscenza di tipo, nelle pi ime opere,
quali, ad esempio, lo stendardo di Città di Castello
e la predella della Croce fissione. La eroica bellezza
di Melozzo, la energia nervosa di Luca non
contribuirono a creare atmosfera di vita all'aite
dell'Urbinate: più dei due grandi, avrà legame con
lui Timoteo della Vite per i suoi dolci ritmi im-
parati dal Francia, per l'amore a curve lente, a
movenze ondulate. Ma anche con Timoteo il
rappoito è vago, rapporto di superfìcie, più che
intimo legame spirituale: non, in Raffaello, ondula-
zioni languide di figure su fondi chiusi, come nello
scolaro del Francia, ma ondulazioni larghe, pau-
sate, riecheggianti in vastità di spazio. La curva
emiliana poteva condurre nelle mani di un glande,
come il Correggio, a sviluppo floreale di linee,
a voluttà di ondulazioni; ma il ritmo di Raffaello
non sorse, per l'aria, spirante sulle vette del suo
paese, se non da un nuovo elemento: il metro.
Nessun architetto, più di Luciano Laurana, ha
attuato concetti poetici di misura entro nitidi
regolari volumi; nessun pittore, più eli Piero della
Francesca, ha saputo creare o pose metriche ». E
nei marmi dello scultore del palazzo ducale, dei
busti di Battista Sforza, ritmi taciti nascono da
contrappeso di masse, ritmi di ondulazioni plasti-
che equilibrate e lente, di curve abbraccianti in

ampio girò spalle e teste chine; si pensi al bilancio
delle forme rigide di fole nel camino del palazzo
ducale, o delle tic teste incluse entro classici
anelloni, galleggianti sul fondo arabescato di
una. porta nel palazzo ni binate.

Piero della Francesca compone nitide archi-
tetture spaziali; Francesco Laurana include, col
rigore di un Antonello da Messina, entro ideali
cilindri o sfere, i suoi volumi; Luciano Laurana
collega le masse degli edifici con regolarità cri-
stallina: tutti portano nell'arte un senso d'astra-
zione formale, di semplificazione, ili chiarezza
logica: doti che, in luce diversa, trasportate in
composizioni ove lo spazio, non definito come in
Piero, ma senza più limiti, consentirà agli aggrup-
pamenti larghezza di onde ai molliche, riappa-
riranno in Raffaello. Sia che l'Urbinate costruisca
i suoi gruppi piramidali mirabilmente accentrati,
sia che disponga entro lo spazio curve e rette
contrapposte, porta sempre a risultati di limpidità
compositiva, nascente da equilibrio di linee e di
masse. In fondo, quand'egli crea, nella Madonna
del Granduca, il cadenzato bilanciamento di due
corpi entro un fuso ideale, l'eredità lontana di
Piero della Francesca vince l'influsso recente di
Leonardo da Vinci; quando, nelle Tre Grazie di
Chantilly, attua, un ritmico accordo di linee che
s'alzano e si abbassano a vicenda riecheggiando
da figura a figura, dalle figure al paese, è sempic
facoltà di astrazione spaziale, amore di regolarità
mossa per ritmi, che vince la convenzionale
simmetria peruginesca e trasforma in capolavoro
un'opera povera per costruzione di corpi, super-
ficialmente arrotondati, vagamente soffici. F
quando, nello Sposalizio della Vergine, con la
improvvisa tensione di un collo e di una testa
di donna (movimento prediletto di Raffaello, che
arreca fissità di sguardi calati dall'alto e che già
troviamo attuato nella Jole di palazzo ducale),
fermerà in equilibrio il declivio delle teste vicine;
 
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