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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 4.1901

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Fasc. 1
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Venturi, Adolfo: Beato Angelico e Benozzo Gozzoli
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https://doi.org/10.11588/diglit.24146#0041

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BEATO ANGELICO E BENOZZO GOZZOLI

rate Giovanni da Fiesole, al secolo chiamato Guido o Guidolino,
vestì l’abito domenicano a ventini anni, nel 1408. Cacciato di nido
co’suoi fratelli, mentre si disputava da tre papi la tiara; fuggitivo
poi da Foligno per l’infierir della peste, tornò con i compagni di
sventura al suo convento di Fiesole l’anno 1418. E là, sino al 1436,
lavorò con tutta l’anima intorno a tavole, anconette, molestati ed
affreschi. Le sue composizioni hanno ingenuità di fanciulle; tutto par
che fiorisca in un campo, dove la gentile adolescente dipinta dal
Frate tiene lo scudo con le parole LEX AMORIS. Quando dipinge
per Santa Trinità la Deposizione dalla Croce, fa spuntare le figure
sopra un prato bianco di margherite ; esse non prorompono in atti di dolore, e gli angioli
che loro volano intorno non si strappano i capelli e le vesti, come nell’affresco di Giotto,
ma pregano e si dolgono tranquillamente. Una dolce pietà penetra negli animi e si esprime
nei volti degli assistenti all’olocausto del Dio. Non un urlo, non un gesto violento e dispe-
rato; ma gemiti e preghiere a bassa voce, dolci carezze alla salma del Cristo. Nulla dell’essenza
dell’arte giottesca, sempre varia, potente, drammatica; ma la traduzione in scala maggiore
delle miniature toscane, delle composizioni che i suoi maestri, che il fratello suo Benedetto
dipingevano sulle pergamene e sulle carte delle bibbie, dei messali e dei libri di coro. Vi
è la finezza del miniatore nei fondi dorati e graffiti, come vi è anche la sua monotonia, nelle
ripetizioni costanti degli stessi tipi e delle stesse immagini di una tinta d’avorio leggermente
rosata, con le vesti lucenti di giallo e di colori simbolici. Ciò che le arti maggiori avevano
lasciato in disuso, le arti minori, e tra le altre la miniatura, conservavano come per forza
d’inerzia. E Beato Angelico, educato all’arte del minio, ritenne in sè certe reminiscenze già
dimenticate dai pittori. Nella Incoronazione, degli Uffizi, ad esempio, si vedono nelle penne
degli angioli alcuni tondetti, a mo’ di occhi, come nelle ali degli angioli dei pittori bizantini.
Eppure Beato Angelico, anche ispirandosi alle miniature, seppe elevarsi, effondere in ogni
cosa la bontà del cuore. Temperata luce di bellezza e di grazia inonda le sue angeliche
creature, lievi come piume, candide, gentili ; le fiammelle si accendono sulle testoline bionde,
che spiccano sui nimbi d’oro graffiti ; le loro vesti si ornano di raggi, di monogrammi, di
stelle, di piccoli soli ; le loro stole ondeggiano alla brezza mattutina ; le ali dorate, occhiute
come di pavone, stendonsi ampie, e si appuntano al cielo, dietro i corpi celesti, che trascorrono
sulle nubi, suonando delicatamente, assorti in Dio. E in tutta questa fioritura di paradiso,
ripetiamo, nulla della gagliardia di Giotto, dell’intensità dello sguardo e del pensiero di questo
Grande. Nel dramma della Crocefissione le voci de’personaggi dell’Angelico s’innalzano come
un lento murmure al cielo, intorno al Crocefisso, che china placidamente il capo tra i biondi
riccioli. Non è il dramma di Giotto, ma un coro di santi e di monaci, della gratitudine e dell’a-
more, presso l’albero della misericordia, nel giardino eterno. Cosi, mentre le rappresentazioni

L'Arte. IV, I.
 
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