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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 4.1901

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Fasc. 6
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Gavini, Ignazio Carlo: Santa Maria Assunta in Assergi, [2]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24146#0451

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SANTA MARIA ASSUNTA IN ASSURGI

(Conlinuaz. e fine. V. fascicolo precedente pag. 316)

uasi contemporaneo alla erezione della chiesa di Santa Maria
Assunta è uno di quei fatti, frequenti nell’Italia nostra, che furon
capaci di trascinare intere popolazioni verso il misticismo ed
innalzarle a Dio mediante l’ispirazione di un uomo straordinario.
Franco, nato a Roio, paesello dei dintorni di Aquila, presso
l’anno 1156, fin da giovinetto aveva abbandonata la casa paterna
per ritirarsi a vita di contemplazione e di eremitaggio; vagando
di grotta in grotta s’era ridotto in una spelonca ai piedi del Gran
Sasso, dove solitario aveva trascorso una lunga vita veramente
prodigiosa. Mi piace di riportare le semplici parole con cui il
giovane sacerdote Angelo Lauria, attualmente parroco di Ca-
marda, descrisse la morte del santo avvenuta all’età di 70 anni:

« Volgeva la sera del 4 giugno 1226: era quell’ora solenne in cui il giorno che muore
diffonde la tristezza nei cuori, e leva gli occhi speranzosi al cielo sull’ali della preghiera,
quando Franco, in quella spelonca ove era vissuto quindici anni, senti vicina la voce miste-
riosa della morte che lo chiamava, e gli diceva: Vieni. Le sue pupille già vedevano male:
cominciavano le tenebre; l’udito s’era affievolito: cominciava il silenzio; che è dunque la vita?
Un gran succedersi di giorni, un continuo rotolare verso l’eternità. Ed ecco sulla mezzanotte
le campane di Assergi, improvvisamente, sonarono sole a distesa, come se chiamassero,
svegliando tutti gli abitanti che dormivano ; e un arco luminoso di luce si ripiegò dalla chiesa
sulla spelonca di Franco.

« Che sarà mai? Sarà morto il santo? A questa voce uno solo fu il pensiero: accorrere,
e veramente Franco non era più ! Quell’anima che abbagliava con la sua candidezza era
stata trasportata dagli angioli nel cielo ove i patimenti sono sconosciuti e le gioie eterne,
ed il corpo era rimasto in ginocchio, le mani giunte in atto di preghiera, la fronte ancora
illuminata dalla serena luce della coscienza ; e il popolo assergese divenne sconsolato, si
videro lacrime, si udirono singhiozzi e sospiri.

« Intanto sei uomini formarono coi rami una bara, vi adagiarono il santo, e con una
solenne lentezza, con religioso rispetto lo trasportarono nella parrocchia, seppellendolo dietro
l’altare della chiesa sotterranea, finché ridotto in ossa venne collocato in una cassa di pietra,
e in seguito riposto in urne dentro la medesima cassa. Ma i pellegrinaggi alla sua tomba
incominciarono dal giorno della morte, da quel giorno miracoli strepitosi lo resero più celebre,
maggiormente venerato ».

Anche il Tornei afferma che le ossa del santo furono rinchiuse in una cassa di pietra
riposta sotto l’altare della cripta, nella fossa che più avanti notammo, ed anzi aggiunge che
quando più tardi furono messe nei preziosissimi reliquiari che ancora si vedono, la cassa fu
destinata ad altro uso. Egli afferma che il solo coperchio dell’urna fu trasportato a destra
 
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