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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 4.1901

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Fasc. 2
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Mauceri, Enrico: Giacomo Serpotta, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24146#0117

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GIACOMO SERPOTTA

OPO l’infelice episodio di Giuseppe d’Alesi, dal quale pareva che
la Signoria spagnuola fosse uscita sgominata e perduta, la Sicilia,
che avea mirato lo scintillìo vivace della tavolozza di Pietro No-
velli, cadde in uno stato di abbandono e di squallore. I suoi
pittori smarrirono il senso della grande arte, e volendo imitare
il maestro monrealese, ricco di fantasia e di colori, se non di
disegno, come uno spagnuolo, divennero imbrattatele e meschini
ripetitori di vecchie forme e di stanchi concetti.

Lo stesso accadde della scoltura. La gloriosa scuola dei Gagini
lasciò dietro a sè una folla di oscuri scalpellini e d’intagliatori,
che riproducevano inconsciamente e malamente motivi gaginiani,
ed anche poco più tardi, tranne qualche ingegno notevole, come Carlo d’Aprile, lo scultore,
dirò così, aulico del Seicento, gli altri non eran degni del nome di artisti e venivano acco-
munati coi muratori e coi cavapietra.1

Framezzo a tanto decadimento cagionato dalle tristi condizioni politiche e sociali del
paese e dal disprezzo che gli Spagnuoli avevano per l’arte, nell’interno dell’isola, dove meno
si sentiva l’alito corruttore del mal governo, andava elaborandosi e maturando una forma
di decorazione, che rispondeva al gusto del popolo siciliano, amante di pompa nelle este-
riorità del culto e di profusione di ornati nelle pareti del tempio. Fusa, Nicosia, Castelve-
trano ed altri comunelli isolati sulle colline e sui monti delle Madonie, diedero impulso
all’arte dello stucco, la quale, sin dal Cinquecento, come appare da alcuni lavori e da prove
scritte, promossa da artisti venuti dalla penisola, si era svolta ed ampliata, acquistando gran-
diosità ed architettonica composizione. Dal semplice motivo ornamentale di cornici, cartocci
e fogliami elegantemente intrecciati sui soffitti e sulle pareti delle chiese, passò a rappre-
sentare cortine con putti musicanti o sorreggenti, qua e là, festoni di fiori e di frutta, e poi
quadri sontuosi e completi, nei quali figuravano statue simboliche o di santi. La sobria deco-
razione dell’arco o della vòlta della cappella maggiore 'non soddisfaceva più il gusto del
tempo, nel quale l’effetto e l’amore del grandioso eran sostituiti alla classica e semplice ele-
ganza cinquecentesca, e quindi si abbondò in isfarzo e in magnificenza: si eressero statue
di stucco nelle navate, si rappresentarono fatti biblici a piccolo rilievo sulle pareti; si diede,
insomma, un’intera ed armonica fusione di storie, di simboli e di ornati.

I Li Volsi da Fusa e da Nicosia furono stuccatori e con loro anche molti e molti sco-
nosciuti; ma chi inalzò quest’arte ad alto onore fu Antonino Ferrara, scultore e pittore da

1 Nell’ottobre del 1694 nacque un conflitto fra il
Capitan di Giustizia, conte Filangeri, che voleva as-
soggettare gli scultori, detti mastri marmorari, al ser-
vizio di maestro di ronda, ed il Senato che ne li vo-

leva esenti. Dalla lettera del primo al viceré, con la
data del 27 ottobre, si può comprendere in quale conto
fossero tenuti gli artisti ! (Archivio di Stato di Palermo.
Reai Segreteria).

L'Arte. IV, II.
 
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