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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 4.1901

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Fasc. 2
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24146#0177

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MISCELLANEA

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canestri colmi di frutta e di vivande. La scena che la
tradizione imponeva ai pittori si ripeteva ogni giorno
negli usi, ma i rustici canestri delle rappresentazioni
evangeliche vennero presto dal lusso del Rinascimento
mutati in ricchi vassoi, e i doni furono offerti alla
puerpera sopra deschi adorni di colori e di figure.
Erano questi, scrive il Baldinucci: « alcune tavole tutte
talvolta tonde o ottangolate, di diametro o larghezza
di un braccio o poco più, attorniate di una piccola
cornice dorata, dipinte per mano di buoni maestri da
una delle parti e talora da tutte e due, con sacre
istorie ; e servivansene le donne di parto per accomo-
darvi sopra la vivanda pel desinare o cena...».

Molte di talLjtavole si trovano nelle Gallerie, ed
alcune fregiate di grandi nomi. Nel museo di Berlino
un tondo, nel quale si vede la visita che le parenti
fanno all’inferma, coi servitori che vengono, preceduti
da trombetti, portando doni sui deschi, è attribuito a
Masaccio ; nella National Gallery la tavola ottagonale
col Ratto di Elena si suppone della maniera di Benozzo.

Il Muntz 1 classificò a seconda dei soggetti i deschi
da parto dei quali ebbe notizia. In questa umile forma
di arte la fantasia degli artisti fu schiva delle rappre-
sentazioni sacre : amò la scena di genere, serenate,
giardini; narrò ingenuamente i miti ; si dilettò dell’al-
legoria. E appunto ai soggetti allegorici registrati dal
Muntz bisogna aggiungere quello del desco pubblicato
dal Rankin 2 e rappresentante Amore legato dalle don-
zelle, ed il presente, della collezione Franchetti, nel
quale senza stento si riconosce la favola di Ercole tra
il Vizio e la Virtù.

L’antico apologo di Prodico, tramandato da Se-
nofonte, è qui liberamente interpretato. Se Raffaello
immaginò il riposo di un cavaliere nell’aperta cam-
pagna e due fanciulle che gli appaiono nel sogno, il
nostro pittore cercò invece di esprimere la perples-
sità di un’anima. L’angelo la veglia dall’alto : l’ado-
lescente non volge lo sguardo nè all’una nè all’altra
delle due donne, quasi non gli fossero accanto ; il
contrasto è tutto interiore.

Il Vizio non è la donna di Prodico, matura, im-
bellettata, ma una fanciulla lieta e semplice come un
animo puro può, solo, pensare.

Dalla parte della Virtù sale sulla rupe il sentiero
scabroso custodito da due leoni, ma dietro al gruppo
s’apre una vasta luminosa campagna, con colli caseg-
giati, alberi, e, vicino, un’acqua entro la quale donne
e uomini si bagnano insieme. È questa l’immagine
voluttuosa che gli incisori delle serie dei Sette Pia-
neti non dimenticarono mai di sottoporre al segno di
Venere; è il primo diletto sensuale, il bagno, il luogo
ove le cinque ninfe condussero Polifilo tosto che l’eb-
bero trovato.

1 Monuments et Mémoires pubi, par l’Acad. des Inscript., 1894.

2 American Journ, of Arch.. voi. X.

La composizione del gruppo sullo sfondo vibrante
del paese è cosi gradevole da far dimenticare i moti
meccanici delle braccia delle figure, il debole disegno
delle mani, la pesante apparizione dell’angelo.

Sappiamo, da una notizia raccolta dal Muntz (vedi
art. cit.) che Francesco Caroto dipinse per la « te-
stiera di una lettiera » una composizione allegorica di
Ercole tra il Vizio e la Virtù ; questa coincidenza ico-
nografica viene ad aggiungersi ai caratteri del pae-
saggio e delle figure, i quali fanno ritenere il presente
desco dipinto sulla fine del decimoquinto secolo, in
Verona, da qualche maestro ispirato all’arte di Liberale.

T.

L’autoritratto di Lorenzo di Credi. Atto di na-
scita dell’artista. — Fra i recenti acquisti della Galle-
ria degli Uffizi si vede un ritratto di giovane che vien
ivi descritto, sebbene con la riserva di un punto in-
terrogativo, come l’autoritratto di Lorenzo di Credi.
È opera indubbiamente del suo pennello; ma non vedo
fondamento per ritenere che esso sia l’autoritratto
dell’artista. Inabili restauri hanno completamente al-
terato l’espressione del volto; ma pure abbastanza ne
rimane per accertarci che quello non è il viso di Lo-
renzo di Credi.

Il vero autoritratto di Lorenzo è oggi conservato
in un paese molto lontano dall’ Italia, a Glasgow, dove
un distinto amatore, il signor W. Beattie, ha ornato
una delle sue sale con una raccolta veramente eletta
di antichi ritratti italiani.

La pittura qui riprodotta mostra per la prima volta
la vera fisionomia giovanile dello scolare prediletto di
Verrocchio. Per la grazia del sentimento non meno
che per il vigore del colorito questa pittura forma un
contrasto singolare con i tipi convenzionali, duri e
quasi vitrei e con le composizioni di maniera ripetute
senza fine, che caratterizzano Lorenzo, e ci spingono
a classificarlo piuttosto tra i mestieranti che tra i veri
e propri artisti. D’altra parte abbiamo qui un inte-
ressante conferma della descrizione che il Vasari ci
fa della persona dell’artista : « Giovinetto di bellissimo
ingegno e di ottimi costumi... » e caldo seguace di
Savonarola ; e ciò possiamo bene argomentare da
quella giovanile fisionomia forte e distinta, di cui i
tratti rivelano grande sensibilità, unita ad una vena di
nobile e pensosa malinconia. E insieme col carattere
dell’uomo si palesa qui in chiaro modo il valore del-
l’artista. La modellatura del volto è bellamente fedele e
spontanea, il disegno dei capelli che ornano la testa
con magnifico effetto è in uno stile raro e prezioso ; un
delicato paesaggio nel fondo, toccato con abilità con-
sumata, ci richiama in mente la valle dell’Arno con
una vista di Prato annidata tra i monti.

Sul rovescio della tavola scorgiamo un’iscrizione,
in caratteri indubbiamente della fine del Quattrocento
o dei primi del Cinquecento, che serve non solo per
 
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