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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 4.1901

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Fasc. 4
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24146#0339

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MISCELLANEA

Il porta-fuoco non è omogeneo. È composto di tre
parti distinte e messe insieme assai mediocremente. Al
centro un’aquila che tiene tra gli artigli un drago, in
alto una colombina, nel basso una specie di scatola.

L’aquila col drago è l’emblema della Parte Guelfa,
comitato istituito nel 1267 per la ripartizione dei beni
confiscati ai Ghibellini, ma che divenne presto una
istituzione politica potente con lo scopo precipuo di
difendere il popolo contro i tentativi dei Ghibellini.

L’aquila, il drago, le volute sono in argento; erano
smaltate secondo i colori della Parte, l’aquila in rosso,
il drago e le volute in verde ; ma gli smalti sono ora
scomparsi quasi del tutto.

Il lavoro del metallo è accuratissimo ; le penne
dell’aquila e le squame del drago sono fortemente se-
gnate con ogni minuzia; gli anelli di
congiunzione della decorazione sono ;
stati dorati di nuovo.

L’oggetto presenta le caratteristi- •
che dell’arte del Trecento: espressivo ; ’
e semplice è concepito nello stile fio-
rentino dell’epoca, che accoppia la b
forza all’eleganza. Suppongo dovesse ; Li
servire un tempo a sormontare l’asta
d’un vessillo della Parte che aveva I
il palazzo nella parrocchia di San
Biagio.

La colombina è più antica dell’a-
quila: è trattata in modo più sommario : Ai
e con minore sentimento di arte.

La scatola in basso è di rame do- : jp
rato, più moderna dell’aquila ed è de-
stinata a racchiudere il fuoco sacro.

Tale è il porta-fuoco.

Non ho potuto sapere in che epoca ; fs,
siano stati riuniti i tre pezzi che lo
compongono nè in quali circostanze
un emblema politico sia stato conver-
tito in un pezzo d’oreficeria religiosa;
ma certo non è il caso che ha ope-
rato questa riunione. La Parte volle
senza dubbio affermarsi e associarsi
a un atto al tempo stesso pio e pa-
triottico.

È possibile che l’impresa di Pazzino
de’ Pazzi sia stata il punto di partenza
di una ambizione mantenutasi a Fi-
renze di possedere il Santo Sepolcro,
e noi abbiamo due prove di questo
desiderio.

Sembra che esso germogliasse nella
mente di Giovanni Rucellai. Questo
opulento e generoso fiorentino aveva
nel 1448 commessa al suo architetto
e amico Leon Battista Alberti e pa-
gata del suo la facciata della basilica

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di Santa Maria Novella; nel 1467 egli fece armare
due navi, forse allo scopo di conquistare il Santo Se-
polcro. L’impresa fallì ed il Rucellai si dovette con-
tentare di far prendere le misure della tomba. L’Alberti
rispettò le misure, ma costruì nella cappella del palazzo
Rucellai un sepolcro nello stile del tempo suo.

Durante il regno del duca Ferdinando I verso il 1604
si trovava di passaggio a Firenze l’emiro Fakhr-Eddyn,
principe dei Drusi e nemico accanito degli ottomani :
questi persuase il granduca di dedicare al Santo Se-
polcro, ch’egli sarebbe stato al caso di portar via da
Gerusalemme, la cappella della chiesa di San Lorenzo,
in progetto dal 1581 e che è conosciuta sotto il nome
di cappella dei Principi. Ma l’emiro era, con grande
probabilità, soltanto un impostore, perchè il tentativo

Firenze. Il porta-fuoco del Sabato Santo (Fotografia Alinari)

L'Arte. IV, 37.
 
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