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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 4.1901

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Fasc. 5
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Colasanti, Arduino: l' Esposizione internazionale d'arte in Venezia, [2]: la scultura
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https://doi.org/10.11588/diglit.24146#0388

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334

ARDUINO COL ASAN TI

Delle due fanciulle Complicanti che si appoggiano alla balaustra, una esprime un senti-
mento di tacito e mite raccoglimento, l’altra è accesa da una esaltazione quasi morbosa. La
prima prega, e il fervore della preghiera illumina il suo volto chinato e trapela dalle mani
strettamente congiunte, con le dita intrecciate; la seconda non prega più, i suoi occhi sono
socchiusi, la sua faccia irrigidita si leva, le narici sono dilatate, le labbra nervosamente
scostate, il desiderio della grazia è in lei diventato spasimo, tutta l’anima sua si tende verso il
cielo come un arco, ella è inebetita, angosciata nella suprema aspettazione del divino portento.

Quali difficoltà tecniche abbia dovuto superare lo scultore per eseguire quella maschera
può dire solo chi ha la lunga familiarità dell’arte ; e pure lo scalpello del Canonica che, più
lieve di un soffio, si è indugiato a rendere i menomi particolari e tutti i rapporti della luce
sul marmo e dei diversi piani fra loro, non oltrepassa mai la finezza per giungere alla
minuzia.

* * *

Paolo Troubetzkoy è lo scultore del movimento, e nelle sue opere, che rispecchiano la
vita così come palpita e come freme intorno a noi è una tale bravura nel cogliere i tratti
essenziali delle creature umane e dei bruti, che lo scultore lombardo deve considerarsi sen-
z’altro come il più geniale degl’impressionisti italiani.

Ingegno eminentemente pittorico, il Troubetzkoy mostra di sdegnare il particolare o,
meglio, non lo cura che in quanto può giovare a quell’effetto che l’artista vuol produrre,
e nel suo Leone Tolstoi a cavallo, nell’Esquimese con cani e renna — temi preferiti che
apparvero anche nell’Esposizione del 1899 —■ nella statuina di Ragazza — di una evidenza
e di una grazia a cui certo conferisce la chiara patinatura del metallo — come nel suo Ca-
vallo con puledro, sono notevoli pregi di composizione e di stile.

A proposito del Troubetzkoy si potrebbe domandare se non è un fenomeno di decadenza
quello di un’arte che si sforza di semplificare la natura e vuol riprodurre di un individuo
solo quei tratti che servono meglio a delinearne il carattere, trascurando il resto- Noto che,
a mio modo di vedere, anche questo è consentito all’artista, purché egli non guasti per ciò
la sua concezione fantastica e non alteri il valore e il significato dell’opera sua. Che infatti
un pittore o uno scultore ricorra a speciali procedimenti per dare più contorno, più forza,
più via espressione alla sua idea non è cosa di cui alcuno possa meravigliarsi. Il principale di
questi processi è quello della semplificazione, perchè, sia che si tratti del mondo esteriore,
sia che si tratti dell’ anima umana, la natura è sempre sovrabbondante. Allora l’artista si
tiene all’essenziale, egli scarta gli accessori inutili, ripulisce, semplifica, e dal vero, così inter-
pretato, balena la nota personale che costituisce il carattere di ciascuno.

Per le considerazioni esposte non posso approvare il Sogno del Bistolfi, modello del
ricordo funebre eretto a Erminia Cairati nel Cimitero monumentale di Milano.

Ardua mèta, quella che si è prefissa da tempo il Bistolfi, e degna veramente di un vasto
intelletto di artista, qual’è il suo ! Questo è certo il fine, il sogno dell’arte-contemporanea, questo
sarà l’ufficio dell’arte dell’avvenire: esprimere l’idea in tutta la sua determinatezza, rendere
il sentimento in tutta la sua idealità. Ma è possibile giungere a ciò prescindendo assoluta-
mente dalla forma, e specialmente nella scultura, arte soprattutto di forma? E il Sogno del
Bistolfi non è che una maschera che si vede a pena fra un grande avvolgimento di veli e
di fiori, qualche cosa di evanescente e di troppo indeciso che sfugge ad ogni comprensione.
Bene lo scultore avrebbe potuto esprimere quel concetto senza venir meno alle supreme
ragioni dell’arte sua, spingendosi in una parte qualunque del corpo femminile in una ricerca
un po’profonda o, almeno, facendo sì che la struttura di quel corpo s’indovinasse sotto le
bende svolazzanti e sotto i fiori che lo nascondono.

Bene inteso, negando la facoltà espressiva al Sogno non la si nega al Bistolfi, che è
carattere sdegnoso del volgare e che nei suoi lavori ci offre l’espressione tipica di un bisogno,
sia pure vizioso, della immaginativa odierna.
 
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