Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 4.1901

DOI Heft:
Fasc. 5
DOI Artikel:
Miscellanea
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.24146#0404

DWork-Logo
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
350

MISCELLANEA

leschi aveva bensì fino dal 1418 gettato le fondamenta
dell’Ospedale degl’ Innocenti (ben poco progredito nel
1423) e iniziato appena nel 1421 la Sagrestia Vecchia
di San Lorenzo, per le quali opere (non tenendo conto
per la nostra questione dei lavori che andava allora
facendo intorno alla cupola di Santa Maria del Fiore)
gli si era dato finora il vanto di avere iniziato la riforma
dell’architettura, vanto che ebbe la conferma da tutte
le opere sue posteriori. Ma quelle due prime sue opere
erano ancora, nei loro inizi, lungi dal dare idea precisa
di quel che sarebbero state nel loro compimento. E,
ad ogni modo, per il carattere loro, benché la costru-
zione delle finestre fosse nella Sagrestia Vecchia poste-
riore di qualche anno al 1423 e nell’Ospedale degli
Innocenti posteriore anche alla morte del sommo ar-
chitetto, ma probabilmente conforme al suo disegno,
sono pure ben lungi da quel maggior carattere evolutivo
che è evidente nel tabernacolo d’Or San Michele, ed
anche da quello che l’architettura venne manifestando
in altre opere edificate o scolpite nel periodo di tempo
alquanto posteriore al 1423, non che dal Michelozzi
e da Luca della Robbia, dallo stesso Brunelleschi. Al
quale non più che a Donatello, se questi avesse scol-
pito quel tabernacolo classico nel 1423, potrebbe ora
darsi il vanto di essere stato l’iniziatore della riforma
dell’architettura nella prima metà del secolo xv.

Nè erano da preterirsi nell’insorta divergenza i se-
guenti fatti acquisiti, ben può dirsi oramai, alla storia
dell’arte.

In tutte le opere architettoniche che posteriormente
a quell’anno Donatello ebbe a scolpire da solo, senza
cioè la collaborazione del Michelozzi, non fece uso
mai di uno stile classico altrettanto puro quanto ci
appare nel tabernacolo d’Or San Michele; chè anzi
vi rivelò sempre l’impronta geniale sua caratteristica,
schiva d’ogni freno e ritrosa da ogni servilità, fanta-
stica sempre e anche non di rado licenziosa. E sa-
rebbe veramente strano che in un periodo di tempo
in cui l’architettura venne ogni dì più emancipandosi
dall’ influsso delle forme tradizionali dello stile così
detto gotico, dalla bassa romanità risalendo all’anti-
chità greco-romana, Donatello si fosse dipartito dal
farne uso, dopo averne dato il primo e già così ca-
ratteristico esempio, lasciando che gli altri perfezio-
nassero la riforma da esso iniziata. Questo non è, per
solito, nel carattere evolutivo di un artefice; se pur
non si voglia fare un’eccezione per quel singolare in-
gegno fantasioso e indipendente. Rimarrebbe peraltro
sempre inesplicabile come egli, essendosi negli altri
tabernacoli, di poco anteriori, che fece per Or San
Michele, attenuto strettamente alle tradizioni, tuttora
in pieno vigore, dell’arte gotica, che lasciava la fan-
tasia libera di esplicarsi come si addiceva al suo ge-
niale talentò, a un tratto se ne svincolasse a quel
segno nel tabernacolo classico, per non più continuare
poi nella bene impresa via, iniziatore inconsciente.

Nelle opere invece che egli, dopo il 1423, ebbe a
scolpire insieme col Michelozzi, quali, ad esempio, i
monumenti sepolcrali di papa Giovanni XXIII e del
cardinale Brancacci e il pergamo di Prato,1 nelle quali
opere alle forme classiche, ancora un po’ incerte, ma
di evidente derivazione, si sposano tuttavia, più o
meno, alcuni elementi gotici di larga sì, non di ser-
vile imitazione, si era creduto finora che le prime
tenessero alla cooperazione del Michelozzi, architetto
più che scultore, e le seconde a Donatello, che, pre-
cipuamente scultore, col suo squisito sentimento ar-
tistico guardava, più che ad altro, all’effetto estetico
del tutto insieme monumentale. E tale giudizio aveva
la sua conferma in un criterio di confronto con le
altre opere del Michelozzi, tutte nello stile classico,
quale si venne di mano in mano svolgendo o, se
meglio piaccia, perfezionando nelle sue forme.

E appunto dalla rassomiglianza di alcuni caratteri
stilistici del tabernacolo con quelli delle altre opere del
Michelozzi era indotto lo Schmarsow a riconoscervi
la mano di lui in collaborazione con Donatello, come
ravvisava molto giustamente in talune parti decora-
tive, quali i putti volanti che nella base reggono la
corona, e le testine tra i festoni del fregio, non il fare
di Donatello, ma della sua scuola ; e bene anche si
apponeva nell’attribuire al Verrocchio V ornativa del
sostegno (il doppio ordine delle mensoline), che fu
l’ultimo ad eseguirsi nel tabernacolo, com’ è lecito
indurre da un fatto evidente, del quale dirò poi, ed è
confermato da una notizia, che ci viene data da uno
dei documenti pubblicati dal De Fabriczy.

A queste varie attribuzioni dello Schmarsow male
presunse di contraddire il Franceschini, non confutan-
dole con ragioni d’arte, ma con la solita disinvoltura
riportandole, non senza una punta d’ironia, come er-
ronee, in una semplice brevissima nota:2 3 metodo
spiccio, anche troppo, ma inconcludente.

Dal giudizio induttivo del Franceschini circa all'au-
tore e al tempo, in cui fu scolpito il tabernacolo clas-
sico d’Or San Michele, si difformava, bene a ragione,
il Reymond, che accoglieva invece con savio discer-
nimento l’opinione dello Schmarsow, creduta nel 1894
probabile, per le ragioni stilistiche invocate, anche
dall’egregio De Fabriczy.5 II quale ora, in virtù dei
documenti pubblicati, è di parere che tutto il taber-
nacolo sia opera di Donatello, poiché non si abbia
notizia che questi, prima del 1425, già si fosse asso-
ciato nell’arte il Michelozzi. A tale conclusione, io non
saprei adattarmi ora, dopo aver letto quei documenti,
come non seppi per l’innanzi a quanto dal loro conte-
nuto aveva indotto il Franceschini ; e con me non potrà

1 Per le opere fatte insieme col Michelozzi cf. Schmarsow,
Donatello, Breslau, 1886, IV e V, e Reymond, La sculpture fioren-
tine: Donatello e Michelozzo, voi. II,

2 Op. cit.

3 Archivio storico dell’Arte, 1894, pag. 225.
 
Annotationen