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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 4.1901

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[Appendice]: Arte decorativa
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Tesorone, Giovanni: La porcellana di Napoli e la collezione Charlesworth
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https://doi.org/10.11588/diglit.24146#0505

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ARTE DECORATIVA

La porcellana di Napoli e la collezione Charlesworth.

ER lusinghiero invito del mio amico Adolfo Venturi do anche ai let-
tori del IJArte qualche notizia intorno alla Collezione Charlesworth,
della quale ho parlato nell’Arte italiana industriale e decorativa, colle-
zione oltre ogni dire pregevole, sia per la copia e la varietà dei pezzi
che la compongono, sia per la molteplicità dei tipi tecnici che essa
contiene, sia, infine, per le rare qualità plastiche e la singolare pre-
stanza decorativa di non pochi oggetti, esemplari unici più che rari
della doviziosa produzione venuta fuori dalla estinta Manifattura
napoletana.

Non è chi ignori come questa fabbrica, fondata da Re Carlo III
di Borbone nel 1743, preceduta di nove anni dalla manifattura toscana del marchese Ginori
a Doccia e seguita da quella piemontese di Vinovo e da altre minori del Veneto, assorgesse
presto a tanta altezza da rivaleggiare con le maggiori fabbriche che erano allora in Europa,
fra le quali primeggiavano quella di Meissen in Sassonia e la francese di Sèvres.

La fabbrica imperiale di Vienna, quella del Gelz a Magonza, quella di Brunswich, di
Franckental, di Nynphenbourg, di Ludwisbourg, la inglese di Chelsea, quelle della Svizzera
e del Basso Reno, la fabbrica reale di Berlino, quelle della Turingia, della Danimarca, dei
Paesi Bassi e sino la fabbrica della lontana Russia, fondata a Pietroburgo dalla Regina
Elisabetta, affermarono, chi prima, chi contemporaneamente alla fabbrica napoletana, il gusto
ornamentale di quel tempo nelle sue delicate corrispondenze con la materia, allora quasi
preziosa, che esse adoperavano. Senonchè, mentre la miglior parte delle fabbriche europee,
oltre il ciclo d’imitazione orientale a tutte comune, non esclusa quella di Napoli, riprodus-
sero, ove più ove meno, il tipo sassone e quello di Sèvres, la fabbrica napoletana, pure non
disdegnando talvolta di attingere qualche ispirazione dalle due maggiori consorelle di Ger-
mania e di Francia, manifestò un carattere artistico tutto proprio locale, e affatto omogeneo
allo spirito delle più alte forme ornamentali ond’era vestita tutta l’arte napoletana del se-
colo xvm.

Vero è che nella nostra Reai Fabbrica conviene distinguere due principali periodi: il
primo che prende nome dal fondatore Carlo III e da Capodimonte (il posto regale ove la
fabbrica fu eretta) e il secondo, detto dal figliuolo di Carlo, Ferdinando IV, che fe’ risorgere
la Manifattura, prima a Portici, indi a Napoli, accosto alla Reggia, dopo che il padre nel 1759
ebbe distrutta quella da lui medesimo fondata per farla rigermogliare al Buen Retiro allorché
lasciò Napoli ed assunse la corona di Spagna. F bensì vero che a questi due periodi, ai quali
corrispondono differenze tecniche cotanto sensibili quanto quelle che corrono dalla pasta
tenera alla pasta dura e persino due diversi tipi di marche, corrispondono pure espressioni
artistiche abbastanza dissimili, ma è vero altresì che questa duplice manifestazione decorativa

L'Arte - Appendice - 3.
 
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