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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 8.1905

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Fasc. 5
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https://doi.org/10.11588/diglit.24150#0447

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BIBLIOGRAFIA

vista del noto quadro del Vaticano, Sisto IV che ri-
ceve il bibliotecario Platina, e da renderci inclinati
quindi a presentire la mano dello stesso impareggia-
bile Melozzo da Forlì nel ritrattino di che si ragiona.
E da questo nostro pensiero se ne sprigiona un altro,
ossia l’impressione, che il Pinturicchio trovandosi a
Roma sia stato influenzato dall’artista forlivese, da poi
che anche nelle sue figure, massime nei ritratti, quali
si vedono, per es., nei freschi della Sistina ed in una
caratteristica figura di giovinetto della Galleria di
Dresda, ci sia da avvertire un simile modo di presen-
tare i suoi modelli. Ove si tenga conto poi delle re-
lazioni corse fra Melozzo e il duca Federigo, padre
del giovinetto, l’attribuzione suggerita non avrebbe
ad essere condannata, ma potrebbe invece ottenere
conferma, massime ove al quadro toccasse la fortuna
di un coscienzioso ripristino, più facile a conseguirsi,
di certo, di quello della grande tela di Paris Bordone.

Con soddisfazione constatiamo, infine, che quanto
all’autore si dichiararono della nostra, indipendente-
mente l’uno dall’altro, il Morelli e il Venturi.

Interessanti le citazioni di Madame Mark Pattisson
— biografa di Claudio da Lorena — rispetto ai due
suoi magnifici paesaggi della Galleria Doria, da cui
risulterebbe anteposto a quello celebrato sotto il nome
del Molino quello che gli fa riscontro, v. a. d. il Sa-
crificio ad Apollo nell’isola di Deio:

« Ce tableau est peut ótre le plus beau paysage de
Claude, d’une tenue et d’une sobriété extrèmes, d’une
facture large et simple et d’un ton excessivement fin
et argentò. Une lumière tnagique se répand partout;
rien ne manque au charme délicat du fond; la contrée
enchanteresse qui fuit vers le couchant revèle, aux
derniers rayons du jour, tout un monde de détails
charmants, et se perd au loin, en se noyant avec les
eaux de la rivière qui la traverse, dans Fintini de
l’Ocèan. Le grand bouquet d’arbres qui se détache
au centre sert a opposer les ombres les plus intenses
a la lumière également portée a son maximum. C’est
un de ces contrastes que la peintre affectionnait à
l’apogée de son talent».1

Della fortuna toccata al principe Doria con la sco-
perta di un Rembrandt, sotto le mentite spoglie di
Michel Angelo da Caravaggio, è reso conto nel debito
luogo, con riferimento alla notizia comunicata dal no-
stro periodico. 2 Vi è pure la riproduzione del quadro
stesso, rappresentante una mezza figura di un pastore,
ricavata da una fotografia che fa parte dell’ illustra-
zione della galleria, eseguita da Dom. Anderson.

Riceve conferma la rivendicazione a Tiziano, per
parte del Morelli, della formosissima Erodiade, già
tenuta per un Pordenone, ma si farebbe torto al no-
stro def. critico se gli si volesse attribuire l’opinione,

1 Vedi M. Pattison, Claude Lorrain, sa vie et ses ceuvres.
Librairie de l’Alt, Paris, 1884, pag. 51.

2 Vedi L'Arte, a. 1902, pag. 397.

che il quadro sia stato eseguito fra il 1540 e il '50,
come accennano i nostri autori, i quali del resto
mostrano di non crederci, avvertendo da ultimo che
la bella Salome s’accorda con le Tre età della Gal-
leria Bridgewater di Londra, appartenente notoria-
mente ad età molto più fresca del maestro.

Il ritratto d’Innocenzo X, del Velasquez, ben me-
ritava una speciale considerazione. Fra i passi che vi
si riferiscono ci piace tradurre quello tolto dall’opera
dello scrittore il più competente in materia, il pro-
fessor Justi :

« Pochi ritratti, dicasi pure pochi quadri, seppero
così rapidamente conquistare l’ammirazione. Da co-
desto viso brutto gli occhi celesti dardeggiano uno
sguardo più smagliante che la porpora più lucente e
l’oro il più fulgente. Il ritratto è quasi una improv-
visazione. Mentre il Velasquez il più delle volte aveva
per modelli dei cortigiani che faceva posare a suo
piacimento, egli non poteva vedere il papa se non da
lungi o durante una breve udienza ; lo studio delle
sue fattezze quindi veniva necessariamente fatto nel
lasso dei brevi minuti nei quali gli era concesso fer-
mare il papa presso il suo cavalletto. Ciò spiega le
esitazioni, i solecismi della tecnica. Vi si possono con-
statare le lotte sostenute contro le difficoltà ottiche,
negl’impasti, nelle velature, il colletto di trine uscente
da un rocchetto dello stesso colore, i pentimenti nelle
mani, lo schizzo primitivo delle quali traspare tuttora...
Gli è forse a siffatta esecuzione che il ritratto deve la
sua efficacia potente: porge l’incanto delle creazioni
immediate ; è la concentrazione massima di tutte le
forze dell’osservazione, effettuata nello spazio di al-
cune ore

Dalla effigie del papa passando a quelle unite dei
giureconsulti Navagero e Beazzano, troviamo i nostri
autori trascinati dalla corrente dello scetticismo, pro-
nunciatosi contrario all’attribuzione a Raffaello. Sog-
getto che lo scrivente invero non saprebbe oltrepassare
senza schierarsi nuovamente dalla parte del Morelli,
il quale ne’ suoi studi critici intorno alla Galleria Doria
rivendica con calde parole d’ammirazione all’Urbinate
queste due effigie, come rivelanti la maniera de’ suoi
ultimi anni ; quelli, staremmo per dire che intercor-
rono fra l’origine del ritratto del Castiglione e il quadro
della Trasfigurazione.

Una pecca d’inconseguenza si avrebbe a rilevare
là dove viene riconosciuta per un verso l’attendibilità
del giudizio del Venturi rispetto ad una tavoletta rap-
presentante le tentazioni di Sant’Antonio, da ritenersi
senza alcun dubbio per opera di Bernardo Parentino,
mentre per le due corrispondenti, che stanno negli
appartamenti privati del principe, adottarono la deno-
minazione di scuola di Andrea Mantegna.

1 Vedi Carlo Justi, Diego Velasquez und sein Jahrhundert.
Verlag von M. Cohen und Soliti. Bonn, 1888, t. II, 184.
 
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