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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 1
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Toesca, Pietro: Cimelii bizantini: il calamaio di un calligrafo. Il cofanetto della Cattedrale di Anagni
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0073

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36

PIETRO TOESCA

Sono due trimetri giambici acatalettici : il secondo
celebra, in tal forma da far ritenere ch’esso acconi-

Fig. 2

Epigrafe del calamaio bizantino

pagni il dono di qualche ammiratore, la valentìa di
un Leone calligrafo mirabile; il primo acclama al va
setto che doveva servire di calamaio1 a Leone ed es-
sergli costante aiuto nell’arte.

* * *

Le sue figurazioni mitologiche potrebbero indurre
a credere che il calamaio sia lavoro degli ultimi tempi
dell’arte ellenistico-romana, ma un esame dello stile
rende dubbiosi della prima impressione e richiama alla
mente quelle cassettine eburnee, dette « italo-bizan-
tine », così ricche di simili imagini, delle quali a lungo
è stato discusso.se risalgano al iv o al v secolo, come
tardi prodotti dell’arte classica, o se non debbano es-
sere assegnate all’età bizantina e specialmente, negli
esemplari migliori, al secolo ix.2 Le relazioni fra queste
cassettine ed il calamaio del calligrafo Leone appaiono
chiare quando si osservi un cofanetto conservato nella
Cattedrale di Anagni, identico per istruttura alle cas-
sette di avorio, ma per fattura, essendo anch’esso la-
vorato in lamine d’argento, più prossimo al calamaio.

Il cofanetto, gemma dello splendido Tesoro della

1 II termine : Soj^eìov indica appunto il recipiente per l’in-
chiostro, donde [As'Xa'/So^sìov : il calamaio dell’inchiostro nero
(cfr. Montfaucon, Palaeograpliia graeca, Parigi, 1708, pag. 21 ;
Wattenbach, Das Schriftwesen ìm Miitelalter, Leipzig, 1896, pa-
gina 242).

2 La prima opinione è stata sostenuta da A. Venturi (Un co-
fano civile bizantino in Le Gallerie nazionali italiane, III, pag. 261
e seg., Roma, 1902; Storia dell1 arte italiana, I, 516 e seg. Cfr. anche
E. Mauceri, Cofanetto bizantino della Cappella Palatina di Pa-
lermo lue : L’Arte, 1902, pagi 45) ; della seconda, professata da
R. v. Schneider e dal Moliuier, è il più valido propugnatore Hans
Graeven in una bella serie di studi (cfr. specialmente: Piu Reli-
quienk'dtschen aus Pirano in fahrbuch d. Kunsthist. Sanimi, d. a.
Kaiserhailses, 1899, XX pag. 5 e seg., dove trovasi riassunta tutta
la questione e pubblicato un.ricco elenco di cassettine d’avorio).
Il Millet (L’Art byzantin in Histoire de V Art publièe sous [a direct,
de A. Michel, I, 268) propende ad assegnare i cofanetti al periodo
iconoclastico.

Cattedrale di Anagni, ha un coperchio a piramide
tronca, come alcune delle cassettine eburnee, ed è
esso pure rivestito di lastrelle figurate, divise da fasce
di ornati. Le lastrelle sembrano lavorate a sbalzo, ma
un esame diligente fa sospettare che le imagini siano
state formate non a mano libera bensì per mezzo di
stampi sui quali la foglia sottile di argento venne mo-
dellata a colpi di martello:1 i profili non hanno di-
fatti la precisione propria di un vero lavoro di sbal-
zatura.

Nel suo stato attuale il cofano reca le tracce di
molte traversie:2 alcune lastrelle andarono perdute in
vario tempo ed il vano da esse lasciato fu ricopeito
con pezzi di stoffe di varia epoca, alcune parti poi non
appartengono di certo alla primitiva composizione.

Il coperchio è abbastanza bene conservato. Nella
sua faccia superiore (fìg. 5) restano ancora due ri-
quadri: nell’uno è raffigurato ignudo, con enorme
musculatura, .Eracles recante sull’ omero la clava e
la pelle del leone;3 nell’altro è una figura avvolta in
veli, in atto frenetico di danza.4 5 La fattura Ae\YEra-
cles ricorda benissimo, coi rapidi accenni delle forme,
la maniera « illusionistica » dell’arte classica nel suo
ultimo periodo; ma la figura danzante è assai più in-
certa e debole nella plastica: l’orafo adoperò due stampi
differenti fra di loro non soltanto per istato di conser-
vazione, ma anche per istile.

Come nelle cassettine di avorio, gli ornati che in-
quadrano le lastrelle figurate furono ritagliati da strisce,
anch’esse ricavate da uno stampo, che l’artista doveva
possedere già preparate in antecedenza per simile uso :3
essi qui non sono stellati e geometrici quali nei cofani
di avorio, ma hanno forme vegetali, alcuni quasi a
foglie di lauro con grappoli di bacche, altri a palmette
con foglie rigonfie e con acini.

La maniglia, nel mezzo del coperchio, formata da
due draghi, niellati sulle ali e lavorati a zigrino ed a
squame, che attorcigliano fra loro le code, stringen-
dosi la testa con le branche, mi sembra sia un’aggiunta
e possa essere attribuita alla oreficeria gotica del se-
colo xiii o del xiv.

La faccia anteriore del coperchio (fig. 3) non reca
più che due lastrelle figurate, separate da ornati a

1 II trattato di Teofilo (Diversarum arturniSchedala mostra che
durante il medioevo furono, usati ambedue i sistemi di lavorazione
del metallo e descrive minutamente l’opera a stampo (cfr.: u de opere
quod sigillis imprimitur „ ).

2 Non sappiamo come il cofanetto sia pervenuto al Tesoro della
Cattedrale; esso non è menzionato negli antichi inventari: cfr. Bar-
bier de Montault, Trèsor d’une cathédrale in Annates Archèol.,
1858, xvm, pag. 18 e> segg.

i Le rappresentazioni di Eracles e delle sue fatiche sono co-
munissime anche nelle cassettine eburnee, cfr. L’Arte, I, 212,
e V, 45-

4 Cfr. le figurine in simile atto di danza nei lati minori del co-
fanetto di Cividale: A. Venturi, Un cofano civile bizantino, op. cit

5 A. Venturi, Un cofano civile bizantino, loc. cit., pag. 262
 
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