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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 3
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0275

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BIBLIOGRAFIA

RECENSIONI.

A. De Vesme: Le Peintre-Gràveur Italien.
Milano, Hoepli, 1906.

Il Bartsch tracciava così il programma del suo
Peintre-graveur che si cominciava a pubblicare nel-
l’anno 1803 a Vienna: « Intimement persuadé qu’une
description systématique des estampes faites par les
peintres de toutes les écoles, depuis l’origine de l’art
de la gravure jusqu’à nos jours, ne peut ètre l’entre-
prise d’un seul individu, nous avons cru rendre nos
efforts plus utiles, en les employant à publier succes-
sivement des descriptions des oeuvres des différents
peintres, ne nous assujetissant ni à école, ni à chro-
nologie, mais ayant seulement polir règie de choisir
les artistes dont les estampes sont principalement re-
cherchées, et dont on n’a pas encore de catalogues... »
(voi. I, pag. v-vi). È facile da ciò capire come il suo
catalogo dovesse riuscire disuguale, disordinato e
(traendo profitto dalle sole collezioni di Parigi e di
Vienna) molto ristretto.

Eppure quel catalogo è tuttora fondamentale, E gli
altri cui, con le sue mende, ha dato origine, se ne
considerano seguiti e supplementi.

Pochi anni dopo la comparsa dell’ultimo volume
del Bartsch si aveva già, per opera del Dusmenil, le
peintre-graveur frangais (1835-1871); e, mentre questo
era ancora in corso di pubblicazione, il Weigel man-
dava fuori i suoi Snppléments au peintre-graveur de
A. Bartsch (Lipsia, 1843), contando già, solo di scuola
tedesca, seicento maestri più del Bartsch.

Il Weigel consigliava che ogni nazione, seguendo
l’esempio del Dusmenil, si fornisse del suo peintre-
graveur. Ed ecco, come ha voluto la necessità, più
che il Weigel, il Peintre-graveur italiano che fa se-
guito al Bartsch. Esso si apre con Michelangiolo da
Caravaggio (1569-1609) e si chiude con Carlo Antonio
Porporati (1741-1816), comprendendo in circa due se-
coli sessantuno artisti, dei quali la maggior parte poco
ci sono noti e i noti (Stefano Della Bella, i Tiepolo,
il Canaletto, ecc.) ci si presentano come se tali non
fossero, quasi completamente a nuovo. Non tutti, a

dir vero, sono peinlres-graveurs nel senso proprio della
parola. Bonaventura Risi ha una sola stampa tratta
dal Vasari (pag. 334), Federico Guazzo due dai Ca-
iacci (pag. 346), Francesco Bruni una dal Domeni-
chini e un’altra dal Reni (pag. 348), Antonio Maria
Lunghi due dal Pasinelli e dal Cavazzoni-Zanotti (pa-
gina 368) e infine Carlo Antonio Porporati una bella
serie, pure da composizioni altrui (pag. 518). Ma chi
sarà malcontento di questo strappo alla rigidezza del
programma ?

L’opera di ciascun artista è divisa in due prime ca-
tegorie che distinguono l’opera certa dalla dubbia o
falsa, e ognuna di queste si suddivide, quand’è con-
veniente, per soggetti. Precedono ogni catalogo in-
dividuale alcuni cenni bibliografici, brevi ordinaria
mente, ma non di rado frutto di nuovi studi (e sotto
questo aspetto il lavoro del De Vesme è utile non
alla sola storia dell’incisione); lo chiudono una ta-
vola riassuntiva.

Una metà del volume è consacrata alla singolare
operosità di Stefano Della Bella (pag, 332). La sua
copiosissima produzione (l’A. enumera 1158 stampe
certe) non aveva permesso finora che dei saggi di un
catalogo. Tali sono da considerarsi il primo del Bal-
dinucci, quello un po’ migliore del Florent-le Comte,
e l’altro, pieno di false attribuzioni, dello Iombert.
Molto superiore a questi sarebbe riuscito il catalogo
del Manette, dell’appassionato raccoglitore dell’inci-
sore toscano, ma esso restò in gran parte inedito.

Grazie al De Vesme oggi possiamo dire d’avere il
catalogo definitivo.

A difetto del bel volume si potrebbe notare la man-
canza di una tavola finale dei monogrammi, molto
utile per il ricercatore, e la mancanza completa d’il-
lustrazioni che avrebbero potuto dare un’idea di alcuni
artisti difficilmente conoscibili, mancanze che pure non
sono nel Bartsch.

Per giustificarsi di questi distacchi dal suo prede-
cessore e per collocare la sua importante opera nella
bibliografia della storia dell’ incisione avrebbe fatto
bene il De Vesme a scrivere due righe di prefazione
 
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