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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 1
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Toesca, Pietro: Cimelii bizantini: il calamaio di un calligrafo. Il cofanetto della Cattedrale di Anagni
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0078

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40

PIETRO TOESCA

opposto delle volute, ivi si veggono gli stessi boccioli
gonfi di semi, le medesime frastagliature (fig. 6). Que-
st’ornato (ottenuto certamente sopra stampo) contrasta
per la sua finezza con la figura di San Gregorio iavorata
a mano libera nella parte centrale della copertina, opera
grossolana di un artista romanico, eseguita — come
provano anche le forme dell’epigrafe incisa nel fondo —
sul principio del secolo xm, la quale a noi giova per
istabilire in qual tempo le botteghe degli orafi fos-
sero fornite, probabilmente da un centro comune di
produzione, delle strisce ornamentali usate nel cofa-
netto di Anagni. Anche al secolo xm risale la coper-
tina di un evangeliario di S. Aure1 ove riappare negli
ornati un simile partito di grossi fogliami rigonfi di
seme.

Queste forme vegetali mi sembra non apparten-
gano alla pura arte bizantina, in cui l’ornamentazione
fogliacea, quale vedesi nelle miniature e nelle pitture,
si svolge attraverso successive complicazioni dell’an-
tica palmetta di foglie di acanto. 2 Forse è da ricono-
scere, specialmente nei calici colmi di acini, una deri-
vazione dell’arte occidentale del secolo decimoterzo, 3
anche confermata dal carattere romanico della coper-
tina del codice di Zara, e ciò potrebbe condurre a de-
terminare il luogo di fabbricazione del cofanetto di
Anagni in una regione intermedia fra il Levante e
l'Occidente se la storia dell’ornamentazione fosse ben
definita e se tali liste di ornati non avessero potuto
diffondersi facilmente e servire ad artefici lontani dal
luogo di loro produzione.

Ad ogni modo, troviamo negli ornati un argomento
pèr attribuire al secolo xm il cofano di Anagni non
contraddicendo a questa datazione nemmeno l’età delle
stoffe che ricoprono i vani del rivestimento argenteo,
le più antiche delle quali risalgono appunto a quel
secolo.4

La bottega di orafo dalla quale uscì il prezioso ci-
melio doveva essere fornita di una serie di modelli,
gettati forse in ferro 3 o in bronzo perchè resistessero
al martello che sopra vi modellava il metallo, tratti
da opere dell’ultimo periodo ellenistico: sebbene in
diverso stato di conservazione ed anche di diverso
stile, l’artefice li adoperava promiscuamente nella de-

1 Cfr. H. Martin, Quelques rehures d'art in Les Arts, 1903, 22,
Un motivo abbastanza simile lo si ritrova anche in un altro mo-
numento del xm secolo, nel reliquiario della vera croce in Treviri
(cfr. L. Palustre et Barbier de Montault, Le Trèsor de Trèves,
tav. XX-XXIII).

2 Cfr. A. Riegl, Stilfragen, Berlin, Ì893, pag. 327.

3 li motivo ornamentale delle foglie gravide di semi è predi-
letto dell’arte gotica: cfr. la decorazione delle volute dei capitelli
gotici e, per la pittura, vedi Martin et Cahier, Vitraux peints
de la Cathèdrale de Bourges, tav. 15.

4 Mi è doveroso notare che anche il Barbier de Montault ( Ve-
temènts ecclèsiastiques in Annales Archi ol., 1857, xvn, pag. 354)
assegnò il cofanetto al xm secolo, senza tuttavia recare argomenti
per tale opinione.

5 Cfr. Teofilo, Schedala, loc. cit.

comzione di una medesima opera sì da unire parti
assai prossime all’originale antico con altre in cui
questo è deformato di molto. La somiglianza fra la
lastrella argentea rappresentante un giovane che reca
un tributo e la decorazione e lo stile delle cassette
eburnee «italo-bizantine» lascia supporre sì per i
cofanetti d’avorio, ove il lavoro diretto alterava mag-
giormente i modelli antichi, che per il cofanetto di
Anagni, opera quasi di riproduzione meccanica, un
medesimo luogo di origine. Che questo sia da collo-
care in Oriente è già in parte dimostrato per le cas-
settine di avorio nelle quali si trova riprodotto il
colosso di Ercole che stette nell’Ippodromo di Co-
stantinopoli sino al principio del xm secolo : 1 ora un
nuovo argomento a provare l’origine orientale e la da-
tazione dei cofanetti sostenuta da LI. Graeven e da
A. Furtwaengler è arrecato anche dal prezioso cala-
maio di Padova che ha sì evidenti relazioni colla cas-
settina argentea di Anagni e proviene certamente dal-
l’Oriente 2 e dall’arte bizantina.

* * *•

Nelle figurazioni mitologiche del calamaio del cal-
ligrafo Leone i caratteri stilistici bizantini sono più
accentuati che nelle migliori parti del cofano di Ana-
gni. Si confrontino l’Ares raffigurato nel calamaio e
l’Eracles impresso sul coperchio del cofanetto: questo
esprime bene, nell’incertezza e nello sfuggire del mo-
dellato, le tendenze pittoriche dell’ultimo periodo elle-
nistico, quello è invece di un’esecuzione più precisa
ma più stentata e rivela lo stesso sforzo d’imitazione
che si vede anche nei rilievi delle cassettine « italo-bi-
zantine», incisi con durezza, senza spirito, di un fare
aggrovigliato e tondeggiante ch’è in pieno contrasto
con gli avori appartenenti veramente agli ultimi tempi
dell’arte ellenistico-romana.

Di tali avori il Museo Vaticano ne possiede una
ricca serie, 5 tutti di fattura rapida, intesa a segnare
con larghezza le masse, le luci e le ombre, e bene si
può vederlo in uno, dei più grossolani e dei più tardi,
figurato di genietti ignudi (fig. i), affatto diversa

1 H. Graeven, Mittelalt. Nachbildungen d. Lysippischen Hera-
kleskolosses in Bonner Jahrbucher, 1902, 252 e seg. ; A. Furtwaen-
gler, Der Herakles des Lysipp in Kpi. in Sitzungsberichte d. phil.-
philol. und d. hist. Cl. d. K. bayer. Akad. d. IV., 1902, IV, 485
e seg.). Anche il Furtwangler ritiene che lo stile delle cassettine
« italo-bizantine » sia diverso da quello del iv e del v secolo.

2 F. Scipione de’ Dondi, vescovo di Padova, afferma (Giornale
dell' italiana letteratura, Padova 1808, t. XXIII, pag. 3), probabil-
mente su notizie sicure, che il vasetto fu dato alla cattedrale da
Pietro Donati il quale tenne l’episcopato della città dal 1428 al 1445
dopo essere stato arcivescovo di Creta (1418-1424). Il Donati fu
ardente umanista, ed è verosimile che durante il suo soggiorno in
Levante egli raccogliesse questa ed altre opere d’arte : Vespasiano
da Bisticci {Vite di uomini, illustri, Firenze, 1859, pag. 195-197) ci
parla dei « molti adenti • che il vescovo teneva carissimi e che lo
condussero a mala morte.

3 Cfr. R. Kanzler, Gli avori dei Musei Vaticani, Roma, 1902.
 
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