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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 1
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Miscellanea
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52

MISCELLANEA

lito che sorprende chi ha dimestichezza colle forme
dell’arte medievale romana. C’è qualcosa d’insolito,
di più vivo, qualcosa di giovane, che non si spiega
solamente coll’essere le pitture state dipinte nel se-
condo decennio del secolo decimoquinto. In queste
figure si manifesta un’influenza di qualcosa che il
maestro ha visto ed ammirato.

Il dott. Valentino Leonardi nel suo bello studio
sugli affreschi quattrocenteschi di Riofreddo 1 fa notare
quale grande impressione debba aver fatto tra gl’ im-
poveriti pittori romani la venuta di Masolino da Pa-
nicale, e giustamente scrive che « sul principio del
secolo decimoquinto, dire soltanto che un artista è
romano significa definirlo per metà». Dalla seconda
metà del secolo decimoquarto era cominciata l’inva-
sione di artefici d’altre terre italiane ed alle nuove e
vigorose energie che venivano di fuori dovettero pie-
garsi i maestri romani, ridotti quasi allo stremo du-
rante l’assenza dei papi da Roma.

Gli affreschi di questa cappella di Cori però ci di-
mostrano quanta vitalità fosse ancora in loro. Da un
lato il maestro che ha dipinto la volta e la parete di
fondo ci palesa come sulla fine del Trecento la pit-
tura indigena nella provincia romana fosse ridotta a
non sapere fare di meglio che ripetere le forme tra-
mandate, dall’altro il vigoroso pittore della zona in-
feriore, mentre conserva tutte le più belle qualità di
robustezza e d’equilibrio di forma, ereditate dalla tra-
dizione locale, si rinnova seguendo l’esempio dei grandi
artefici venuti di fuori. Egli è ben altra cosa del pit-
tore di Riofreddo, il quale non vive che di riflesso,
ed ha invece forza propria e proprie e magnifiche
caratteristiche e qualità. Come il maestro di Riofreddo,
anch’egli ha visto l’opera di Masolino. Varie caratte-
ristiche di stile, che si rivelano nel disegno di alcune
teste e specialmente in quella del Cristo risorto con
la Maddalena, ce lo dimostrano chiaramente. La forma
degli occhi, del naso, delle labbra; la disposizione
dei capelli, ricordano il maestro toscano e special-
mente nel tipo delle sue pitture di Castiglione d’Olona.
Si paragoni la testa del Cristo di Cori a quella del
Cristo battezzato e del Cristo che s’incontra con San
Giovanni Battista nel deserto. Ora questi affreschi del
Battistero di Castiglione sono del 1435 e quindi po-
steriori a quelli di Riofreddo di circa quindici anni.

Poiché a me sembra giustissima l’ipotesi del dottor
Leonardi che gli affreschi dovuti a Masolino nella cap-
pella di San Clemente debbano, per il raffronto con
quelli di Riofreddo, che sono del 1422, essere stati di-
pinti intorno a quel tempo, non mi pare troppo ardito
il supporre che il maestro della cappella dell'Annunziata
a Cori, che deve avere condotto i suoi affreschi tra

1 Valentino Leonardi, Affreschi dimenticati del tempo di Mai -
tino V, estratto dagli Atti del Congresso internazionale di scienze
storiche, Roma, 1903, tip. della R. Accademia dei Lincei, 1905,
pag. 18.

il 1446 ed 11 1453) durante il tempo che Giovanni Cer-
vantes fu vescovo di Ostia e Velletri, possa, dopo avere
ammirato le opere di Masolino a Roma, averlo seguito,
forse come aiuto, a Castiglione d’Olona.

Qualunque sia l’opinione che si voglia accettare
ed io do la mia per quel che vale, è certo interes-
sante il trovare a Riofreddo ed a Cori, a non grande
distanza di tempo, un piccolo ed un grande pittore,
romani tutti e due, che si sono fatti seguaci del grande
maestro di Panicale.

Federico Hkrmanin.

Una cappella distrutta nella Basilica di San-
t’Antonio in Padova —L’estinta famiglia de Lazara,
nota dal secolo decimo,1 possedeva una cappella se-
polcrale nella Basilica di Sant’Antonio in Padova, di
cui si ha una prima notizia nel testamento di quei
Nicolò che ebbe parte nella caduta dei Carraresi e
nella dedizione di Padova alla Veneta repubblica.2

Due memorie senza data nè firma, esistenti nell’an-
tico archivio de Lazara,3 ci apprendono che l’accen-
nata cappella, situata « ex opposito de la capellà de
misier Santo Antonio», venne clandestinamente di-
strutta nell’agosto di un anno imprecisato, il quale
però, secondo un’annotazione posteriore e d’altra
mano esistente a tergo della prima delle accennate
memorie, sarebbe il 1532; mentre dal secondo docu-
mento, che più innanzi trascrivo, 4 S si rileva che per
questo fatto la famiglia de Lazara volle iniziare una
lite, forse in seguito abbandonata.

Di tale avvenimento, quantunque non privo d’im-
portanza, mancano sicure traccie nell’opera sulla Basi-
lica del Santo del Gonzati,3 che si limita ad accennare
fra gli altari scomparsi, anche a quello della famiglia
de Lazara, il quale trovavasi addossato alla parete oc-
cidentale del pilastro sinistro del Presbiterio.

Il pittore padovano Pietro Calzetta, altro fra gli
allievi dello Squarzon, ebbe incarico da Bernardo de

1 De Marchi, Cenni storici delle famiglie di Padova, ecc. Pa-
dova, 1842.

2 Museo Civico di Padova, Archivio del convento del Santo, Ca-
tastico segnato +, carta 50. — 1423, giugno ai. Padova. Testamento
del nobile Nicolò de Lazara q.m Bernardo della contrada di Santa
Margherita. « Sui autem corporis sepulturam esse voluit ad Eccle-
siam S. Antonij confessoris in sua capella Corporis Christi super
quam expendi voluit id quod suis commissarijs videbitur, dum-
modo non excedat expensa libras quadringentas, computatis vestibus,
faciolis, cera et omnibus necessarijs ad predicta. Item voluit et or-
dinavit idem testator quod fiat ibi in illa capella unum monumen-
tum cum armis suis sculptis prò se, et successoribus suis, de sua
familia,... ».

c. 51. Una decima parte dei redditi serva, in parte, «prò ca-
pella sua» per fare «unum apparamentum prò uno sacerdote ful-
citum honorabile cum armis suis, unum calicem pulchrum et unum
missale cum mantilibus et tovaleis condecentibus... ».

3 Tomo XXXXVII, fogli 76 e 77-

4 V, documento II.

S La Basilica di Sant'Antonio di Padova, Padova, 1852.
 
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