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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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BIBLIOGRAFIA

73

lontariamente le proprie membra medesime, questo è
un suicidio che bisogna impedire, giacché è consi-
gliato da un momento d'incoscienza. E noi, che non
amiamo leggermente, nè da ieri, le bellezze stupende
che sono accolte a Varallo, dovremmo tremare sulla
loro sorte ventura; e dopo aver sempre ammirati i
valsesiani come amorevoli custodi delle loro ricchezze
artistiche, proveremmo una delusione amarissima, se
dovessimo credere che veramente (giusta il concetto au-
steramente legislativo) la maggioranza consigliare di
Varallo rappresenta l’opinione popolare. Ed allora, in
questi bei tempi di utilitarismo industriale, in cui co-
mincia a poter sembrare saggio consiglio quello di
affidar la tutela dei monumenti nazionali alla Società
italiana degli albergatori e a\V Associazione per il mo-
vimento dei forestieri, vorrei provarmi a far capire, a
qualche varallese fautore della demolizione, che una
gran parte della folla signorile che viene d’estate a
popolare Varallo e la Valsesia, e a portare molta ani-
mazione e molto denaro, ci viene anche perchè Va-
rallo riesce una cittadina simpatica, con quel suo ca-
rattere un poco arcaico che sembra essersi immobiliz-
zato e come fossilizzato, vicino al sorgere degli alberghi
e delle villette ben adorne. E che il rendere meno
simpatico, e quindi meno rimunerativo, l'aspetto della
città, sia pure per fabbricar delle scuole sopra le fon-
damenta dei conventi, non pare atto di buona ammi-
nistrazione. .. Ma riuscirei a farmi intendere?

Gabbio di Mollia (Varallo)

Mario Labò.

G. Angelini-Rota. Spoleto e dintorni. Spo-
leto, stab. Panetto e Petrelli, 1905.

«Appena la vecchia città si presenta allo sguardo,
si prova subito un ineffabile senso di paura». Tale è
l’impressione iniziale che desta Spoleto, secondo l’A.
di questa nuova guida della gentile città; ed io non
so dargli torto, se egli ha inteso definire l’impressione
di uno studioso d’arte che imprenda un’opera di sin-
tesi della storia artistica e monumentale di Spoleto:
storia che presenta a ogni passo problemi molteplici
da risolvere, errori antichi da sfatare.

Merita comunque lode il coraggio, dimostrato dal-
l’A., nell’accingersi all’impresa (forse prematura, cer-
tamente ben ardua) di rifare, con criteri moderni, le
vecchie guide del Sansi, del Guardabassi, del Sinibaldi.
Ma, o per mancanza nell’A. di una preparazione ade-
guata, o per eccessiva fretta in lui di compiere il
lavoro, non parmi che l'impresa abbia avuto esito fe-
lice. Di un’insufficiente preparazione farebbero testi-
monianza alcune affermazioni, alle quali viene strana-
mente data una portata generica; come quella che la
scuola pittorica umbra del Quattrocento seguiva fedel-
mente le tradizioni di Giotto (pag. 79), o quella che
i monumenti sepolcrali del secolo xv erano policro-

mati (pag. 53). Più gravi ancora, sebbene imputabili
soltanto alla fretta eccessiva della compilazione, sono
gli errori che sfuggono all’A. nei particolari: e basti
ricordare che il Garofolo è da lui ascritto (pag. 19) al
gruppo dei correggeschi !

Questi errori si potrebbero perdonare, se testimo-
niasse ricerca diligente e studio la parte dell’opera
che ha diretta attinenza alle manifestazioni più carat-
teristiche dell’arte in Spoleto. L’A. sfiora i problemi
principali che quest’arte offre; ma per quasi ognuno
di essi è evidente che egli o non è giunto a formarsi
un criterio proprio, o è giunto a una determinazione
precipitata. E troppo sovente egli si limita a ripetere
errori antichi: così quando, fra i quadri della Pinaco-
teca, attribuisce a Lorenzo da Viterbo una mediocre
tavola folignate (pag. 30); ad Antonello da Messina
una Madonna che porta, è vero, la sua firma, ma che
è palesemente l’opera di un maestro molto inferiore
(Pag- 30-31).

Nè mancano lacune non lievi: si tace dei quadri
della collezione Di Campello (tra i quali doveva al-
meno esser ricordato un tondo magnifico attribuito a
Filippino Lippi); si tace di altri quadri importanti in
possesso di privati; niun cenno è fatto delle reliquie
pregevoli di affreschi che la bella chiesa di San Ni-
colò, a dispetto dell’incuria degli uomini, conserva
ancora.

Mal compensa le lacune e gli errori una certa ele-
ganza dello stile, con la quale l’A. vuol rendere gra-
devole la lettura della sua guida. Ma l’amor della frase
eletta lo porta talvolta ad affermazioni non meno strane
di altre già avvertite. Così leggiamo, non senza stu-
pore, che gli affreschi del Duomo di Spoleto sono mi
canto d'amore spirituale, miniato da fra Filippo (pa-
gina 54); che Benozzo Gozzoli è un raggio di sole
della rinascita (pag. 93); che la tavolozza dello Spagna
s’accende dì pallori di vespri (pag. 33)!!

Ho rilevato sinceramente quanto non mi è sembrato
lodevole nel libro dell’Angelini ; ma non intendo tut-
tavia concludere che egli abbia fatto opera assoluta-
mente manchevole e inutile. Di buono e nuovo vi è
in questa guida, rispetto alle precedenti, non poco;
ma questo buono e nuovo è in molta parte desunto
dagli studi del Sordini. E per aver reso omaggio alla
coscienziosa opera d’analisi di quest’ultimo, va dato
encomio all’A.; cui l’amore del natio loco ispirerà,
m’auguro, a riprender l’opera di sintesi con maggior
cura e con più felice risultato.

Enrico Brunelli.

Scoti-Bertinelli UGO: Giorgio Vasari scrit-
tore. Pisa, fratelli Nistri, 1905, in-8, pag. 303,
tav. 2.

E un ottimo e completo studio, di sommo interesse
anche per gli storici dell’arte per Tesante critico delle
Vite.

L’Arte. IX, io.
 
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