Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

DOI issue:
Fasc. 2
DOI article:
Bernardini, Giorgio: La quadreria Sandor Lederer a Buda-Pest
DOI Page / Citation link: 
https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0136

DWork-Logo
Overview
loading ...
Facsimile
0.5
1 cm
facsimile
Scroll
OCR fulltext
98

GIORGIO BERNARDINI

10 ritengo che questa bella produzione dell’artefice veronese vada classificata tra quelle
della medesima epoca alla quale appartengono le due tavole, nelle quali, in modo quasi
identico, è effigiata la Vergine col putto; una delle quali è esposta nel Museo Veronese al
n. 19, un’altra trovasi presso il barone Tucher. Si osserverà però che le membra vi sono
più rilevate, i contorni più determinati, e quindi riterrei che la Madonna del signor Lederer
fosse stata dipinta alquanto prima delle altre.

Del resto in esse, come in quella di Buda-Pest, riscontriamo la fronte arcuata, bassa,
la testa lunga, i pomelli delle guancie piuttosto prominenti, il mento ben marcato, le dita
affilate, lunghe, carnose nell’attaccatura alle mani, ma poi piuttosto ossute, le labbra ben
evidenti con gli angoli della bocca sottili.

Ed ora veniamo al dipinto che alcuni critici, anche di molto nome, vogliono assegnare
a Paolo Morando detto il Cavazzola.

11 Cavazzola è perfettamente l’opposto di Giovan Francesco Carotto. Questi visse oltre
70 anni, quegli solo 36 (1486-1522); questi, come abbiamo fugacemente veduto, cambiò più
e più volte maniera; egli tenne sempre la medesima linea, cosicché dalle sue prime opere
alle ultime vi è quel naturale svolgimento, che in tutti gli artefici si riscontra, senza cam-
biamenti, o bruschi trapassi, da uno ad un altro stile. Si paragoni la giovanile Madonnina
al n. ili con i grandi quadri esprimenti la storia della Passione, esposti nel Museo di Ve-
rona, e si vedrà la verità delle mie asserzioni.

La mezza figura di Santa Giustina si presenta quasi di prospetto ; ha la testa legger-
mente piegata verso il lato sinistro e il manco braccio posato sul seno, mentre regge con
la mano una spada.

Ma io non vi ravviso alcuno dei caratteri del pittore cui si vuole assegnare: il Cavazzola
usa fare le teste grosse, ossute, con gli zigomi prominenti, la fronte piuttosto bassa; esse
poi mostrano un chiaroscuro vigoroso, formato di ombre piombine, caratteristiche della sua
maniera. Le membra delle figure sono pesanti, le pieghe dei panni strette, serpeggianti, con
molti angoli e la parte in rilievo vivamente illuminata. Le sue opere, massime nel periodo
più avanzato dell’arte sua, si distinguono per una grande luminosità e per certi colpi di luce
che vivificano gli oggetti sopra cui cadono. Anche la pala di altare esposta nel Museo civico
di Verona n. 33, che pure è l’ultima opera del Maestro, mostra gli stessi caratteri nella parte
che egli veramente dipinse.

Nel quadretto che esaminiamo nulla di tutto questo: vediamo una faccia di poco rilievo,
di lineamenti piuttosto grossi, ma non molto determinati, di un’ombreggiatura assai tenue,
le pieghe degli abiti sono lunghe e diritte, perfettamente all’opposto di quelle del Cavazzola.
Mentre poi le figure di questo grande Maestro mostrano un sentimento profondo, una espres-
sione vivace, questa è in atto quasi indifferente.

* * *

Vengono poi alcuni dipinti bergamaschi, il primo dei quali è un San Girolamo penitente,
assegnato ad Andrea Previtali (fig. 3), veramente notevole. E figurato un quarto dal vero ;
e come si vede dalla riproduzione, che presentiamo, è in atto di picchiarsi con un sasso il
petto innanzi al Crocifisso: l’atteggiamento del Santo è più energico, i lineamenti più decisi
che il pittore non soglia fare, e il paesaggio che è nel fondo, in cui son dipinti colli ed
alberi ed una specie di rupe da una parte, un porto di mare dall’altra e le barche che vi
galleggiano, è più animato di molti altri che il maestro usa porre nei suoi quadri.

Una delle opere giovanili del Previtali è la Madonna col Divin Figliuolo, situata nella
galleria di Padova, che porta la data del 1502. Vi notiamo una tonalità di colorito più
vivo che nelle opere posteriori, e certa ingenuità, in cui si riverbera qualche raggio diret-
tamente dell’arte di Giovanni Bellini, del quale il Maestro nella firma si confessa discepolo.
Pure anche in essa già vedesi la carnagione alquanto fredda, la superficie cristallina,
 
Annotationen