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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 2
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0180

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MISCELLANEA

di vita propria, con caratteri del luogo, dove nascono,
con tradizioni proprie del luogo, dove si affermano ;
così a queste possiamo mettere in riscontro un certo
genere di decorazione di pitture, le quali indubbia-
mente ci appaiono ad esse parallele. Non dimentiche-
remo che fino dal 1081, dal cenobio cassinese furono
invitati i maestri a recarsi alla Badia di Cava dei Tir-
reni, per ornare quella chiesa di musaici e di pitture.
Appunto in alcuni affreschi di Cava, in un recondito
sotterraneo, ove penetrò per esservi gelosamente cu-
stodito, ci si offrono, nel periodo neo-campano, no-
tevoli tracce d’un magistero d’arte più libera e più
sicura di sè ; nè il tentativo rimase isolato. Ci è lecito
argomentare cosi dalle memorie storiche del tempo,
e dal carattere di quelle e di altre pitture, cui, fino
ad ora, non risulta siasi dato un qualche valore.

I sospetti e le aspre censure dei critici in riguardo
alla bolla di Urbano II, la quale vollero del tutto im-
pugnare, mettendo in dubbio la stessa consacrazione
della Badia fatta da quel papa,1 non valsero a distrug-
gere l’autenticità delle concessioni, che mentre mira-
vano a tutelare l’autonomia del cenobio, ne ampliavano
i privilegi, affinchè i frati più si animassero nei ser-
vigi di Cristo.

L’aggiunta prolissa, fatta in altri tempi a quel do-
cumento, che fu scritta da chi non badò tanto alle
grazie spirituali, ma ai mondani interessi, non ci fa
dubitare punto di un privilegio racchiuso nella predetta
bolla, il quale per noi ha speciale significato: io in-
tendo alludere all’espressa dichiarazione del papa, che
tutte le persone, le quali volessero essere seppellite
nel cimitero della Badia, purché esse fossero cristiane
e cattoliche, sarebbero libere di scegliere questo luogo
per loro sepoltura.2 Alle parole della bolla corrispon-
dono effettivamente i sotterranei sepolcrali, che ancor
oggi nei loro cupi meandri ci attestano la grande im-
portanza che vi annettevano i cenobiti, i quali, a ren-
derne sacro il suolo, da Gerusalemme, ove giungevano
salpando dal porto di Vietri, riportavano la terra be-
nedetta, che veniva sparsa con cura religiosa. E l’arte
vi fe’ brillare la sua luce. Ecco una nuova rivelazione
delle antiche usanze cristiane intente a dare sontuo-
sità alle costruzioni sotterranee destinate ai defunti; ed
ecco un continuarsi delle antiche tradizioni locali in
affreschi, che richiamano quelli delle catacombe. È con
singolare stupore che l’occhio si spinge nella cripta
annessa al cimitero lombardo, la quale, nella Badia
di Cava dei Tirreni, l’abate Leone fece costruire verso
il 1280, come ci assicura la cronaca del monastero.
La chiesetta fu dedicata a S. Germano, ed ebbe or-
namento di marmi, di sculture e soprattutto di pitture,

1 Dell’autenticità della famosa bolla di Urbano II fu discusso
nello studio del Morcaldi. V. anche, per la pubblicazione di Pflung-
Hartug, l’esame critico di De Blasiis, Arch. stor. nap., an. IX,
fase. IV.

2 V. Guillaume, Essai historique sur VAbbaye de Cava.

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che la medesima cronaca chiama « eccellenti, magni-
fiche, sontuose.1 » Si credettero in origine di Giotto,
e si pretese perfino di riscontrarvi tutti i caratteri della
sua scuola; il che urta contro la determinazione del-
l’epoca, cui si fa rimontare la decorazione, fatta ese-
guire dall’abate Leone.

L’errore fu inevitabile : si confusero le pitture più
antiche, che corrispondono appunto alla data fissata
della cronaca, con le altre più recenti, di cui anche
si fa cenno come eseguite nel secolo xvi per restauro.
Qui la composizione complessa, il disegno, il colorito
è di un’arte, che ha fatto già notevoli progressi. Ma
in quelle pitture più antiche ci troviamo evidentemente
di fronte ad uno sviluppo particolare dell’arte cam-
pano-benedettina, con i caratteri di quella precoce ri-
nascenza, la quale s’impresse nelle plastiche decora-
zioni dei maestri campani. E l’attenzione si rivolge
specialmente ai quattro medaglioni, ove son ritratti
gli evangelisti, ed in quello del centro, ov’è dipinto
il Salvatore : non è più il metodo abituale di chi pro-
cede secondo canoni prestabiliti ; qui è il francarsi da
quell’imitazione, che riduceva ad una vera materialità
la grandezza degli originali bizantini ; e se pure il
pittore prese dai bizantini la materia iconografica, ad-
dimostrò una maniera tutta propria nelle forme e nel
colorire, perpetuando l’antica tradizione nostrana, rin-
verdita di virtù novella.

A complemento ed a riprova, ritroviamo i nuovi
accenti, che spiccano nei dipinti della cripta, in pieno
riscontro col piccolo chiostro quadrangolare, che il
medesimo abate Leone fece costruire al disopra, ove
per la forma sua, per la bellezza e varietà delle co-
lonne geminate, per l’eleganza dei capitelli, trionfano
le forme artistiche del nostro paese, mercè la valentìa
dei maestri campani.

Pallido riflesso di quel rinnovamento si possono
considerare le tracce ancora visibili di dipinti, che or-
narono una basilichetta cimiteriale, nel territorio cir-
costante a Sessa Aurunca. Vi furono, in origine, se-
polti i corpi di S. Casto vescovo di Sessa, e del
compagno di lui, Secondino, vescovo di Sinuessa, che
poi furon tolti fino dal 967 dal papa Giovanni XIII
e trasportati a Gaeta. I due corpi, secondo lo storico
locale2 : « eran dentro due bellissime urne, l’ima sopra
l’altra fabbricata nel mezzo del sinistro muro di sotto
al pavimento, ove si cala, come nelle antiche cata-
combe, per cinque gradini di pietra. L’urna inferiore
è tutta di fino marmo... lavorata davanti nobilmente
con vari intagli ; e l’altra superiore, che è di fabbrica,
vedesi più angusta, ma altrettanto lunga che l’inferiore.
Solo al davanti di quella, in una parte del marmo, che
forse si ruppe per levare il corpo già dentro riposto,
leggevasi con delle lettere minutissime :

1 V. Guillaume, op. cit.

2 De Masi, Memorie storiche, lib. II, cap. IV, pag. 243.
 
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