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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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BIBLIOGRAFIA

153

Il contributo effettivo di Lazzaro alla scuola veneta fu
scarso e tardivo, ma non inutile, poiché perfezionò il
paesaggio, lo studio dei rapporti cromatici ed aerei
all’aperto, e rischiarò il colore un po’cupo dei primi
Vivarini. Disegnò debolmente, e colori in modo fiacco,
quasi grigio, qualunque sia il tono ; modellando le
carni, poco vivaci, con ombre cenerognole. Il Bastiani,
checché ne dicano gli autori nemmeno ai suoi tempi fu
tenuto in conto di grande artista. Nè vale citare il no-
tissimo Sansovino il quale si era limitato a dire « Ivi
presso [é] la sala del collegio delli 25 con diversi ri-
tratti di Dogi passati d’altezza un braccio e mezzo
[meno d’un metro] in abito antico lavorati da Lazzaro
Sebastiani». I diversi ritratti, diventarono «molti ri-
tratti che si abbruggiarono » nel tardivo Ridolfi, per
trasformarsi più tardi « nei Dogi di Venezia » del biion
Cadorin. Così non è esatto quanto affermano gli autori
che Lazzaro nella scuola di Sati Marco fosse compe-
titore dei Bellini ; i documenti dimostrano che la scuola
si era perfino dimenticata d’aver trattato col Bastiani,
e fu solo dopo d’un reclamo diretto dell’artista che
si decise a concedergli un solo telaio da dipingere.
Al n. 750 della National Gallery, che rappresenta la
Vergine in trono fra i santi Cristoforo e Battista e col
doge Mocenigo (1477 + 1485) inginocchiato, assegnano
l’anno 1480 c. e noi pure siamo del medesimo parere,
pur negando che sia lavoro del Bastiani. Solo è strano
che il Ludwig da solo asseveri che il dipinto « venne
eseguito nell’anno della morte del Mocenigo»,1 se ba-
dassimo alle cifre dovremmo concludere che le dedu-
zioni alterne degli scrittori non hanno fondamento
storico e stilistico ben determinato. Queste osserva-
zioni modeste non infirmano menomamente il valore
totale e positivo del capitolo dove gli autori seppero
suscitare dal regno delle ombre la figura ormai sbiadita
del Bastiani, collocandola nel grado che le spetta nella
storia dell’arte, mettendola in luce conveniente, dan-
dole forse un rilievo un po’ eccessivo, ma ricco e vitale.

Se il volume odierno ha ormai esaurito l’argomento
per quel che riguarda i dipinti e i disegni del Car-
paccio, non può dirsi altrettanto delle notizie intorno
all’artista e alla famiglia ascendente e discendente di
lui. Quantunque le ricerche archivistiche degli autori
siano durate, in media, un quarto di secolo, e abbiano
fruttato un vero tesoro, pure non hanno ancora for-
nito dati precisi ed inoppugnabili sul luogo natale,
sulla genealogia e biografia del pittore illustre. Infatti
mentre nel saggio2 si stabiliva che la linea diretta
dei Carpaccio cominciasse con Pietro seguito dal figlio
Raffaele, dal nipote Antonio, ecc. ora, nel nuovo al-
bero genealogico, Raffaele, sebbene non sia interve-
nuto alcun nuovo documento, è tolto dal ramo princi-
pale per collocarlo a capo del ramo collaterale abitante

1 Archivio storico dell’Arte, anno 1897, pag. 416.

2 Pag. 8.

a San Raffaele. Cosi nell’albero genealogico Vettor
pittore si dice morto fra il 1524 e il 1527, mentre nel
testo si conclude « che nel 1526 il pittore era morto
senza dubbio».1 Però, stando ai documenti, il Car-
paccio potrebbe essere morto nella fine del 1525, dopo
il 28 ottobre, o durante una parte del 1526. Diremo
dunque che la morte dell’artefice va compresa fra
queste due date, che si potrebbero restringere ancora
segliautori, i quali diedero tanta copia di documenti,
non avessero tralasciato quello appunto del 1526, non
dando, nemmeno nel testo il giorno o il mese in che
fu rogato l’atto dove Pietro III si dichiara figlio del
quondam Vettore. Dai documenti offerti non risulta
nemmeno oggi la sicurezza scientifica che Vittore Car-
paccio pittore sia veramente figlio di Pietro II pellat-
tiere, innanzi tutto perchè finora in nessuna scrittura si
accenna alla paternità dell’artista, e in secondo luogo
perchè contemporaneamente all’artista viveva un altro
Vittore di Sante Carpaccio. Inoltre se può quasi ri-
tenersi per certo che Benedetto Carpaccio sia figlio
del pittore, soprattutto per la residenza in Capodi-
stria, non è altrettanto sicuro che Pietro III lo sia
ugualmente, poiché manca il documento accennato
dagli autori. Esso poi sembra che non dica altro se non
Pietro Carpaccio pittore del quondam Vettore. L’ob-
biezione degli autori che Benedetto e Pietro non pos-
sono essere nati da Vittore III, perchè questi ebbe
due soli figli di nome Sante l’uno e Marco l’altro, è
giusta, ma non risolve la questione. Nell’albero ge-
nealogico è ricordato parecchie volte un testamento
di Lucia sposa di Vittore I, testamento che sarebbe
del 24 settembre 1450, ma questa data non risulta dai
documenti, poiché a pagina 54 si hanno pei testamenti
di Lucia tre date ben diverse, cioè 25 settembre 1456; a
tergo dell’atto 12 novembre 1456 ; e finalmente 16 mag-
gio 1456. Sembrerebbe dunque un errore di data, tan-
topiù che nessun documento del 1450 si trova fra
quelli dati dagli autori. Dimostrai già le incongruenze
cui si va incontro conservando l’ordine delle tele del
Carpaccio nella storia di Sant’ Orsola, voluto ostina-
tamente da uno degli autori. Basti dire che si hanno
prima le esequie, eppoi il martirio della Santa. — Di-
mostrai nell’archivio : i° che Castel Sant’Angelo, avanti
i lavori di restauro di Alessandro VI, possedeva due
torri quadrangolari sovrapposte, non già rotonde come
si vedono nella medaglia (1495) di papa Alessandro ;
20 che l’angelo, prima del 1492, suonava la tromba
e non imbrandiva la spada ; 30 che vi fu un tempo
(l’anno 1491 c.) in cui il castello restò privo dell’an-
gelo. Ora avendo il Carpaccio riprodotto Castel San-
t’Angelo nella storia di Sant’Orsola, con le sue torri
quadre tal quale si osservano nelle piante di Mantova
e dello Schedel, e nei disegni di Giuliano da San Gallo,
ne consegue che il dipinto non è già posteriore alla

1 Pag. 45, dell’ediz. 1696.

L‘Arte. IX, 20.
 
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