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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc.4
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0339

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MISCELLANEA

nostra prende decisamente il sopravvento in lui ; seb-
bene il proteiforme maestro abbia avuto talora, anche
nelle sue opere più recenti, ritorni improvvisi all’an-
tico stile, che non sono ragione ultima dei dubbi, delle
indeterminatezze, delle contraddizioni in cui versa la
critica riguardo al Mabuse.

Fra le Madonne di Berlino e di Sassari non è sol-
tanto differenza di tempo, ma vi è una differenza sen-
sibile di valore. Il quadro di Berlino (che ha il pregio
attresì di uno stato di conservazione assai migliore)
è un’opera di finezza superiore: esso appare un pic-
colo capolavoro, carezzato in ogni minimo particolare
con cura amorosa dal maestro stesso, di fronte a quello
di Sassari, che è l’opera pregevole, ma di modeste
pretese, di un diligente scolaro. Credo che possa af-
fermarsi, come ho già accennato, la comune origine
dei due quadri ; ma ad una paternità insigne, quale
è quella del Mabuse, non potrebbe pretendere il qua-
dro di Sassari, sebbene sia ammissibile che esso, com-
messo al maestro stesso, fosse eseguito nel suo studio,
sotto il suo influsso immediato.

Ho detto, sin dal principio di questo cenno, che la
prima impressione destata dal quadro di Sassari non
è gradevole; e tale sgradevole impressione è princi-
palmente determinata dal colore che appare mal di-
stribuito e che ha note, specie di verde, alquanto stri-
denti e crude. E alcuno, da un’osservazione superfi-
ciale, potrebbe forse concludere che questa di Sassari
sia semplicemente una volgare imitazione, tratta a puro
scopo di commercio da una composizione del Gossart.
Che questi creasse il tipo per la fabbricazione di imma-
gini di pietà è probabile; e si conoscono talune im-
magini mediocrissime, di palese derivazione mabusiana,
che rappresentano appunto non altro che una produ-
zione diretta a conciliare il gusto dell’epoca e la fa-
cilità dello smercio, quale si verificò per una Madonna
notissima di un altro fiammingo italianizzante, il Van
Orley. Ma la cura dell’esecuzione permette di esclu-
dere assolutamente per il quadro di Sassari questa
ipotesi. Il suo stato di deterioramento spiega in parte
l’effetto spiacevole del colore, che non è del resto
senza rispondenza con quello che fu il colore caratte-
ristico delle opere degli ultimi anni del Mabuse. Questi
che nelle sue opere primitive ha note possenti, lumi-
nose, caldissime, volle, dopo che fu pervàso dall’in-
flusso italiano, affievolire la sua tavolozza, cercare ef-
fetti più delicati ; e giunse sovente a non ottenere t he
una combinazione poco armoniosa di tinte crude e di
tinte slavate. Il seguace del Gossart che dipinse il qua-
dretto di Sassari imitò l’esempio dato dal maestro e
lo imitò con peggiore risultato.

L'osservazione del colorito, nella nostra Madonnina,
non mi sembra pertanto possa in alcun modo infirmare
la conclusione, cui era già prima venuto. Malgrado il
difettoso colore, il quadro può ritenersi, ripeto, opera
di un valente scolare del Mabuse (o almeno di un

pittore suo contemporaneo e sotto l’influsso diretto
di lui); e devesi ascrivere a un’epoca che coincide con
l’ultimo periodo dell’attività del maestro.

Approssimativamente è supponibile che la sua ese-
cuzione sia avvenuta tra il 1520 e il 1530, o poco dopo.
Quando poi il quadretto giungesse a Sassari non sap-
piamo. Sappiamo soltanto che esso godè venerazione
e fama in altri tempi : e pare anzi che una tradizione
locale gli assegnasse un valore altissimo, se (come mi
fu assicurato) taluno credette con ingenuo entusiasmo
di riconoscervi un’opera giovanile di Raffaello.1

Enrico Brunelli.

Venere ed Elena (Amor sacro e Amor profano).

— Una nuova interpretazione del famoso quadro di
Tiziano, conosciuto sotto il nome di Amor sacro e
Amor profano, può produrre la stessa impressione che
si piova all’annunzio d’un nuovo commento a certi
versi di Dante. Ma, come spesso questi nuovi com-
menti hanno servito a precisare e a dilucidare, se non
a risolvere, molte quistioni, cosi spero che questo
mio scritto non riesca inutile all’intelligenza di quel
quadro, che anche con le più recenti interpretazioni
non ha acquistato una soddisfacente chiarezza di con-
tenuto.

Dei numerosi titoli, che si sono dati al quadro per
spiegarne il soggetto, si possono fare due classi: una
proposta da chi ha veduto nell’opera del Vecellio la
illustrazione d'un simbolo astratto, l’altra da chi vi
ha ricercato l’illustrazione d’un mito.

Fra i primi ricorderemo quelli di Beltà disadorna
e Beltà ornata, di Amor celeste e Amor terreno, di
Amor ingenuo e Amor sazio, di Ingenuità ed Espe-
rienza, di Amor sacro e Amor profano (che è il più
famoso anche oggi) e quello più recente di Fonte d’Ar-
denna (Paimarini, Nuova Antologia, i° agosto 1902).

Fra le interpretazioni che si riferiscono ad un mito
noteremo prima quella un po’ vaga del Callvey: Ve-
nere incitante all'amore e poi quella, che ha raccolto
più seguaci, di Franz Wickhoff : Venere che persuade
Medea a seguire Giasone (Jahrbuch der Koneglìch
preussischen Eunstsammlungen, anno 1895, pag. 34
e seg.), condivisa da Lionel Cust, da Claude Philipps
e fra noi da Umberto Gnoli, che la illustrò in un ar-
ticolo della Rassegna d'Arte (Milano, novembre-di-
cembre 1902, pag. 177).2

Coloro che hanno veduto nel quadro una rappre-
sentazione simbolica sono stati più che altro colpiti
dal così diverso abbigliamento di quelle due figure

1 Cosi mi assicurò un cortese studioso sassarese, il signor Pompeo
Cai via.

2 Per la bibliografia cfr. S. Reinach, Revue Archèologìque, Pa-
ris, 1904 e il Petersen, Zeitschrift fur bildende Kunst, Aprii 1906,

p. 179.
 
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