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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 5
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Nicola, Giacomo de: L' affresco di Simone Martini ad Avignone
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0380

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L'AFFRESCO DI SI MONE MARTINI AD AVIGNONE

339

Il Valladier vide sulle pareti del portico della cattedrale avignonese « les armoyries de
la maison d’Annibal de Cecano », ma questi quattro scorretti versi, appostivi certo molto
dopo a ricordo del pittore e del committente, davano il contenuto dello stemma :

Pìctorìs meraris manti, celeberrimus arte
Memmius hoc magni miniere duxit opus
Scilicet Annibalis fuit haec pia dona Secani
Vinis [huius] sex lunae cornua stemma docent1

Ora lo stemma con le sei mezzelune non è del cardinale di Ceccano, che ha nel campo
un’aquila, 2 bensi degli Stefaneschi, quale appare sui loro monumenti romani. 3

E quindi da ritenere il cardinale Stefaneschi quel donatore che è in ginocchio ai piedi
dell’angiolo di sinistra nella guasta lunetta del portico di Notre Dame des Doms, unico resto,
stando al Cavalcasene ed alla Gosche, di tutta la decorazione pittorica di Simone Martini.

Sempre così, con questa accentuata nota personale, segnava lo Stefaneschi le sue opere
d’arte. In tutte, se ancora fossero integre, vedremmo, come vediamo nel codice di San Giorgio,
il suo stemma, il suo ritratto ed i suoi versi.

Recava versi, forse di sua composizione, e il suo stemma anche il trittico che egli ordinò
a Giotto per l’altar maggiore di San Pietro, og'gi smembrato nella sacrestia. E il Grimaldi
che ce lo attesta;4 e ciò basta a far cadere la recente ipotesi del Rintelen 5 che vuole la
tavola presente una sostituzione posteriore di quella dichiarata dal Necrologio dell’Archivio
di San Pietro « de manu Iocti ». 6

Pure suoi (hanno la stessa fattura di quelli d’Avignone) erano questi quattro versi « già
con bellissime lettere, da alcuni chiamate ecclesiastiche, in marmo intagliati nel fregio delle
porte » che erano sotto il mosaico della Navicella :

Quem liquidos pelagi gradientem sternere Jluctus
Imperitas, fidumque regis, trepidumqne labantem
Erigis, et celebrem reddis, virtutibus almurn ;

Hoc, iubeas, rogitante, Deus, contigere PortumA

1 Muntz, Les peintures de Simone Martini à Avi-
gnon, in Mémoires de la Soc. nation. des antiq. de
France, 1884.

2 Ciacconio, Vitae, II, pag. 419.

3 II Ciacconio (op. cit., pag. 324") dà al card. Ste-
faneschi lo stemma Caetani per l’errore comune di
crederlo nipote di Bonifacio Vili.

4 « Legebatur in base huius tabulae quaedam me-
trica inscriptio, sed biennio ante dum illam excipere
vellem, Beneficiatus quidam huius Basilicae, ut suum
ornaret domicilium dissecuit et sic penitus inscriptio
periit, vix aliquibus in locis eiusdem Cardinalis stem-
mata scilicet lunae sex rubrae superfuerunt... ». (Gri-
maldi, Index librorum Bibliotecae Sacrosanctae Vati-
canae Basilicae, 1603, c. 122, ms. nell’Archivio di
San Pietro).

s Beìlage zur Allgemeinen Zeitung, 13 die. 1905,
pag. 482-485). L’autore basa il suo ragionamento sul
falso supposto che il documento dell'Archivio di San

Pietro (non due, giacché il Martirologio o Necro-
logio è tutt’uno col Liber benefactormn) parli di una
data 1298, mentre non ne reca alcuna. Una data ap-

prossimativa ce la dà, senza dirci da dove l’abbia tolta,
il Grimaldi nel catalogo sopra citato, a c. 121 : «Ta-
bula ex nuce Indica in utraque facie manu Jotti pictoris
eximii circa annum Dni MCCCXX depicta ».

6 La nota necrologica (cod. H 56, c. 87) ha un va-
lore documentario di prim’ordine e perchè quasi coeva
all’esecuzione della tavola (questa fu eseguita, stando
al Grimaldi, verso il 1320 e 1 'obitus dello Stefaneschi
è del 1343) e perchè inserita nel libro ufficiale che
ogni anno ricordava di ciascun defunto le beneme-
renze verso la basilica.

Per quanto, perciò, voglia ritenersi esagerato il do-
cumento (l’esagerazione è evidente nell’enormità dei
prezzi che lo Stefaneschi avrebbe pagato) per accor-
darlo con la critica artistica che non riconosce più nel
dipinto interamente la mano di Giotto, è da ritenere
in modo assoluto almeno questo, che l’opera fu a
Giotto allogata e che uscì dalla sua bottega.

7 Cod. Barb. lat. 4875, c. 3 (Vita del card. Pietro Stefa-
neschi smV.a.&a. Sebastiano Vannini, 1642). I quattro
versi furono editi dal De Rossi (Inscriptiones U. R., II,
323), ma solo il Vannini ci dice dove e di chi erano.
 
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