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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 5
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0437

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BIBLIOGRAFIA

395

particolari anziché creare l’opera d’insieme che sia
poi fondamento ed eccitamento verso questo campo
di studi importantissimo, direi quasi indispensabile per
una futura critica d’arte. Diffondere gli studi fatti al-
l’estero e dar loro carattere italiano per lo speciale
riguardo all’arte nostra è stato, credo, il compito pre-
fissosi dall’illustre professore Guaita, direttore della
clinica oculistica nel R. Istituto di studi superiori di
Firenze, quando ha compilato il manuale Hoepli che
si è ripresentato da poco in una seconda edizione.
Fin dal 1893 il G. si occupava di quest’argomento,
e ne fece soggetto per un discorso inaugurale alla
Università di Siena. E fu a Siena dove egli dovette
fare molte osservazioni in proposito, poiché il miglior
contributo agli studi di storia dell’arte lo porta con
l’esame dei dipinti di Domenico Beccafumi : il tema
si prestava e credo chiunque voglia in avvenire oc-
cuparsi del Beccafumi debba tener conto delle con-
chiusioni del G. Anche nella parte più teorica del suo
lavoro il G. ha il pregio di cercarne l’applicazione
nelle opere d’arte antiche e moderne, se non che in-
vece di fare osservazioni dirette dal suo interessantis-
simo punto di vista si contenta di riportare le osser-
vazioni di alcuni storici d'arte, del Cavalcasene spesso,
le quali naturalmente non possono avere la precisione
scientifico-oculistica necessaria per un libro su la scienza
dei colori. E tale difetto diviene poi assolutamente ri-
provevole quando nel «saggio artistico sul colorito nelle
varie scuole di pittura » invece di fare classificazioni
ottiche si contenta di riassumere notizie acciarpate di
storia della pittura, e acciarpate nel peggior modo
possibile; basti osservare che ricordai Vivarini e per
spiegarne il « colorito vivo e brillante » si contenta di
citare il Lanzi (! !) e due opere dal Lanzi citate una
perduta, l’altra non più al suo posto!!! E pei Viva-
rini di cui le opere si contano a diecine, non c’è
male! Naturalmente non sta in ciò il valore del libro,
ma nella parte teorica, che indichiamo agli studiosi
come fonte di utili applicazioni, e più precise che non
faccia l’autore.

L’estetica di Mario Pilo pubblicata nel 1894 è giunta
in Italia a una seconda edizione, aumentata del triplo ;
ha avuto traduzioni in francese, spagnuolo e russo. Edi-
torialmente dunque quest’opera fa fortuna; e, mentre
le ragioni di ciò possono essere molte, una si può
indicare più intima e più probabile: è l’opera di un
uomo di gusto. Ma questo è anche l’unico pregio del
libro, dove si cercherebbe invano qualunque forza di
pensiero, qualunque veduta comprensiva di un solo
carattere estetico. Di professione, studioso di scienze
naturali; di tendenza, poeta: il P. ha cercato di clas-
sificare le manifestazioni estetiche come avrebbe fatto
di fatti biologici, cominciando dai più umili, quello
per esempio del piacere di sensibilità generale pro-
vato a molleggiare sopra un letto elastico sino al con-
cetto del sublime. Ci sarebbe dunque da mettersi le

mani nei capelli per chiedere al P. se distingue fatto
estetico con piacere in generale, e anche con sensa-
zione in generale. Nessuna astrazione dunque nel P.,
e cioè nessuna selezione, ma una brillante esposizione
di tutto ciò che di curioso è accaduto a lui e al suo
ambiente, e che per essere l’uno e l’altro formati di
intelligenza gaudente italiana, egli chiama estetico.
Ora se si tien conto dello scopo popolare del libro,
della poca tendenza del popolo ad astrarre filosofica-
mente, della natura dei fatti enumerati dal P. quasi
tutti di buon gusto, tutti partecipanti di non comune
intelligenza: si può ben credere che il libro del P.
serva a raffinare le tendenze artistiche del popolo col
cogliere valori estetici (anche troppi !) in tutte le ma-
nifestazioni della vita umana, più che non qualche
lavoro di pregio filosofico ben maggiore. Certo è che
dai due volumi ora usciti della trilogia, quello sul
bello e sul gusto, gli studiosi di storia dell’arte non
potran ricavare partito alcuno ; vedremo da quello
sull 'Arte, in preparazione.

P. Elvero.

Salvador Sanpere y Miquel, Los Cua-
trocentistas Catalanes. Historia de la Pin-
tura en Cataluna en el sigio XV. Barce-
lona, Libreria «L’Aveng», igoó.

In due poderosi volumi, ricchi di buone e interes-
santi riproduzioni, l’A. tesse, con grande amore e con
insuperabile competenza, la storia della pittura in Ca-
talogna durante il secolo xv.

L’opera, è doveroso dirlo subito, è sotto ogni
aspetto degnissima ; ma essa ha un difetto d’origine.
Scritta dapprima alio scopo d’illustrare la pittura ca-
talana, quale figurava all’Esposizione d’arte antica,
tenuta a Barcellona nel 1902, assume ora, nell’odierna
edizione, una porlata più larga, e trae partito da tutte
le nuove conoscenze acquisite sulle arti figurative spa-
gnole dal 1902 in poi (è noto a tutti come negli ul-
timi anni l’attenzione e lo studio si siano rivolti con
particolare intensità all’arte che si svolse nella peni-
sola iberica): larghissime aggiunte sono state quindi
introdotte in quel primo saggio, ma non sono state
bene coordinate è fuse col nucleo iniziale. L’A. ha
apprestato con estrema diligenza i materiali, ma non
ha costruito bene il suo edifìcio; ogni singola mani-
festazione d’arte trova un pregevole commentario nel-
l’opera, ma vi difetta il sistema. Onde le idee generali,
svolte solo parzialmente nella introduzione, debbono
poi faticosamente ricercarsi e seguirsi nei capitoli suc-
cessivi : l’A. torna sovente sui suoi passi, e si ripete,
e talora si contraddice.

A prescinder da questo difetto, l’opera del San-
pere si presenta come una miniera di notizie e do-
cumenti preziosi, e rimane, e rimarrà, fondamen-
tale per la storia della pittura in Catalogna. Essa ha
 
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