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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 6
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Frizzoni, Gustavo: Appunti critici intorno alle opere di pittura delle scuole italiane nella galleria del Louvre
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0444

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402

GUSTAVO FRI ZZO NI

le forme, nel gusto della decorazione, nel paesaggio, da dovervisi propriamente ravvisare
un’opera, ancora un po’timida e primitiva, del padre di Giovanni e di Gentile Bellini.

In quella vicinanza è una mezza figura di un San Luigi, vescovo di Tolosa, qualificato
per opera d'ignoto delle scicole italiane, che il Lermolieff già da tempo nel suo terzo volume
tedesco dei Kunstcritische Stitdien addita quale prodotto di altro pittore contemporaneo dei
suddetti, cioè del muranese Antonio Vivarini ; giudizio del quale non può se non rimanere
convinto chiunque abbia conoscenza di codesto artista dai placidi visi coloriti a tempera
chiarissima. E certamente un frammento di una opera complessa, cioè a molti riparti, con
singole figure, di quelle che Antonio, talvolta in compagnia del minore fratello Bartolomeo,
o altrimenti con Giovanni d’Allemagna, eseguì per le chiese del Veneto, racchiudendole
entro ricche cornici intagliate in puro stile gotico.

Passando ai pittori dellTtalia centrale, più di un Toscano aspetta una più precisa deter-
minazione. Non dovrebbe più essere lecito, per esempio, allo stato delle cognizioni acqui-
site al giorno d’oggi, di presentare con la designazione di « attribuito a Cosimo Rosselli o
alla scuola di A. Verrocckio » certa notevole tavola d’altare, la quale con appropriati con-
fronti vuoisi riconoscere per un’opera di quel Francesco Botticini che venne già confuso
col Botticelli, mentre da alcuni anni in qua venne meglio determinato mercè la consonanza
di un complesso di tratti caratteristici, visibili in varii dipinti che servono a riconoscerlo. La
unita fig. i ci dispensa da una particolareggiata descrizione, nel tempo stesso che richiama
l’austera dolcezza eminentemente fiorentina che distingue l’artista. Questi a tempo del Mo-
relli (Lermolieff) non era per anco conosciuto. Nel suo terzo volume, già citato, egli nulla-
meno non senza ragione scorge nel quadro di che si tratta un centone di un ignoto scolaro
di Cosimo Rosselli, il quale ebbe a prendere da Lorenzo di Credi la figura di Santa Maria
Maddalena, il San Bernardo dal canto opposto da Filippino Lippi ed altre cose da altri
contemporanei. Ora per sincerarsi della giustezza del nome proposto basterà ricorrere al
paragone con la tavola del Paradiso, dei coniugi Palmieri, nella Galleria Nazionale di Londra,
dal Vasari scambiato per un Botticelli (dal quale in realtà si scosta sensibilmente), tavola
per sicuri dati ora rivendicata al Botticini.

E che dire della soave Madonna dagli occhi abbassati, le mani giunte, in adorazione
del Bambino, acquistata alcuni anni or sono col concorso della Società degli amici del
Louvre, tuttora esposta come provenisse direttamente dalle mani dell’artista epico per eccel-
lenza, Pier della Francesca? Ogni critico accorto in vero non saprà spiegarsi perchè a
quest’ora non sia stata accolta la razionale rettifica proposta fino dal 1898 dal Berenson
nella Gazette des Beaux Arts (T. 20, pag. 50) col proporre la sostituzione del nome di Alessio
Baldovinetti a quello di Piero. Un solo confronto qui pure dovrebbe convincere ed è quello
con la Madonna dell’Annunziata nella cappella di Portogallo in San Miniato. Gli Amici del
Louvre poi alla loro volta potrebbero ulteriormente interessarsi dell’opera squisita sostituendo
la mala appropriata cornice moderna che la racchiude con una più acconcia, facile a rica-
varsi da qualche modello antico, compresovi la corrispondente doratura.

E similmente la Direzione del Louvre potrebbe accettare il giudizio di un erudito ale-
manno, il signor Mackowsky, accogliendo quale opera del modesto Jacopo del Sellajo la
tavoletta posta fra gli ignoti della scuola fiorentma, dov’è rappresentato un San Girolamo
penitente davanti il Crocifisso, con isfondo di paesi e macchiette.1

Intorno a quello che fu Pier di Cosimo pare che in Francia non si siano fatti strada
dei concetti ben chiari. Per un verso nel Museo Condé, a Chantilly, non è per anco stata
avvertita nella effigie di Simonetta Vespucci (la fantastica figura dal serpente al collo) l’evi-
denza per cui ci si affaccia in essa quell’estroso pittore ; al Louvre invece gli si danno due
tavole da cassoni a soggetti mitologici, pregevole dono di mons. de Vandeul nel 1902, nelle
quali il sullodato Berenson additò l’affinità, fra altro, con due tavole illustranti due episodi

1 Vedi: Jahrbuch der K. preuss. Kundtsammlungen, 1899, t. Ili, pag. 279.
 
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