OPERE DI PITTURA DELLE SCUOLE ITALIANE NEL LOUVRE
4«5
Maddalena, affacciata con un libro fra le mani
ad una finestra, proprietà dell’onorevole senatore
barone Baracco a Roma, il quale l’acquistò anni
or sono fra i pegni del Monte di Pietà a Roma,
consigliato dal suo collega Giovanni Morelli.
Questi da provetto conoscitore non si lasciò im-
pressionare dalla attribuzione al Mantegna che
recava al Monte, riconoscendovi senza indugio
l’opera squisita di Pier di Cosimo (certamente
assai più soddisfacente della Madonna del Louvre
qui descritta). 1
Meno male che il suindicato libro dedicato
alla Galleria del Louvre dia per attribution doti-
teuse quella di un’altra Madonna fiorentina, le-
gata dalla baronessa Nataniel de Rothschild. La
attenzione dello scrivente fu rivolta su di essa
dal dott. Paolo d’Ancona, col quale egli non sa-
prebbe se non consentire ravvisandovi una pro-
duzione della scuola del Verrocchio anziché di
quel Sebastiano Mainardi di cui la galleria stessa
possiede un sicuro esempio di un grazioso tondo
della Madonna coi due Bambini e tre angeli. Nel
quadro di provenienza Rothschild, basterebbe il
nudo del Putto a richiamare l’origine sovraindi-
cata, con le sue forme piene e tondeggianti (nu-
mero 1367-a, fig. 4).
Lo studio che con certa predilezione si è venuto rivolgendo da qualche tempo all’arte
senese dovrà pure servire a rendere giustizia a un modesto tondo rappresentante il Giu-
dizio di Paride, già nel catalogo del Museo Napoleone III (anno 1866) considerato da attri-
buirsi ad un pittore d’importanza secondaria della scuola bolognese o.della ferrarese (fig. 5).
Proveniente da quella raccolta del marchese Campana che venne a costituire il Museo inti-
tolato al monarca nominato, anche oggi viene presentato come pittura di scuola bolognese,
fine xv secolo. Il vero è che quelle figure, alquanto rigide nei loro atteggiamenti, non meno
che il paesaggio con le sue strane scogliere e le esili pianticelle, accusano precisamente
la presenza di uno di quei ritardatari della scuola di Siena, i quali nei primi decenni del
XVI secolo seguitavano a lavorare secondo le norme del puro Quattrocento. Nè credo andare
errato con suggerire più precisamente il nome di Gerolamo di Benvenuto, altro di quei
buoni Senesi di aurea mediocrità, che caratterizzano la decadenza o per meglio dire l’ina-
ridirsi della loro scuola, nella sua successione alle grandi figure del Trecento e della prima
metà del Quattrocento.
Se questa classificazione sarà giudicata attendibile dai competenti, credo vorrà essere
adottata anche per un altro quadretto tondo, illustrato tempo fa ne VArie (a. 1901, p. 134),
come un desco da parto d’ignoto autore e rappresentante Ercole messo in mezzo fra la Virtù
e il Vizio, appartenente alla raccolta del barone Giorgio Franchetti.
L’intestazione assai vaga di: Inconnus des écoles italiennes, XV sièc. è tuttora mante-
nuta per quella serie di 14 ritratti di uomini celebri provenienti dal ducale castello di Ur-
bino, serie completata da altri 15 analoghi rimasti negli appartamenti del palazzo Barbe-
rini in Roma. Non ostante i signori Lafenestre e Richtenberger si dichiarano propensi al
giudizio del Morelli, che ritiene si abbiano a considerare di mano di quel Giusto di Ganci
Vedi: Della Pittura Italiana, pag. 116.
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Maddalena, affacciata con un libro fra le mani
ad una finestra, proprietà dell’onorevole senatore
barone Baracco a Roma, il quale l’acquistò anni
or sono fra i pegni del Monte di Pietà a Roma,
consigliato dal suo collega Giovanni Morelli.
Questi da provetto conoscitore non si lasciò im-
pressionare dalla attribuzione al Mantegna che
recava al Monte, riconoscendovi senza indugio
l’opera squisita di Pier di Cosimo (certamente
assai più soddisfacente della Madonna del Louvre
qui descritta). 1
Meno male che il suindicato libro dedicato
alla Galleria del Louvre dia per attribution doti-
teuse quella di un’altra Madonna fiorentina, le-
gata dalla baronessa Nataniel de Rothschild. La
attenzione dello scrivente fu rivolta su di essa
dal dott. Paolo d’Ancona, col quale egli non sa-
prebbe se non consentire ravvisandovi una pro-
duzione della scuola del Verrocchio anziché di
quel Sebastiano Mainardi di cui la galleria stessa
possiede un sicuro esempio di un grazioso tondo
della Madonna coi due Bambini e tre angeli. Nel
quadro di provenienza Rothschild, basterebbe il
nudo del Putto a richiamare l’origine sovraindi-
cata, con le sue forme piene e tondeggianti (nu-
mero 1367-a, fig. 4).
Lo studio che con certa predilezione si è venuto rivolgendo da qualche tempo all’arte
senese dovrà pure servire a rendere giustizia a un modesto tondo rappresentante il Giu-
dizio di Paride, già nel catalogo del Museo Napoleone III (anno 1866) considerato da attri-
buirsi ad un pittore d’importanza secondaria della scuola bolognese o.della ferrarese (fig. 5).
Proveniente da quella raccolta del marchese Campana che venne a costituire il Museo inti-
tolato al monarca nominato, anche oggi viene presentato come pittura di scuola bolognese,
fine xv secolo. Il vero è che quelle figure, alquanto rigide nei loro atteggiamenti, non meno
che il paesaggio con le sue strane scogliere e le esili pianticelle, accusano precisamente
la presenza di uno di quei ritardatari della scuola di Siena, i quali nei primi decenni del
XVI secolo seguitavano a lavorare secondo le norme del puro Quattrocento. Nè credo andare
errato con suggerire più precisamente il nome di Gerolamo di Benvenuto, altro di quei
buoni Senesi di aurea mediocrità, che caratterizzano la decadenza o per meglio dire l’ina-
ridirsi della loro scuola, nella sua successione alle grandi figure del Trecento e della prima
metà del Quattrocento.
Se questa classificazione sarà giudicata attendibile dai competenti, credo vorrà essere
adottata anche per un altro quadretto tondo, illustrato tempo fa ne VArie (a. 1901, p. 134),
come un desco da parto d’ignoto autore e rappresentante Ercole messo in mezzo fra la Virtù
e il Vizio, appartenente alla raccolta del barone Giorgio Franchetti.
L’intestazione assai vaga di: Inconnus des écoles italiennes, XV sièc. è tuttora mante-
nuta per quella serie di 14 ritratti di uomini celebri provenienti dal ducale castello di Ur-
bino, serie completata da altri 15 analoghi rimasti negli appartamenti del palazzo Barbe-
rini in Roma. Non ostante i signori Lafenestre e Richtenberger si dichiarano propensi al
giudizio del Morelli, che ritiene si abbiano a considerare di mano di quel Giusto di Ganci
Vedi: Della Pittura Italiana, pag. 116.