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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 6
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Mauceri, Enrico: L' arte in onore di Sant'Agata in Catania
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0471

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428

ENRICO NIAUCERI

moderna praticata sullo smalto antico, la quale ne ha alterato le belle linee fisionomiche.
Il capo è coronato d’un ricco diadema gemmato, composto di 13 pezzi uniti a cerniera, che
una leggenda vuole donato da Riccardo Cuor di Leone allora che nel iigi,in viaggio per
la Palestina, sostò in Catania per venerare le reliquie di Sant’Agata.

A me sembra che ciò sia da escludersi, considerando che il diadema forma un
tuttuno coll’immagine, e che gli elementi decorativi, quali le foglie girantigli attorno,
dal taglio netto e a rilievo, inducono a fare attribuire tale lavoro al tempo stesso del
busto.

Preziosissimi smalti, racchiusi entro forme a rosa, decorano il plinto (alto m. 0.14 e
della larghezza massima di 0.59) di forma ottagonale, il quale presenta un’aggiunta di stile
Rinascimento, probabilmente fattavi verso la fine del '500. Essi, nelle due facce anteriore
e posteriore, rappresentano stemmi (aragonesi, della città e gentilizi) ; agli angoli, il vescovo
Marziale seduto in cattedra ed il vescovo Elia, Santa Caterina di Alessandria e Santa
Lucia (?); sotto le due mensole di sostegno agli angeli, entro medaglioni, le due scene prin-
cipali del martirio di Sant’Agata, la recisione, cioè, delle mammelle e la guarigione nel
carcere avvenuta coll’ intervento di San Pietro.

Attorno al medesimo plinto gira una lunga iscrizione latina in lettere gotiche, eseguita
a smalto, una parte della quale soltanto è visibile per intero alla faccia posteriore, essendo
l’altra nascosta dalle gioie votive. Fortunatamente è leggibile quella comprendente la firma
dell’artista, che ha dato argomento a varie interpretazioni e dispussioni da parte degli
studiosi,1 i quali, non potendo esaminare il testo originale epigrafi), han dovuto servirsi
della lezione data dal De Grossis, che è la seguente :

Virginis istud opus Agathae sub nomine coeptuvi
Martialis fuerat quo tempore praesul in urbe
Cataniae, cui pastor successit Helias:

Ambos Lemovicum dare produxerat ardor.

Artificis manus hoc fabricavit morte Joannes,

Bartolus et genitor Celebris, cui patria Cene ;

Mille ter et centum post partavi Virginis almae
Et decies septem sextoque fluentibus annis.

Il defunto C. Sciuto Patti, studioso delle memorie'antiche della sua città, e che fu forse
l’unico ad esaminare comodamente, con tutte le agevolezze che gli provenivano dalla carica
di architetto della Cattedrale,2 il prezioso busto, in un suo lavoro 3 ebbe a confermare ciò
che già aveva egli stesso comunicato al Miintz, che, cioè, dovesse accettarsi la lezione del
De Grossis e ritenere l’opera come appartenente ad un altro artefice diverso dal senese
Giovanni di Bartolo. Egli però, in certo qual modo, veniva a porsi in contraddizione con
sè stesso, quando, a proposito del reliquiario dei SS. apostoli Pietro e Paolo, una volta in

1 II primo ad occuparsene fu il compianto E. Miintz
(■Giovanni dì Bartolo da Siena, orafo della Corte di
Avignone nel secolo xiv, in Archivio storico italiano,
tomo il, serie V, 1888, pag. 19. Les Aris à la Cour
des Papes du xiv siècle) che giustamente non accet-
tando la lettura del Ce ve sostenuta dall’arch.0 Sciuto

Patti, propendeva a sostituire Senam. V. pure Anni-
baie Campani in Archivio storico dell’Arte 1893. —

Barbier de Montault : L’oeuvre de Limoges à Catane
(.Bulletin de lo Société scientifique, historique et ar-
che'ologique de la Correre, t. XV). Intorno al busto

cfr. Venturi. Storia dell’ Arte italiana, Voi. IV, pag. 934.

2 Mille difficoltà d’ogni genere si oppongono alla
visita del Tesoro di Sant’Agata, ed è stata una vera
fortuna per me poterlo osservare, sebbene malagevol-
mente ed in parte, non essendomi stato permesso per
giunta, nel breve tempo concessomi, di vedere le teche
racchiuse nella cassa delle reliquie.

3 Le antiche oreficerie del Duomo di Catania. La
statua, lo scrigno e la bara di Sant’ Agata, in Archivio
storico siciliano, nuova serie, anno XVII, 1892, pa-
gina 173 e segg.
 
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