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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 6
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Mauceri, Enrico: L' arte in onore di Sant'Agata in Catania
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0473

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430

ENRICO MAUCERI.

San Giovanni in Laterano, eseguito dall’orafo senese, scriveva: « Fu però al certo la felice
« riuscita di quel celebre reliquiario che suggeriva al vescovo Marziale la idea di averne
« un altro, di simile genere in Catania, per acchiudervi le preziose reliquie di Sant’Agata,
« a similitudine di quello di Roma*,'

Intanto daU'esame da me compiuto de visto è risultato che l’iscrizione è stata resa finora
erroneamente, prendendo un vocabolo per un altro, come manus invece di votus, e confon-
dendo la vera e propria firma dell’artista col rimanente, distinto dalla maggiore dimensione
delle lettere. A me spiace non aver potuto vedere completamente la iscrizione per farne
un accurato controllo, ma, a volermi limitare alla firma (che più di ogni altro importa al
caso nostro), credo che la lezione debba essere la seguente : Bartolus futi gentior Celebris
sui patria sene. Cosi si spiega la ragione per la quale si trova il nominativo Bartolus invece
del genitivo Bartoli che costituiva per lo Scinto Patti un altro argomento a favore della
esistenza di un nuovo orafo ancora sconosciuto.

Nessun dubbio, quindi, che l’autore del busto di Sant’Agata sia il senese Giovanni di
Bartolo per il quale del resto abbiamo in appoggio le testimonianze storiche, essendo sicuro
ch’egli lavorò in Avignone per la Corte Pontificia.

La cassa delle reliquie (il così detto Scrigno) tutta di argento e con ricchissimo lavoro
a sbalzo accresce importanza al Tesoro magnifico. Essa è di forma rettangolare con angoli
smussati, ed è sormontata da coverchio a due pioventi di tempo posteriore (lungh. alla base
m. 1.48, largh. m. 0.56, altezza m. 0.85). Entro apposite edicole con pilastri e baldacchino
a traforo di carattere gotico, sono rappresentate, ad altissimo rilievo, figure di apostoli e
di evangelisti, in mezzo alle quali, da una parte, a tutto tondo, spicca quella di San Seba-
stiano, e dall’altra di San Girolamo; dei vescovi catanesi San Leone, San Berillo, Sant’Everio
e San Serapione, oltre a due grandi scene raffiguranti l’incoronazione di Sant’Agata e la
città di Catania, in effigie muliebre, orante ai piedi della sua protettrice, secondo l’inter-
pretazione data dallo Scinto Patti.2

Il coverchio, attribuito dallo stesso architetto catanese all’argentiere Paolo Guarna, è
decorato di 14 edicolette contenenti figure di Sante a basso rilievo, col nome di ciascuna
alla base, e porta la data 1579.

Era una volta comune credenza degli scrittori catanesi, che la cassa non solo fosse
contemporanea al busto, ma che benanche fosse stata eseguita ad Avignone ; ed il Muntz
non bene informato, cadde dapprima nello stesso errore.3 Anche il Di Marzo che non vide
il Tesoro, ritenne che si trattasse di un lavoro (così questo come quello del busto da lui
chiamati limosini) del secolo XIV.4

Quest’ultimo scrittore, in proposito, faceva iP nome di alcuni orafi della famiglia Vitale,
fra i quali di un Bartolomeo di cui è provata per mezzo secolo l’esistenza, dal 1349
la 1401.5

Lo Sciuto Patti che riscontrò sulla cassa qua e là lo stemma dei Paterno, ed una sigla
eseguita con punzone e consistente in una lettera maiuscola da lui non potuta decifrare,
con una figura di elefante, credette probabile che il lavoro fosse stato eseguito in Catania6

1 Art. cit. pag. 182.

2 Art. cit. pag. 189.

Lo stesso scrittore afferma che in origine la ricca
decorazione in filigrana, anziché su lamina dorata
come oggi si vede, era applicata su fine tessuto di
seta rosso-scarlatto, com’egli potè constatare dopo at-
tento esame: lavoro di restauro probabilmente com-
piuto nel tempo in cui fu adattato il nuovo coverchio.'

5 Nell’art. cit. Giovanili di Bartolo da Siena, ecc.

41 Gagini. Palermo, 1883, voi. I, pag. 603.

s Op. cit. pag. 604.

6 Art. cit. pag. 195. Egli conforta la sua opinione
con una notizia ricavata dall’opera di Maurice Ardaul
(Emailleurs Limousins, Limoges, 1857) dalla quale
risulta che « Giovanni e Bartolomeo Vitale andarono
a Catania, in Sicilia, per ornare di smalti il Reli-
quiario di Santa Rosalia». Bisogna credere intanto
che si tratti di un errore, giacché è incomprensibile un
reliquiario di Santa Rosalia, la protettrice di Palermo,
per Catania, ed inoltre in un tempo assai anteriore
alla scoverta delle Reliquie di quella Santa,
 
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